Quarantasette ~ Perché In Quei Momenti Tu Eri Mio

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"Nei tuoi occhi c'è un blu profondo
Uno da amare e uno da perdere
Le tue dita tracciano sulla mia pelle
Verso luoghi in cui
non sono mai stata
Butta giù queste mura ed entra
Ho attraversato la giungla
Ho corso con i lupi
Per arrivare a te, per venire da te
Sono stata nei vicoli più bui
Ho visto il lato oscuro della luna
Per arrivare a te, per venire da te"
-Wolves, Selena Gomez-

Jade

In mezzo a tutto il caos che stavo vivendo -in mezzo ad Evan in prigione, a mia madre che era uno straccio, a mio padre che si fingeva forte ma a stento si reggeva in piedi- io non potevo comunque evitare che Jude restasse il mio pensiero fisso.
Non riuscivo a fare a meno di ricominciare a cercarlo.
Perché io non stavo certo bene.
Perché, se possibile, mi sentivo ancora più persa e malandata di loro.
E perché non conoscevo altri rimedi per stare meglio se non Jude Cooper.
E, fra tutti i locali di Charleston, non solo mi metto a cercarlo ancora una volta, ma lo trovo anche.
Ancora una volta.
Sempre.
Solo e triste al bancone del pub, lo sguardo fisso in un bicchiere mezzo vuoto che a quanto pare non gli è stato d'aiuto come sperava.
<<Aspetti qualcuno?>> prorompo, invadendo il suo spazio personale.
E poi forzo un sorriso, e cerco di non mostrarmi troppo vulnerabile e, stupidamente, per una sera provo a far finta di niente.
Provo a far finta di non averlo accoltellato con le stesse mani che avrebbero solo voluto stringerlo, provo a far finta che non siamo sui fronti opposti di una stessa guerra.
Lui però, di fare finta non ne ha alcuna voglia.
<<Certo che hai proprio un gran bel coraggio tu>> sibila, svuotando il liquido ambrato dentro al bicchiere in un solo sorso.
<<In genere, mi piace pensare che sia proprio così>>
<<Non era un complimento>> mi ringhia addosso.
I suoi occhi mi dicono vattene, il suo corpo teso mi dice toccami e allevia le mie sofferenze.
Ma le sue parole e la sua testa sono dalla parte degli occhi, e capisco che non la vincerà il corpo questa battaglia.
Che quindi, non la vincerò io.
<<Se non vuoi fingere che non sia successo nulla, allora non fingere per niente. Non fingere neppure di odiarmi a morte>>
<<Sei proprio stupida se credi che in questo momento per te stia provando qualcosa di diverso da quello>> ribatte, sebbene la sua sia più che altro voglia di rispondere a tono che altro.
Dovresti convincere te stesso prima di provare a convincere me.
In un bisogno disperato di contraddirlo, con uno scatto mi faccio avanti. Invado il suo spazio al limite, lascio che il mio naso sfiori il suo, lascio che respiri il mio respiro.
E le sue iridi cedono un po', perché finiscono per fissarmi la bocca e dilatarsi.
E io accenno un sorriso, perché gli ho appena dimostrato che ha torto marcio.
Che da qualche parte ci sarà anche odio, ma che quell'odio deve rassegnarsi a fare spazio anche al suo sentimento più estremo.
<<Torna al tuo posto Jade. Non otterrai niente da me>>
<<Ma se ho già avuto qualcosa! Qui lo stupido sei tu se credi di poter smettere di desiderarmi. Se credi di poter voltare le spalle a quello che avevamo iniziato a costruire>>
Non puoi, non puoi, non puoi.
Vero che non puoi?
<<Ma ti prego, siamo stati insieme per quanto, due mesi? È niente>>
Non sminuire la portata di ciò che proviamo.
Non provare a farmi credere che prima di quei due mesi, eravamo due estranei.
Non provare a farmi scordare che questa storia è cominciata nel momento esatto in cui entrambi abbiamo messo piede in quella stessa struttura.
<<Noi stiamo insieme da più di un anno! Stiamo insieme da quando mi hai trovata in quella casa di accoglienza dove facevi volontariato. E il giorno dopo sei passato a trovarmi. E quello dopo ancora l'hai rifatto. E poi ho cominciato a cercarti io, e poi tu sei stato dietro alla mia follia. E hai smesso di cercare una donna che potesse starti accanto. E hai smesso di andare a letto con le ragazze. Perché sotto sotto lo sapevi che volevi me. E se non potevi avere me, non volevi nessun'altra>>
Ah, il potere delle parole.
Jude ansima come se lo avessi stremato.
So che è così, so che la sua in fondo è soltanto frustrazione perché vorrebbe che non avessi ragione, ma sa che ce l'ho eccome.
<<Piantala Jade. Piantala o giuro che proprio adesso, proprio sotto ai tuoi occhi, vado da quella ragazza in fondo al bancone che non mi perde di vista da tutta la sera, e le infilo la lingua in bocca. E poi me la porto a casa>>
Stronzo.
Purtroppo non sta mentendo. C'è davvero una ragazza che ci sta controllando fingendo di guardarsi attorno.
<<Ah si? E come? Così?>> sussurro suadente, prima di portare una mano sul suo collo e tiramelo addosso.
Sulle mie di labbra.
E tutto quello che Jude ha minacciato di fare a lei, io lo faccio a lui.
Che non sta contribuendo molto al bacio, ma non si sta neppure tirando indietro.
L'hai provata anche tu la sensazione che ho provato io? La stai percependo ancora adesso?
È come una luce che si accende per illuminarti la strada mentre brancoli nel buio.
O come se stessi affogando e avessi ritrovato il modo di riemergere in superficie e incanalare ossigeno.
O come se avessi mangiato qualcosa di troppo piccante e stessi finalmente bevendo dell'acqua, o come se stessi morendo di freddo e qualcuno ti avesse dato una coperta calda.
O, semplicemente, come se stessi baciando la persona che ami dopo non averlo potuto fare per giorni.
È solo un bacio. Sono solo le mie labbra che strofinano le sue, solo la mia lingua che gliele accarezza, solo i miei denti che provano a stuzzicarlo un po'.
Ma, se esiste al mondo qualcosa di migliore di questo, io non l'ho ancora provato.
E poter baciare Jude almeno una volta al giorno, è tutto ciò che mi servirebbe per essere felice.
Smetto io dopo un po'.
Smetto quando intuisco che sta fremendo per avere di più. Smetto sul più bello.
Perché voglio che adesso mi desideri per tutta la notte. Per tutto il giorno dopo. E quello dopo ancora.
Prima di tornare al mio posto, gli poso un bacio dolcissimo sulle labbra gonfie.
<<Il tuo programma per la serata è appena fuggito via. Qual è il tuo piano B Jude?>> lo incalzo, appagata e soddisfatta.
Forse non avrei dovuto provocarlo così, ma mi stavano tornando in mente tutte le volte che avevamo giocato.
Mi era mancato, e adesso non avevo saputo farne a meno di sfidarlo così.
Anche perché, non mi aspettavo certo che da combattivo si facesse sofferente, in un battito di ciglia.
Jude mi afferra per i polsi, e mi strattona in modo quasi violento mentre si lascia sfuggire parole cariche di disperazione.
<<Perché continui a farmi male? Non hai già fatto abbastanza? Hai vinto tu, ok? Hai già vinto, che altro vuoi ancora?>>
Davvero non avevo idea di cosa credesse che avessi vinto, perché in questo momento nella mia vita non avevo proprio niente.
Avevo perso Evan, avevo perso lui, avevo trascinato mia madre in una storia che l'aveva distrutta e mi ero ritrovata con un padre che era il fantasma di se stesso.
<<Se credessi di farti male con la mia presenza, magari me ne andrei davvero. Ma so che tu hai bisogno di questo, hai bisogno di me. Questo -io qui che ti bacio e ti stuzzico- è pur sempre meglio di non avermi più, di non avermi per niente. È masochista? Si, forse, ma so che è questo che provi, perciò anche se l'idea non ti va giù, accettalo. E accetta il fatto che la mia guerra non è contro di te. Ma per proteggere le persone che amo. Stiamo facendo la stessa cosa Jude>> ripeto, e mi sembra di fare quel discorso per qualcosa come la centesima volta.
<<Già, solo che uno di noi è dalla parte sbagliata di questa guerra>>
<<Non cantare vittoria, lo scopriremo solo alla fine qual è questa parte sbagliata>>
Non demordevo, ma non mi illudevo neppure che cambiasse idea.
Solo se fosse stato messo davanti all'evidenza lo avrebbe fatto.
Per cui, io avevo un motivo in più per volermi battere.
<<Sai che c'è? Me ne vado a casa>> mi informa, lasciando una banconota sul bancone e facendo un cenno al ragazzo che lo ha servito.
Di già?
Per tutta risposta, lo ignoro e me ne resto con un'espressione abbattuta appollaiata sullo sgabello.
Ok, potrei aver calcato un po' la mano sul broncio che mi attraversa la faccia nella speranza che lui non mi lasci lì.
<<Tu resti qui?>> domanda infatti, forzandosi di sembrare indifferente.
So che sta facendo.
Finge che non gli importi, quando invece sapermi in giro da sola gli importa eccome perché lo fa preoccupare terribilmente.
Alzo una spalla, e mi guardo intorno evitandolo di proposito.
Con la coda dell'occhio, lo vedo stringere i pugni e lo sento sospirare.
<<Fammi indovinare, non sai come tornare a casa>>
<<Be', posso camminare o chiamare un taxi>> borbotto, giocando con un ciondolo del bracciale che ho al polso.
<<Dovrei proprio lasciartelo fare>>
<<Allora lasciamelo fare>> sbotto, dandogli le spalle.
Lo sento allontanarsi, ma quando due secondi dopo mi giro per cercarlo, lo trovo sulla porta che si attarda per infilarsi il giubbotto.
E allora al diavolo l'orgoglio, non voglio farmi sfuggire l'occasione di passare altro tempo con lui.
Lo raggiungo, gli picchietto un dito sulla spalla, e lui si volta già certo che sia io.
<<Mi porti a casa?>> gli chiedo dolce.
Si fa triste per un altro momento -perché al mio atteggiamento vorrebbe rispondere in tutt'altro modo, presumo- e poi mi spinge fuori dalla porta e verso la sua auto.

Finché Respiro (Until I Breathe #1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora