Cinque ~ Tu Hai Il Nostro Sangue Dentro

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Jade

Gesù, che giornata da incubo a scuola.
Mi chiedo a chi mai verrebbe in mente di mettere il laboratorio di scienze e le lezioni di fisica e matematica tutte nella stessa stramaledetta mattina.
E poi mi chiedo se chi gestisca questo posto, sia dotato di pollici opponibili e di un cervello che pesi più di duecento grammi.
Ad ogni modo, trovare mio fratello che mi aspetta all'uscita mi fa tornare il sorriso in tre secondi.
Ultimamente ci vediamo praticamente ogni giorno io ed Evan, quasi quasi il nostro sembra più un rapporto morboso tra due ragazzi che stanno insieme, che un sano rapporto tra fratelli.
Il punto è che se consideriamo tutti gli anni che ci sono stati tolti, il tempo perso e da recuperare, il nostro bisogno di imparare a conoscerci, dopotutto è inevitabile che le cose vadano così.
E insomma, aggiungiamoci pure il fatto che praticamente Evan sia l'unico altro essere umano sulla faccia della Terra a parte mamma e Jude con cui vado d'accordo e di cui mi importi...
<<Allora? Hai pensato a cosa ti ho chiesto? Vorresti incontrare papà?>> esordisce non appena lo raggiungo al cancello.
Poi mi schiocca un bacio sulla guancia e mi piazza un braccio sulle spalle.
Se facessi parte di quel circolo di pettegolezzi della scuola, domani sarei già sulla bocca di tutti, la gente si chiederebbe chi è questo bellissimo e misterioso ragazzo che viene a prendermi, e nessuno sospetterebbe mai di come stanno davvero le cose.
Nessuno sospetterebbe mai che in realtà Evan dal suo metro e ottanta sia il mio fratellino minore che ha già finito quella sottospecie di scuola che frequentano a sud di Charleston, venuto a trovare la sorella che non vive con lui.
<<Ciao anche a te fratellino>>
<<Ciao Jade. Mi sei mancata nelle ultime diciotto ore sai? Ora mi rispondi?>> insiste, impaziente come un bambino davanti ad un regalo da scartare.
Caspita, è proprio diventato il suo chiodo fisso questa storia.
<<Non ce l'ho ancora la risposta Evan. Non lo so, va bene? Non riesco a prenderla questa decisione, è la scelta più importante che mi sia mai toccato fare in diciassette anni>>
E tra l'altro, non credo sia giusto che questo peso che sento gravare addosso debba portarlo io.
<<È tuo padre Jade>> sottolinea, come se questo bastasse a cancellare qualsiasi dubbio.
<<No, forse è tuo padre. Per me, è l'uomo con cui mia madre ha dormito una notte di tanti anni fa>>
<<Io non direi che hanno dormito>> borbotta.
E intuisco quanto le mie parole gli abbiano fatto male.
Nonostante io non le abbia affatto dette con cattiveria.
Stranamente, non ce l'ho con Mason Davis per non esserci stato, perché è chiaro che non fosse un problema per lui farmi da padre, è chiaro -almeno dai racconti di Evan- quanto mi abbia sempre amata e quanto abbia sempre sofferto sentendo la mia mancanza.
Sono stata portata via da lui.
Anzi no, sono stata portata via dal mondo di cui faceva parte.
E forse non posso avercela neppure con mia madre per questo, perché in questa città è così che va.
Perché in questa città devi per forza scegliere chi vuoi essere, da che parte vuoi stare.
E qualsiasi cosa scegli, è un po' una condanna.
Perciò no, non posso odiare nessuna delle persone che mi hanno messa al mondo, e le mie perplessità sono più che altro legate ad un mucchio di domande senza riposta.
Me ne sarò uscita anche male, ma intendevo dire che non posso considerare Mason un padre come può fare Evan, perché io quell'uomo non l'ho mai neppure visto se non in foto.
E perché se guardiamo la realtà dei fatti, lui è davvero l'uomo che mi ha messo al mondo e niente più.
Quello che sento io poi, quello che mi si agita dentro, è un'altra storia.
Una storia che ora come ora è una matassa di fili che non sono ancora riuscita a districare.
<<Non fare quella faccia, per favore. Hai capito cosa volevo dire>>
<<L'ho capito ma non mi fa comunque piacere sentirti parlare così. Sono in una posizione scomoda. Da un lato vedo mio padre che dopo diciassette anni riguarda ancora le ecografie di sua figlia perché è tutto quello che ha di lei, dall'altro ho ritrovato mia sorella e immagino di non poter stravolgere il suo mondo più di quanto abbia già fatto>>
Non è la prima volta che Evan tira fuori questa storia di papà che guarda ancora le mie ecografie, eppure la cosa mi causa di nuovo una stretta allo stomaco.
Una piacevole e al contempo spiacevole stretta allo stomaco.
Perché immagino un uomo che per diciassette anni mi ha amata in silenzio.
E di conseguenza, immagino un uomo che per tutti questi anni ha anche sofferto in silenzio.
<<Siamo tutti in una posizione scomoda in questa storia>> sospiro.
Non serve aggiungere che la presenza di Evan nella mia vita, è senza alcun dubbio una nota positiva. A prescindere da quanto il suo arrivo mi abbia stravolta.
<<Certo, ma lui soffre più di tutti. Vuole sempre che gli racconti di te e che...>>
<<Ma non ti chiede di vedermi>> lo interrompo brusca.
Forse sarebbe più facile se qualcuno mi venisse incontro e non dovessi fare tutta la strada da sola.
E questa è la prima volta che mi concedo di fare un pensiero del genere.
La prima volta che preferisco cedere le redini, che guidare io la corsa.
<<No, non lo chiede, ma so per certo che non è perché non vuole. Ha paura di sconfinare, o di crearti dei problemi, o di tua madre o... non lo so>>
Si, sicuramente ci sono un sacco di cose che non sappiamo.
<<Hai idea di quanto sia strano per me ritrovarmi in questa situazione?>> continuo, volendo cancellare quell'espressione da cucciolo bastonato dal suo volto.
<<Vagamente, si. Ma perché non ti concentri su cosa provi invece? Non puoi non essere curiosa di conoscere l'uomo che ti ha messa al mondo, non può non importarti di lui, e non può non piacerti l'idea di avere un padre>>
<<Non l'ho avuto per così tanto tempo che ci ho fatto l'abitudine>>
E molte volte ha fatto schifo.
Specie adesso che ho capito che è lui quello simile a me, quello da cui ho preso quella che sono dentro.
Quello che forse, quando mi guardavo intorno e non trovavo niente in cui riconoscermi, sarebbe stato il mio specchio.
O quantomeno la persona che avrebbe saputo come prendermi.
<<Non devi amarlo incondizionatamente, solo conoscerlo. Non sarà il classico padre che la domenica ti porta al parco e che la sera torna a casa da lavoro incartato in un bel completo costoso, ma sa essere un buon padre. Mi ha protetto per anni, e lo farebbe anche con te. Lo vedo ogni giorno quanto ti ama, lo vedo dai suoi occhi che si fanno lucidi quando gli racconto di te>>
Non ero certa che mi stesse bene questa storia di Evan che raccontava per filo e per segno di me al padre.
Perché avrei voluto farlo io? Si, avrei voluto, lo ammetto.
Mentirei se dicessi che una parte di me non fremeva all'idea di incontrarlo.
Ma l'altra, aveva questa paura di poter rovinare tutto e incasinarmi la vita.
E poi, mi sembrava di fare un torto a mamma.
<<Quanto c'entra tua madre in questi freni che ti imponi?>>
Dio, e questa cos'è, telepatia fraterna?
<<Molto>> ammetto sincera.
Perché una delle cose che amo di più in questo rapporto che in poco tempo ho costruito con Evan, è che sento di non dovermi nascondere, mai.
<<Credevo fossi il tipo che non deve dar conto a nessuno>>
<<Non è la stessa cosa questa. Non devo dare spiegazioni a nessuno su ciò che faccio, ma posso comunque voler rispettare le persone a cui tengo. Tu lo fai con tuo padre, perciò mi capisci no? Faresti mai una cosa che rischi di ferirlo?>>
<<No, direi di no. Ma la lealtà ha un significato diverso per noi. É tutto. É al primo posto. Noi mettiamo da parte l'amore per lealtà, mettiamo da parte noi stessi, mettiamo da parte ogni cosa>>
Per quanto possa sembrare un discorso assurdo, so che sta dicendo la verità.
Per loro è diverso.
Io so essere leale, mia madre sa essere leale, ma in quella banda la lealtà è un Dio da venerare.
È in nome della lealtà che agisci, è a lei che sei fedele. Sempre.
Noi cambiamo Dio a seconda della giornata.
<<Se ti vuole bene capirà>> aggiunge convinto.
E probabilmente ha ragione.
Se pensasse che ho bisogno di fare questa cosa, mia madre capirebbe.
Ma resta il fatto che non ho il quadro completo.
Degli ultimi diciassette anni, del modo in cui sono andate le cose, ho solo una versione ridotta e poco chiara che mi ha dato mia madre, una versione a metà che ho appreso di recente da Evan, e una sbiadita che ho intuito grazie alla maniera di pensare di questa città.
<<Non ne so abbastanza di questa storia, e nemmeno tu. Se ci fosse altro dietro?>>
<<Altro cosa? Mio padre non vi avrebbe mai fatto nulla di male, lo sai che non siamo come ci descrivono>>
<<Si, ma mia madre non è una stronza>> ci tengo a precisare.
Quasi certamente, è solo un'altra vittima di Charleston piuttosto.
<<Avere paura non vuol dire essere una cattiva persona>>
<<Lei non è nemmeno una che ha paura>> ribatto di getto, e solo dopo immagino che quando si tratta di me però, le cose cambino.
<<La difendi con le unghie e con i denti eh?>>
<<Vedi? Anche io so essere molto leale>> osservo ironica.
<<Oh, ma io lo so. Tu hai il nostro sangue dentro Jade>>
E ormai, ne sentivo il richiamo ogni giorno.

Finché Respiro (Until I Breathe #1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora