Sessantadue ~ Dillo Solo Se È Vero

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Jude

Mi scoppia la testa.
Ho la nausea.
E mal di schiena.
E, mentre riemergo dalla nebbia e dal buio che mi avevano trascinato via, avverto anche quelli che sembrano panico e ansia opprimermi il petto.
Ho paura.
E sono confuso.
Ma ogni cosa mi torna alla mente non appena apro gli occhi, e mi guardo intorno.
Sono finito in una specie di scantinato, lo deduco dalla scala che ho di fronte e che sale verso una porta chiusa, e dalla marea di oggetti inutili da cui sono circondato.
Le mie mani sono legate da una corda dietro alla schiena, e le mie gambe assicurate con del nastro alla sedia su cui sono accasciato.
Tutto il corpo mi fa male come se fosse appena stato risputato fuori da un frullatore, ma ovviamente sono i pensieri uniti a ciò che provo a farmi stare peggio.
Quell'uomo.
Doveva diventare il mio sacco da boxe.
Dovevo restituirgli tutto il dolore che aveva causato alla mia famiglia, e anche di più.
Doveva marcire in galera.
E invece, io non ero stato in grado di portare a termine i miei piani.
E ora volevo ucciderlo.
Dopo avermi puntato la pistola contro, mi aveva colpito con quella stessa arma alla testa, e mi aveva spinto sul pavimento. Poi me l'ero ritrovato addosso, con un fazzoletto imbevuto di un qualche liquido per farmi perdere i sensi premuto sul volto.
Era diventato tutto buio, e mi ero risvegliato soltanto adesso.
Non ho idea di quanto tempo sia passato, ma sento che se non succederà qualcosa da qui a breve, potrei impazzire, in questo posto che sa di marcio e senza alcun modo di sfuggire ai pensieri.
Che cosa mi farà?
Qualcuno mi troverà mai?
Devo sapere che intenzioni ha.
Alla fine, contro ogni logica, mi metto a urlare.
E non passano neppure un paio di minuti perché la porta si apra, e quel bastardo scenda le scale fino a fermarsi davanti a me.
Comincio a ringhiare come un toro impazzito: la voglia di colpirlo è più forte di tutto, ma non lo è abbastanza da darmi la forza per riuscire a liberarmi.
<<Non agitarti inutilmente, ragazzo. E non farmi incazzare più di quanto già tu non abbia fatto. Mi hai rovinato i piani! Credi che avessi tempo di occuparmi di un ostaggio? Cosa dovrei farci ora con te, eh?>> mi accusa, passandosi una mano tra i capelli mentre percorre il perimetro della stanza.
Quest'uomo è pazzo.
Non è sano di mente, è evidente.
E adesso che me ne rendo conto, ho ancora più paura.
<<Come ti è venuto in testa di piombare qui e accusarmi? Se fossi rimasto al tuo posto, nessuno si sarebbe fatto male. E come diavolo lo hai scoperto? Quella mocciosa ha parlato, vero?>> continua a delirare.
Basta che parli in quel modo di Summer, affinché io scatti in avanti e cominci a imprecare nella sua direzione usando i peggiori insulti.
Lui mi guarda come se non gli importasse nulla delle parole che gli sto rivolgendo.
<<Perché? Dimmi almeno perché, testa di cazzo. Perché lo hai fatto? Perché lei?>> chiedo allora.
Nei suoi occhi torna per qualche istante un briciolo di lucidità.
Lentamente, prende un'altra sedia e si accomoda di fronte a me.
<<Non era qualcosa che avevo programmato. Stavo passando da quell'asilo quando ho visto una bambina bionda lontano dagli altri. Quando ha incrociato i miei occhi, ho avuto l'idea. Somigliava alla prima ragazza che ho amato, sai? Ho capito subito che in qualche modo era imparentata con lei. E Dio sa se avevo una gran voglia di vendicarmi di quella stronza che si è fatta mettere incinta da un altro>>
Stava ancora straparlando, non c'era altra spiegazione.
<<Ma che diamine vai dicendo?>> lo interrompo.
<<Parlo di sua nonna. Quella vera>> continua. <<Perciò, io avevo sete di vendetta, ed ero in cerca di un qualche nuovo reato da commettere e la cui colpa sarebbe poi naturalmente ricaduta sui Lupi. Ho pensato che un rapimento era qualcosa di grosso, sarebbe stato perfetto. Così, l'ho presa. Non le ho fatto nulla, non tocco i bambini io. Abbiamo solo parlato un po'. Io parlavo, lei piangeva. Dovevo assicurarmi che non aprisse bocca, capisci? Le ripetevo che doveva fare silenzio. Che finché avrebbe tenuto la bocca chiusa, non le sarebbe accaduto nulla di male. Comunque, sono stato buono. Come vedi, ve l'ho riportata presto>> conclude, soddisfatto.
Mio Dio.
Giuro che c'è una mano che mi sta stringendo la gola.
Ci sono delle piccole dita che mi stanno stritolando i polmoni.
Non respiro più.
Non respiro, non respiro, non respiro.
La mia bambina.
La mia bambina che piangeva sola e spaventata per tutto quel tempo. Che si è ritrovata con questo mostro.
All'improvviso, mi ritrovo ad ansimare in cerca di ossigeno, e con gli occhi offuscati dalle lacrime.
E ho le sue spiegazioni che mi vorticano per la testa, ma non le capisco fino in fondo.
Che diavolo significa tutto questo?
C'è della verità in ciò che ha detto? O sta soltanto farneticando?
Non riesco a mettere a posto tutti i tasselli, maledizione.
<<Che cosa c'entrano i Lupi?>> chiedo dopo un po', perché ho bisogno di allontanare la visione di Summer che soffre.
<<Be', è una storia lunga questa. Quasi quasi, ho anche voglia di raccontartela. Ho orchestrato un piano talmente magistrale, che sarebbe un peccato non condividerlo con qualcuno. Allora, vuoi sentirlo?>>
Non rispondo, mi limito a continuare ad osservarlo, mentre ancora cerco di dare un senso a tutto quello che ho vissuto nelle ultime ore.
Il rumore attutito di un campanello che suona al piano di sopra, risveglia entrambi dalla trance.
<<Un'altra volta magari>> sospira dispiaciuto. <<Adesso mi sa che è arrivata la cena! Ti porterò qualcosa, d'accordo? Oh, e non disturbarti a urlare, una volta che avrò chiuso la porta, da questo posto non filtrerà alcun suono>> aggiunge.
Il mio rapitore sparisce oltre il battente, e naturalmente io non gli do retta.
Raccolgo ogni briciolo di forza che mi è rimasta, e mi metto a urlare come se ne andasse della mia vita.
Probabilmente, è davvero così.
Urlo per quelli che mi sembrano minuti interi, urlo finché non perdo la voce e non mi brucia la gola.
Ovviamente, lui aveva ragione.
Non mi sente nessuno.

Finché Respiro (Until I Breathe #1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora