Cinquantasette ~ Niente Di Migliore Di Questo

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Jade

Ero irrequieta.
E stanca.
Anzi, esausta.
E avevo sonno, ma non riuscivo a riposare.
In poche parole, ero un po' uno straccio.
Uno straccio che vagava per le strade di Charleston perché non riusciva né a concludere nulla di buono, né a starsene in casa.
Persino la scuola era finita, e grazie al cielo, perché la concentrazione era l'ultima delle facoltà in mio possesso al momento.
Questo pomeriggio, dopo un pranzo in cui ho a malapena mangiato una mela, sono uscita a fare una passeggiata.
Speravo che i miei pensieri fossero meno deprimenti alla luce del sole.
Credevo di trovare forza ed energia da... non so, qualcosa.
Ma non stava andando affatto meglio.
Alla fine, quando mi ritrovo davanti al piccolo locale che fa il mio frullato preferito, decido di entrare a prenderne uno, e più che altro perché mi rendo conto di aver bisogno di mettere qualcosa nello stomaco, non perché abbia fame.
Mando giù il contenuto del bicchiere di plastica senza sentirne neppure il sapore, poi mentre apro la porta per tornare in strada, mi scontro con un uomo.
<<Mi dispiace!>> mi scuso distratta, e senza guardarlo.
Sto già per allontanarmi quando due mani enormi mi si posano sulle braccia, e mi bloccano.
Alzo gli occhi di scatto, perché lì per lì ho paura e quel gesto mi fa sobbalzare.
Dopo Jonas, spero di non reagire così ogni volta che qualcuno mi tocchi.
Sono passati a malapena due giorni. La ferita è ancora fresca.
<<Jade! Ciao>> esordisce la voce dello sconosciuto che ho travolto.
Cazzo, ci mancava solo Mark.
Cerco di stamparmi un sorriso in faccia, mentre lui mi fa spostare dall'entrata per non intralciare i clienti, e mi blocca fra il suo corpo e il muro.
Quindi ha intenzione di conversare immagino.
<<Come stai?>>
Domanda di riserva?
E comunque, come se venissi a raccontarlo a te.
<<Bene. Benissimo!>> mi affretto a rispondere.
<<Ah si? Però non sembra proprio>>
<<Non te lo hanno insegnato che non è carino farlo notare?>>
<<Non devi nasconderti da me. Se hai bisogno di aiuto, voglio poter fare qualcosa>> insiste, posandomi una mano sul braccio. <<Stessa cosa con tua madre. Come sta Avery?>>
Ah però, come siamo passati in fretta a lei.
<<Sta bene anche mamma. Credevo che la sentissi al telefono>>
<<Sì, ogni tanto, ma mi parla per meno di cinque minuti e so che non mi dice la verità. Sii sincera almeno tu, avete bisogno di me?>>
Giuro che devo mordermi un labbro per non scoppiare a ridergli in faccia.
Crede davvero di poterci aiutare.
Credeva davvero che lo amassimo, e che fosse diventato indispensabile per noi.
E un po' mi dispiace, certo, per quest'uomo che ha dato gli ultimi anni della sua vita ad una donna per cui aveva palesemente perso la testa, e che poi si è ritrovato senza niente.
Ma davvero non eravamo noi la sua famiglia.
Perché noi appartenevamo già a qualcun altro, ancor prima che arrivasse Mark.
Perciò, proprio no, non avevamo bisogno di lui.
Forse di ricostruire la nostra famiglia con gli elementi giusti. Con Evan e mio padre.
E poi, io avevo bisogno del ragazzo di cui ero innamorata.
Ma di lui? No.
<<Sta tranquillo Mark. Staremo bene, e tu non puoi fare niente per noi. Grazie comunque, lo apprezzo. Posso andare ora?>>
Ci resta male.
Ma, chiamatemi pure insensibile, non me ne importa abbastanza per tentare di rimediare.
Lui fa per spostarsi, ma poi ci ripensa e mi intrappola di nuovo.
E adesso tutto il suo buonismo è passato, spazzato via da una folata di vento, ed è la rabbia tutto ciò che vedo nei suoi occhi neri.
<<Ho cercato di amarti per anni. E adesso non vuoi neppure affrontare una conversazione con me per due minuti? Non merito di essere trattato così, né da te e né da tua madre>> tuona, le dita che si serrano a pugno lungo i suoi fianchi.
<<Non ti ho mai chiesto di farmi da padre. Non ti sto trattando in nessun modo, e se hai dei problemi con mia madre risolvili con lei>>
Mi sto innervosendo anch'io ora.
<<Se solo mi permettesse di vederla! Fammi venire a casa con te. Fammi entrare Jade>>
<<No>> dico risoluta, cercando di evadere da quell'angolino in cui sono finita prigioniera.
Mark mi si avvicina ancora di più.
<<Vi ho amate come se foste sempre state mie per oltre sei anni, non vi permetto di distruggere la nostra famiglia così!>> si altera ancora, assumendo tono e posizione che mi piacciono sempre meno.
Subito mi appoggio al muro, e mi stringo le braccia addosso.
Che diavolo di problemi hanno tutti ultimamente? Perché devono prendersela con me?
Sono stanca cazzo.
E paralizzata.
Non voglio che mi facciano di nuovo del male.
<<Che diamine sta succedendo?>>
Chiudo gli occhi dal sollievo al suono della voce di Jude.
Forse, alla fine abbiamo davvero una sorta di connessione da anime gemelle che lo conduce sempre dove io ho bisogno di lui.
Quando sento la sua presenza accanto, riapro gli occhi e lo vedo fulminare Mark che torna composto e silenzioso, e si limita a restituirgli lo sguardo.
<<Jade? Che succede? Stai bene? Quest'uomo ti stava dando fastidio?>> mi chiede, rivolgendosi a me.
<<Lui è... è l'ex di mia madre. In effetti, mi stava infastidendo un po'>>
<<Non fare la bambina, Jade. Stavamo solo parlando>>
Non dico nient'altro, e afferro la mano di Jude.
Portami via.
Lui la stringe, e torna a rivolgersi a Mark.
<<Le dispiace farla passare?>>
Mark fa un passo di lato, e senza aggiungere altro Jude mi trascina via.
Camminiamo per un paio di isolati prima che si fermi e mi faccia poggiare ad un'auto.
La sua, mi rendo conto quando la guardo.
Jude mi lascia la mano, e mi resta di fronte.
Mi decido a incontrare i suoi occhi.
<<Com'è che ti metti sempre nei casini?>> sospira.
<<Io? Stavo soltanto uscendo da quel locale quando mi ha braccata, voleva che lo portassi da mia madre!>> spiego, guardandolo torva.
<<D'accordo. Scusa. Forse sono io che quando ti vedo in certe situazioni sono terrorizzato che ti accada ancora qualcosa>>
<<Forse, sì. Grazie comunque>>
<<Non devi ringraziarmi, ovviamente. L'ho visto subito che eri... spaventata>> pronuncia quell'ultima parola con cautela, come se temesse di offendermi.
Siccome ha ragione, non dico nulla.
<<E quell'uomo non mi piaceva affatto. Mi trasmetteva sensazioni negative>> continua.
<<Non è mai piaciuto troppo neppure a me>> ammetto.
E poi restiamo così, a torturarci i vestiti e i capelli, impacciati, a guardare altrove.
Forse dovrei andare via.
Sono contro la sua auto, lo sto bloccando qui.
Ma non voglio.
Sento le sue dita sfiorarmi appena il profilo destro del viso.
<<Jade. Sembri esausta>>
<<Esausta? Sei gentile. Puoi dirlo che sembro uno straccio, lo vedo da me>> tento di scherzare.
Non replica, ma continua ad osservarmi come se potesse trovare chissà quali risposte nei miei occhi.
<<Sali in auto>> ordina alla fine, facendo il giro della vettura per raggiungere il suo posto, e senza darmi modo di ribattere.
E allora io apro lo sportello, e mi siedo.
Aspetto che metta la cintura, che giri la chiave, e si volti a osservarmi.
<<Ti porto a casa?>> domanda titubante.
<<No, per favore>> sussurro, e lui capisce subito che la mia è una preghiera.
Parte, e spero che almeno lui le ascolti le mie richieste.

Finché Respiro (Until I Breathe #1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora