Avery
Dio, che turno sfiancante stamattina.
Oggi è un giorno pesante qui in ospedale, sia per i dottori che per noi infermiere.
C'è stato un incidente che ha coinvolto più di cinquanta persone appena fuori Charleston, e i pazienti sono stati smistati tutti fra i diversi reparti di questo ospedale e il pronto soccorso.
Ormai sono più di quattro ore che vado su e giù per le scale e passo da una stanza all'altra senza fermarmi un attimo.
Sto giusto bevendo un caffè al volo per ricaricarmi, quando il dottor Laurence mi manda a fare un giro di controllo al pronto soccorso.
Fantastico. Io detesto il pronto soccorso.
O meglio, detesto il caos che vi regna di solito, a voler essere precisi.
Rassegnata, raggiungo il piano terra e mi assicuro che tutti i pazienti stiano ricevendo le cure che gli spettano.
Quando arrivo all'ultimo lettino e scosto la tenda per vedere a chi appartengono le gambe che tremano visibilmente, sussulto.
Perché mai mi sarei aspettata di incontrare la brutta faccia pallida di Mason.
Lo guardo, e mi porto una mano al petto quando mi accorgo della maglietta sporca di sangue premuta contro il fianco.
Spalanco gli occhi, e lo stesso fa lui non appena, avvertendo la mia presenza, apre i suoi e incontra il mio sguardo terrorizzato.
<<Per quanto abbia sempre voglia di vederti, proprio stavolta avrei preferito che non fossi di turno>> prova a scherzare.
Parlare gli costa una smorfia di dolore.
Vorrei rispondere che lo avrei preferito anche io, ma non sarebbe nient'affatto vero perché, al contrario, ho la necessità di accertarmi che stia bene.
Che starà bene.
E poi, non voglio infierire.
<<Che diavolo ti è successo?>> gli domando, mentre mi affretto a spostare la maglietta per dare un'occhiata alla ferita.
Be', è una brutta ferita.
<<Oh, è una storia lunga. E magari te la racconto dopo che mi avranno dato qualcosa per il dolore, e mi avranno medicato>>
Stringe i denti, e tenta -invano- di frenare un'altra smorfia.
E allora una smorfia deforma anche le mie di labbra, mentre il cuore pompa sangue più velocemente del dovuto.
Ogni volta che lo vedo ferito, non posso evitare di ricordare i lividi che aveva addosso quando l'ho conosciuto. Quelli che, quotidianamente, gli infliggeva suo padre.
Fanno ancora più male a me che a lui, probabilmente.
<<Ti ha già visto un medico? Cosa ti hanno detto?>> sussurro, tutto a un tratto a corto di voce, mentre gli prendo la mano con cui non sta bloccando il sangue fra le mie.
<<Dieci minuti fa mi ha visto una donna, credo fosse un'infermiera. Mi ha dato un codice giallo, ha detto che non era un'emergenza. Ho una ferita da coltello sul fianco e perdo sangue come se dovessi dissanguarmi, ma non sono un codice rosso, ci credi? Mi ha assicurato che appena possibile, verrà un dottore a medicarmi>>
Ferita da coltello?
Che cazzo!
Devo mordermi la guancia per non insistere e costringerlo a raccontarmi seduta stante che diamine gli è accaduto.
Ad ogni modo, purtroppo non era il primo Lupo che veniva qui chiedendo aiuto, e ormai sapevo bene come li trattavano.
Mason era stato il primo una volta a dirmi che, a meno che non si trattasse di situazioni estremamente gravi, non ci venivano mai in ospedale, si occupavano loro stessi delle loro ferite come potevano.
E allora con la mia ingenuità da sedicenne gli domandavo perché non si togliessero gli anelli e i giubbotti di pelle e qualsiasi segno che potesse mostrare da dove venissero, e lui mi rispondeva che, intanto non era un cattivo che doveva nascondersi, e poi che in qualche modo li avrebbero riconosciuti comunque perché avevano una sorta di aura selvaggia che gli aleggiava attorno.
Era vero, anche senza quel giubbotto e l'anello, Mason gridava sono un Lupo da tutti i pori.
<<Andiamo via>> sbotto d'impulso, al suo ennesimo sbuffo di dolore.
<<Ho bisogno di punti, Avery...>>
<<Si, ma non li riceverai tanto presto se resti qui. Ti faranno aspettare apposta, e non mi fido del lavoro che potrebbero fare sapendo chi sei. Lo so, è uno schifo, ma è così. Mi dispiace. Finisco il turno tra un'ora, esco prima e ti porto a casa. Ci penso io>>
Questa non se l'aspettava.
Strano, Mason.
Pensavo di aver abbassato tutte le difese l'ultima volta con te.
Pensavo di averti lasciato vedere tutto.
Ogni briciola di amore che provo per te.
E che tu non vuoi.
<<Ti metterò nei guai e non voglio>> bisbiglia, lasciandomi la mano e voltando la testa dall'altra parte.
Dio, se mi fa infuriare quest'uomo.
<<E io non voglio lasciarti in questo posto, d'accordo? Vuoi che ammetta che sono preoccupata da morire? Vuoi che ti dica che non sopporto di saperti nelle loro mani? Ok, l'ho detto, e adesso vieni con me senza fare storie!>> ribatto, alterandomi.
I suoi occhi si riempiono di dolcezza, e di qualcos'altro.
So cos'è quel qualcos'altro.
Ma non voglio dargli un nome.
<<Se pensi che abbia bisogno di sentirtelo dire per saperlo, se pensi che non sia evidente, se pensi che non si veda o che io non lo veda... che io non sappia cosa provi per me, allora non ti conosci bene. E io continuo a conoscerti meglio di quanto tu stessa o chiunque altro siate mai riusciti a fare>>
Come poteva dirmi certe parole adesso?
Dopo avermi respinta?
Stava delirando, non c'era altra spiegazione.
<<Non sei affatto furbo, sai? Io non farei incazzare la donna che sta per mettermi le mani addosso per curarmi>> lo avverto.
<<Sono abbastanza sicuro del fatto che tu non mi faresti mai del male. Non fisicamente>>
"Non fisicamente".
<<Va' fuori, aspettami nel parcheggio. Conosci la mia auto, è nell'area B. Fermati lì. Prendo quello che mi serve, esco prima, e ti raggiungo>>
Mason mi guarda ancora una volta, ma poi senza fare altre storie scende piano dal lettino, e me lo ritrovo vicinissimo.
Profuma semplicemente di Mason, e tanto basta a farmi già girare la testa, accidenti a lui.
Dovrei spostarmi. E invece me ne resto lì ad assorbire il calore che emana, ad assorbire indirettamente un po' di Mason.
<<Grazie Avery. Non lo merito, lo so>> bisbiglia sincero
<<Ce la fai a camminare?>> chiedo, ignorando l'ultima frase.
Annuisce, e io lo osservo allontanarsi a fatica, strisciando i piedi sul pavimento.
Devo impormi di restare ferma per non seguirlo e accompagnarlo io stessa -per non sorreggerlo come ho sempre avuto bisogno di fare quando lo vedevo barcollare.
Da ragazzini, lo avevamo promesso che ci saremmo stati sempre l'uno per l'altro, e io quella promessa non la dimenticavo.
E forse anche lui se la ricordava e si dispiaceva di non poterla mantenere.
Adesso però, violarla faceva più male a me.
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Finché Respiro (Until I Breathe #1)
ChickLit#1 La Storia Di Jade e Jude "Se fossi una favola, saresti Alice nel Paese delle Meraviglie. Hai la follia del Cappellaio Matto e il sorriso dello Stregatto." * * * Era iniziato tutto come un gioco fra Jade e Jude. L...