Quarantasei ~ Il Modo Migliore Di Condurre Una Guerra

2.9K 181 219
                                    

Jade

[Quel pomeriggio nel vicolo, quel bacio che ti sei preso illudendoti di chiudere il cerchio.... Ti è bastato quel bacio alla fine? L'hai chiuso davvero questo cerchio Jude? O hai solo peggiorato le cose? O è stata solo una dose in più che ti ha avvicinato ancora un po' alla dipendenza?]
[12.34]

[Lo so che ci pensi. Lo so che mi pensi. Lo so che nella maggior parte di quei pensieri, non sono più la ragazza che ti faceva sorridere. Ma so anche che -forse la notte, al buio e sotto alle lenzuola- ricordi tutti i baci che mi davi. E magari anche quello che mi hai fatto in palestra. Magari, anche quello che invece non abbiamo avuto il tempo di fare]
[12.46]

Non li stavo rileggendo neanche quei messaggi, prima di inviarli.
Non sapevo che diamine mi fosse preso: quelle parole non mi appartenevano, quell'atteggiamento quasi ossessivo non mi apparteneva.
Lo stavo stuzzicando si, ma stavo anche andando oltre il mio territorio di competenza, e un po' mi sentivo stupida, ma davvero ero così disperata che le stavo provando tutte.
Non lo sentivo da tre giorni e mi mancava come l'aria.
E anche se nei messaggi parlavo di baci e di qualcosa di più, nella realtà mi sarebbe bastato un sorriso, uno sguardo, la sua voce nelle orecchie, la sua mano da stringere.
Un qualsiasi pezzo di Jude mi sarebbe andato bene, giuro.
E invece non avevo più niente e faceva male, quel male che di cui avevo sempre letto nei libri, e visto nei film, e sentito dalle bocche dei miei compagni a scuola, e che adesso stavo provando anche io.
Forse per colpa mia.
Forse no.
La gente si lamentava del fatto che il ragazzo dei loro sogni non ricambiasse il loro amore, si lamentava dei tradimenti, delle mancanze di fiducia, delle mancanze di rispetto.
Io avevo trovato l'uomo perfetto -perfetto per me, quantomeno- e il casino lo avevo combinato per il mio silenzio.
Faceva male allo stesso modo, se non di più.
Ed era quel dolore che mi stava riducendo alla stupida ragazzina che tempestava di messaggi un ragazzo che la ignorava deliberatamente.
Fino a due mesi fa, giuravo che non mi sarei mai ridotta così, mai.
E invece, guarda dove sono finita adesso.
Non mi fermava neppure il fatto che Jude mi ignorasse. Pensavo a lui che riceveva i miei messaggi e mi bastava che in qualche modo gli stessi impedendo di mettermi da parte.
Perché alla fine era quella la paura più grande che avevo, no? Che lui un giorno si svegliasse, e che quell'odio sostituisse una volta per tutte il resto.
I ricordi.
Le fantasie.
L'amore.

[Per favore, parlami. Se stai facendo dei pensieri orribili su di me, vieni a sbattermeli in faccia quei pensieri. Preferisco anche quelli al silenzio]
[14.12]

[Guarda cosa sono diventata per te. Tutto questo non lo avrei mai fatto per nessun altro. Vuoi vedere solo dove ho sbagliato? Be', io ho intenzione di ricordarti dove siamo stati perfetti]
[15.00]

Accidenti.
Quell'ultimo messaggio avrei dovuto risparmiarmelo.
Sto per farmi assalire dai complessi quando il cellulare vibra, e il mio cuore impazzisce all'idea che possa essere lui che finalmente mi risponde.

[Solo un altro messaggio, e giuro che ti blocco]
[15.03]

Tutto qui? Sul serio?

[Peccato che tu non possa mettere un blocco anche ai tuoi pensieri eh? E lasciarmi fuori dalla tua testa, dal tuo cuore, dalla tua vita. Invece, da lì proprio non ce la fai a buttarmi fuori vero?]
[15.05]

Aspetto.
Aspetto ancora.
Aspetto torturandomi i capelli, i jeans sfilacciati, lo smalto delle unghie.
E alla fine, imparo che Jude è uno di parola.
Mi ha bloccata.
Lo ha fatto sul serio.
Frustrata, getto il telefono dall'altra parte del divano proprio mentre papà apre la porta di casa sua.
Si arresta sulla soglia, spalanca gli occhi nel trovarmi nel suo soggiorno, e la sua non sembra la reazione di un uomo contento di vedermi.
E io oggi ne ho abbastanza di gente che mi rifiuta.
<<Jade! Ma che diavolo ci fai qui a quest'ora?>> prorompe, e quello mi sembra tanto un velato rimprovero.
<<Puoi allontanare mamma, ma non me>>
<<Certo che posso. Sono tuo padre, e se ti dico che qui non ti ci voglio al momento...>>
<<Se dici che qui non mi ci vuoi, allora dovrai prendermi di peso e portarmi altrove. Perché io non mi muovo>> lo interrompo risoluta.
Mamma mi ha accennato qualcosa su ciò che è successo fra loro.
Non mi farò trattare alla stessa maniera.
Papà sospira, scuote la testa, e poi mi viene incontro.
Mi sorprende quando mi abbraccia, e mi passa una mano fra i capelli.
<<Ti ho fatta così bene, che sei venuta fuori uguale a me>> bisbiglia, più che altro a se stesso.
Perciò non replico, e piuttosto mi godo quell'abbraccio.
Mi chiedo sempre come sarebbe stato nascondermici da bambina.
Ora che lo vedo quanto quest'uomo mi avrebbe fatto bene come padre, tutta la mancanza che credevo di non sentire, la avverto eccome.
<<Ascolta, Jade...>>
Quella che presumo si sarebbe rivelata una predica, viene interrotta da Thomas che spalanca la porta e mette piede nel soggiorno con altri due Lupi alle spalle.
<<La giornalista è arrivata, è nel tuo locale e...>>
Thomas si accorge della mia presenza, e si blocca all'istante.
<<Arrivo>> ribatte papà, liquidandolo.
E nel giro di cinque secondi, restiamo di nuovo soli.
<<Che storia è?>>
Papà serra la mascella, ma poi stranamente mi spiega senza che io debba pregarlo ulteriormente.
<<Abbiamo messo in pratica la prima mossa. Contrariamente a quanto credono giù in città, non siamo degli ignoranti violenti. Perciò, ci siamo mossi su un'altra strada. Vogliamo raccontare la nostra storia ai giornali, vogliamo aprire gli occhi a Charleston>>
Non mi sarei mai aspettata una scelta del genere, ma ammetto che usare la voce, è il modo migliore di condurre una guerra.
Perché loro non vogliono morti, non vogliono feriti.
E l'unica cosa su cui sognano di puntare le armi e fare fuoco, sono i pregiudizi.
<<Voglio venire anch'io>>
<<Chissà perché non avevo alcun dubbio al riguardo, sai? D'accordo. Dopo però, mi prometti che ti farai lasciare a casa senza protestare? E non facciamo preoccupare oltre tua madre, non lo merita>>
Annuisco, mi becco un bacio sulla testa, e mi lascio condurre al locale, dove almeno una ventina di Lupi sono già disposti intorno al bancone su cui torreggia una giornalista con tanto di carta, penna e registratore fra le mani.
Se è intimorita dal fatto di essere circondata da un branco di uomini dalla pessima reputazione, non lo da minimamente a vedere.
E questo vuol dire che, o ha una pistola nascosta da qualche parte, o ha preso alla lettera la diceria che i Lupi fiutano sempre la paura, o è più intelligente di quanto ci si aspetterebbe da un cittadino di Charleston che è sempre cresciuto a pane, acqua e pettegolezzi.
<<Papà? Come l'avete convinta a venire?>>
<<Be', stiamo per dargli una storia che non avrà nessun altro giornale. Sai che i giornalisti farebbero carte false per un articolo esclusivo, per raccontare qualcosa di nuovo>>
Ha ragione.
Questa donna sta soltanto facendo i suoi interessi, ma ci sono comunque buone possibilità che ci ricavino qualcosa anche i Lupi.
Mentre papà raggiunge gli altri, io mi siedo in disparte, e assisto allo scambio di convenevoli tra la giornalista e Thomas.
Poi lei passa la parola al branco, e per l'ora successiva ascolto in silenzio le storie di diversi uomini che raccontano dei torti subiti.
"Mio figlio è andato in città e si è ritrovato con della droga nella moto. Droga che non era sua. Guarda caso, un poliziotto ha scelto di perquisirlo proprio quando è uscito dal negozio. È ovvio che è stato incastrato"
"In città, ogni atto di vandalismo viene fatto ricondurre a noi. Per ogni cosa che succede a Charleston, ormai è colpa nostra. Pensate a quanti criminali si nascondono fra di voi protetti dalla nostra firma"
"Noi non odiamo nessuno. Perché dovremmo? Ci basta la nostra vita, ma è evidente che abbiamo sempre dato fastidio a questa società. Perché i diversi, quelli fuori dal cerchio, fanno sempre paura, no? Sono loro che ce l'hanno con noi, non il contrario"
"La giustizia in questo buco di città, si è scordata di noi. Mio fratello è stato in carcere per mesi, e non avevano neppure le prove del reato per cui era stato accusato. E il processo veniva sempre rimandato, finché non è stato rilasciato. Ma intanto quei mesi passati dietro alle sbarre chi glieli ripaga?"
Dopo aver ascoltato l'ultima testimonianza, non posso fare a meno di pensare ad Evan.
Al fatto che, una volta fuori -e non voglio neppure pensare alla possibilità che possa non uscire mai- nessuno potrà restituirgli l'Evan che era prima.
Continuo ad ascoltare i racconti di tutti questi uomini, impazienti di dire la loro. Impazienti di usare la voce.
E vedo la giornalista registrare tutto, un po' interessata e un po' sconvolta.
"Questa è una storia che si ripete, è una storia che in passato è già successa fin troppe volte. Con tutti quelli che erano diversi, e di colore, e di una religione differente. Con tutti coloro che si tiravano fuori dalla cerchia di regole stabilite da menti ignoranti. Con tutti coloro che pensavano con la loro testa. Mando mio figlio a scuola, e gli fanno studiare le guerre, e gli dicono che studiarle è importante perché tutto questo non si ripeta. Be', che cosa sta facendo Charleston adesso?"
Sono accuse forti quelle che escono dalle loro bocche.
E Thomas, si raccomanda di riportarle esattamente così.
Di riportare le stesse identiche parole.
Parole che hanno potere, parole che non sono solo parole, parole che possono colpire nel cuore di chi sa ancora guardare oltre .
I Lupi credono nella loro forza.
E io prego affinché qualcuno le ascolti davvero.

Finché Respiro (Until I Breathe #1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora