Cinquantuno ~ La Parte Della Principessa In Pericolo

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Jade

Quella mattina, di ritorno dal supermercato, noto una foto attaccata ad un albero con una puntina.
Lì per lì non ci faccio molto caso, non finché poco prima di arrivare davanti casa, ne becco un'altra sul muro di un edificio scolastico.
Il soggetto della foto è senz'altro diverso, ma per il resto -la posa, i colori, il formato della polaroid- è identica alla precedente.
Mi avvicino, incuriosita, e sbatto le palpebre un paio di volte per accertarmi che non si tratti di un'allucinazione.
Ma che diavolo...?
Si tratta di una polaroid che riprende in primo piano il viso di una ragazza.
Non si vedono gli occhi perché davanti ha strategicamente posizionato un braccio a coprirli. Braccio su cui spicca la parola "Wolves", scritta con quella che sembra tempera blu.
Sulla guancia, ha dipinta una piuma dello stesso colore.
Sia la scritta che la piuma, erano anche nella foto precedente.
Sta succedendo qualcosa, e nessuno mi ha messa al corrente.
Chiamo Carol, e pretendo che mi dia delle spiegazioni.
Grazie al cielo lei non mi nasconde mai nulla e mi avvisa del fatto che i Lupi hanno organizzato un'altra riunione, e hanno deciso di andare avanti con la loro protesta passivo-aggressiva.
Hanno chiamato un'altra giornalista, cominciato a diffondere queste foto, e chiesto a chiunque fosse dalla loro parte di fare lo stesso e riempire di simili polaroid tutta Charleston.
A quanto pare, il servizio era anche finito al telegiornale due sere fa, ma io me l'ero perso.
Era stata una scelta astuta da parte loro quella di stabilire una posa in cui non si riconoscesse il viso, la proposta sarebbe stata accolta più facilmente.
E il fatto che dopo due giorni io trovassi già ben due foto nel raggio di trenta metri, era un buon segno.
Grazie per avermi resa partecipe papà.
Ad ogni modo, non potevo rimproverargli il suo avermelo tenuto nascosto né fingermi offesa, perché lui mi aveva chiaramente detto che mi voleva fuori da questa storia, così come ci voleva fuori mia madre.
Non aveva capito che c'ero dentro fino al collo.
E a quanto pare, non aveva capito -o non voleva capire- che non mi lasciavo mettere da parte da nessuno.
E da niente. Neppure dalla paura.
Evan era in prigione, e questa situazione avrebbe dovuto terrorizzarmi e convincermi a starmene buona e segregata in camera mia.
E un po' di timore in fondo lo avevo, certo.
Ma ero anche e soprattutto indignata e arrabbiata da morire, e volevo a qualsiasi costo il mio fratellino fuori da quell'inferno.
E libero. E felice. E vivo.
E che tornasse l'Evan di sempre.
Anche se mi rendevo conto di non aver alcun diritto di desiderare niente del genere.
Questa esperienza gli stava lasciando delle cicatrici, e io non potevo certo fingere che non esistessero o amarlo a metà.
Comunque, ormai non c'era giorno che mi sentissi in pace con me stessa a saperlo lì dentro, e lo sarei stata ancora meno a starmene in disparte a far nulla.
Quando le persone che ami crollano a pezzi intorno a te, per non impazzire anche tu devi metterti all'opera e provarci in qualsiasi maniera ad aiutare.
Alla fine, quasi quasi diventava persino un gesto egoistico.
Era per questo che avevo preso la decisione che avevo preso.
Sapevo che Carter si era svegliato da un po' di giorni -il pomeriggio che era successo, Jude mi aveva subito avvisato con un messaggio.
Avevo lasciato che si riprendesse, ma adesso volevo vedere con i miei occhi come stava.
E volevo andare a prendermi delle risposte.
Avevo messo in conto la possibilità che probabilmente non ne avesse, ma io dovevo fare qualcosa, e non sapendo che altra carta giocarmi, be', avrei rischiato con questa.
Speravo soltanto di avere il modo di parlarci da sola, di trovarlo anche solo per cinque minuti senza nessun altro parente o amico a tenergli compagnia nella sua stanza.
E poi, ovviamente, speravo che sapesse dirmi qualcosa.

~🐺~🐺~🐺~

Mi sento un po' una stupida ad aggirarmi per i corridoi dell'ospedale con il cappuccio della felpa tirato sulla testa, e gli occhiali da sole.
Probabilmente sto dando più nell'occhio conciata così, ma grazie al cielo nessuno sembra guardarmi troppo né mi ferma, e alla fine riesco ad arrivare indenne alla stanza di Carter.
Busso alla porta socchiusa, e riconosco la sua voce che mi invita ad entrare.
Per un momento, i suoi occhi luminosi e felici di vedermi fanno passare i miei programmi in secondo piano, e mi fanno ricordare quanto sia stata preoccupata per lui, quanto mi sia mancato, quanto sia felice che sia vivo.
<<Ehi, tu! Credevo ti fossi scordata di me>> esordisce, con quel viso ancora un po' pallido ma con un sorriso che è senza alcun dubbio lo stesso di sempre.
Scuoto la testa, sentendomi in colpa per non essere venuta prima e per i secondi fini che mi hanno trascinata fin qui, e mi precipito ad abbracciarlo cercando di non fargli male.
<<Sono venuta a trovarti mentre... prima che ti risvegliassi>> bisbiglio, e non per giustificarmi ma per fargli sapere che non mi sono affatto scordata di lui.
<<Lo so, Jude me l'ha detto quando gli ho chiesto di te>>
Ah.
Abbozzo un sorriso, e gli stringo una mano.
<<Come stai?>>
<<Come una bottiglia di Coca-Cola che è stata agitata per una notte intera. Mi sento ancora un po' scombussolato, e i medici vogliono tenermi un altro paio di giorni qui per gli accertamenti, ma presto mi faranno uscire>>
Ed è evidente quanto sia impaziente di lasciare questo letto, e quanto sia euforico solo all'idea.
<<Sono così felice per te!>>
Carter mi strizza un occhio, ed è come se piano piano lo vedessi tornare lo stesso ragazzo con cui ho lavorato per settimane.
<<La radio? Come va?>> indaga.
<<Hanno sospeso il tuo programma. Sospeso, non cancellato>> specifico. <<Sono sicura che te lo ridaranno quando starai meglio>>
<<E tu ci tornerai con me?>>
<<Non lo so>> ammetto, sincera.
Per quanto mi piacerebbe e per quanto detesti non poter più lavorare con lui, al momento di ricominciare a gestire un impegno simile non ne avrei le forze.
I suoi occhi mi scrutano.
<<Che succede Jade? Tu e Jude avete una faccia... e quando vi parlo l'uno dell'altra, glissate. Me ne sono accorto, sai? Ci sono problemi tra di voi?>>
Già, giusto qualcuno.
<<Devi riposare, non metterti a fare lo psicologo>>
<<Andiamo, non faccio che starmene sdraiato a far niente e guardare stupidi programmi in tv. Dammi qualche pettegolezzo>> ammicca.
Una parte di me vorrebbe davvero sfogarsi con Carter: oltre che ad essere un tipo scherzoso, ho imparato che sa anche essere comprensivo.
Ma quello che stiamo passando io e Jude è davvero troppo e troppo complicato per poterlo esprimere a parole e ad una persona che non ha la minima idea del caos in cui siamo finiti.
<<Magari quando uscirai da qui, eh?>> divago. <<E comunque, non è solo per lui che sto così>> trovo il coraggio di buttare fuori.
Basta girarci intorno, devo trovare il coraggio di dire quello che sono venuta a dire, devo approfittare del fatto che siamo soli.
Non so per quanto ancora mi sarà concesso questo lusso.
<<E per chi allora?>>
<<La mia famiglia... sta cadendo a pezzi>> sussurro, sviando lo sguardo.
All'improvviso non riesco più a trovare le parole se lo guardo.
<<Oh piccola. Mi dispiace così tanto. Posso fare qualcosa?>>
<<In effetti si, Carter. Puoi dirmi se ricordi qualcosa della notte del tuo incidente?>>
Alla mia domanda, le sue sopracciglia si aggrottano, e la sua espressione si fa subito confusa.
Sta cercando di capire cosa c'entri l'incidente con i problemi della mia famiglia.
<<Poco e niente>> replica comunque.
<<Non hai visto chi guidava? Almeno se era un uomo o una donna, un ragazzo o un adulto...>> insisto, sentendo già la speranza abbandonarmi.
<<Io credevo che fosse un uomo, ma non ne sono più così certo, è tutto annebbiato e poi la polizia ha già trovato il colpevole e...>>
Di colpo, la porta della stanza si spalanca, e sulla soglia vedo l'ultima persona che avrei voluto incontrare oggi.
Oggi, e in qualsiasi altro giorno della mia vita.
Jonas.
Jonas che mi guarda come se fossi il suo peggior nemico.
Ed è così, dopotutto.
<<Tu! Stronzetta del cazzo, che diavolo ci fai qui?>> ringhia, mentre si avvicina a noi.
<<Jonas! Che diamine ti prende? Jade è mia amica!>> lo riprende Carter.
Stringo le dita sulla felpa per placare la rabbia, perché in questo momento avrei voglia di tirare un bel pugno sul naso di questo idiota psicopatico.
<<Tua amica?>> ripete, prima di aggiungere una risata sarcastica. <<Lo sai che è suo fratello che ti ha investito?>>
Riporto all'istante gli occhi su Carter, per vedere la sua reazione.
Non volevo lo sapesse così.
Cioè, non volevo sapesse che sono la sorella del ragazzo che hanno accusato.
Perché Evan e il vero colpevole dell'incidente, non sono certo la stessa persona.
Carter sbatte le palpebre, e mi guarda confuso.
Prima che possa dire qualcosa, riprendo la parola.
<<Non è stato lui! Tu stesso hai detto che ricordi un uomo, e...>>
<<Non provare a fargli il lavaggio del cervello!>> sbotta Jonas, prendendomi un braccio in malo modo per trascinarmi fuori dalla stanza.
Lo strattono per sfuggirgli, e mi faccio un male del diavolo.
<<Non mi toccare! Non mi toccare o ti do un calcio dritto su...>>
<<Smettetela voi due! Ma che vi prende? Jonas, lasciala stare, per favore!>>
Carter è in evidente stato di agitazione, ma nessuno di noi riesce a prestargli attenzione perché Jonas continua a urlarmi contro, mentre io tento di scappare dalle sue mani che mi si vogliono posare addosso.
<<Parliamo fuori!>> decide a un certo punto.
Mi prende per mano, e stavolta non riesco a divincolarmi.
Jonas non ascolta neppure il fratello che gli intima di piantarla, mi trascina lungo il corridoio e giù per le scale, e poi sul retro dell'ospedale.
Quando mi blocca nel vicolo e finalmente mi lascia andare, gli tiro uno schiaffo.
E l'oscurità e la rabbia che gli avvolgono gli occhi, fanno paura.
Io, comincio ad avere paura.
Fa per avvicinarsi, e io lo spingo indietro.
<<Che diavolo vuoi da me?>>
<<Tu sei una di loro! Che cosa volevi fare con Carter?>> sibila, somigliando sempre di più ad un serpente velenoso.
<<Tuo fratello è mio amico, e ci parlo quanto mi pare!>>
Non devo mostrarmi impaurita. Non devo dargli potere.
O lui avrà già vinto con me.
<<Oh, tu devi stargli lontano. O giuro che finirà molto male per te>>
<<Sei così vigliacco e piccolo da prendertela con una donna?>> lo derido.
<<Tu non sei una donna, tu sei una di loro. E per me siete tutti uguali!>> sbraita, prima di infilare la mano in tasca e far uscire un coltello.
Quello stesso coltello che ha già puntato contro mio padre.
Quale dannato ragazzo sano di mente se ne va in giro con un'arma in tasca?
Nessuno.
Solo uno fuori di testa, ecco chi.
Quel gesto, ad ogni modo, mi fa ricordare di quel pomeriggio al locale.
Mi fa ricordare di come ha minacciato la mia famiglia, di come pensa di poter trattare anche me.
Di come ha rovinato la storia tra me e Jude, anche se forse prima o poi si sarebbe rovinata comunque da sola.
Una furia cieca, prende possesso anche di me.
Perché non è solo rabbia, sono tutti i sentimenti bui che ho provato negli ultimi tempi.
E lui li ha appena alimentati.
Con uno scatto, mi getto contro Jonas tentando di sfilargli il coltello.
Quello finisce per terra, e io tiro un calcio al suo polpaccio.
Poi lui mi spinge via, e mentre sbatto con la schiena contro il muro ha il tempo di riprende il coltello dal marciapiede.
Ma io non me ne accorgo, e un attimo dopo me lo ritrovo addosso e sento la lama che mi sfiora il fianco, poco sotto al seno.
Il coltello non trapassa la carne, ma lacera la pelle e mi fa sanguinare.
Mi paralizzo, e un suo braccio mi afferra per la vita e mi stringe a lui prima che mi posi il coltello sporco in faccia, sulla guancia.
Incontro i suoi occhi, e non ho più dubbi sul fatto che nella sua testa ci sia qualcosa che non va.
<<Sei importante per loro? Pensa che bella rivincita se dovessi fare male alla principessina dei Lupi, vero?>>
Sto per sputargli in faccia quando, grazie a Dio, qualcuno ci trova.
<<Jade!>>
Jude.
Lo riconosco subito.
Il suo ringhio mette paura.
La sua, è la voce di un uomo spaventato a morte.
Ma è anche la voce di un uomo terribilmente incazzato.
Nel giro di tre secondi, lo vedo travolgerci come una furia e tirare un pugno a Jonas, poi dargli un calcio dopo averlo buttato per terra.
E sono gesti avventati e carichi di violenza i suoi, e vedo che Jude ha perso il controllo di sé, e so che dovrei fermarlo o averne paura.
Ma Jonas mi ha ferito, e io lascio che si prenda quello che si merita.
Poi, in qualche modo, Jude ritrova la ragione, si rialza, e io finisco tra le sue braccia.
E per una volta non mi dispiace fare la parte della principessa in pericolo, se è Jude che viene a salvarmi.

E per una volta non mi dispiace fare la parte della principessa in pericolo, se è Jude che viene a salvarmi

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