Avery
Credevo di sapere cosa fosse l'odio.
Ma oggi, non ne sono più tanto sicura.
Perché lo sto provando per Mason.
E lo sto provando mentre continuo ad amarlo.
È possibile?
Questo è un odio nuovo però, un odio diverso, un odio che ha un altro sapore.
È quel tipo di odio che viene forgiato sulla stessa moneta dell'amore.
E allora proprio in questo momento, capisco cosa vuol dire che entrambi questi sentimenti, sono la faccia della stessa medaglia.
Una medaglia che ti porti in tasca, due sentimenti che possono benissimo convivere e coesistere.
Ogni giorno ti svegli, lanci la moneta, e aspetti di scoprire quale dei due prenderà il sopravvento.
Ieri, con me aveva vinto l'amore.
Ma oggi, quell'odio che non è odio si è preso la rivincita.
Quell'odio che non vuole fare del male, quell'odio che è più che altro amore tossico, amore andato a male, amore scaduto.
Quell'odio che consuma te, ma che non vuole consumare lui.
Quell'odio che pretende delle risposte.
Sì, riposte.
Sto vendendo a prendermele Mason.~🐺~🐺~🐺~
Di solito mi ha sempre fatto un certo effetto addentrarmi in queste strade sterrate per arrivare nel territorio dei Lupi.
Oggi, non ci faccio neppure caso.
La mia mente è altrove, la mia mente è stanca e confusa e spaventata.
Spaventata delle condizioni in cui verserò nella strada di ritorno, spaventata da quelle risposte che sto cercando.
Quando hai sedici anni puoi permetterti di crollare per amore, quando ne hai più del doppio con tanto di figlia al carico, non più.
Eppure in quei giorni l'assenza di Mason aveva ripreso a bruciare troppo, quell'assenza si sentiva anche se non c'era niente da sentire, e dire che di poterlo riavere sul serio, mi ero illusa davvero soltanto per qualcosa come dodici ore.
Prima, era riapparso nella mia vita tramite la bocca di Jade, e lì soltanto sentire il suo nome mi aveva terrorizzata.
Poi ero andata a cercarlo, e ed era stato come prendere la scossa.
Poi aveva preso a cercarmi lui, e io avevo perso l'quilibrio.
Poi avevamo continuato a vederci -seppur dentro ad un carcere- e io avevo cominciato a farmi delle domande, ed infine ad allontanare Mark.
Poi lui da quel carcere era uscito, e io avevo deciso che lo rivolevo.
E non avevo bisogno di aspettare una sua risposta in proposito, perchè Mason era stato quello che mi aveva rivoluta indietro per primo.
Perciò, quella sera in casa sua e quella notte tra le sue braccia, anche senza aver ricevuto alcun bacio o un tocco di troppo, io proprio lì mi ero illusa che saremmo tornati ad essere Mason ed Avery.
Gli stessi che erano finiti per la seconda volta in una sorta di inferno, ma che lo attraversavano ancora mano nella mano.
La mattina dopo, lui quella mano me l'aveva lasciata.
E io potevo benissimo sospettarne il motivo.
Voleva rimanerci da solo all'inferno.
È ora di pranzo quando fermo l'auto davanti al suo locale, scendo, e vado direttamente sul retro sperando di trovarlo da solo in casa.
Busso sul legno malridotto per un po', e sto quasi per rassegnarmi al fatto che non ci sia quando finalmente apre la porta, sbadigliando e passandosi una mano fra i capelli.
Stava dormendo.
E non ne ho la certezza soltanto perché la sua faccia è vagamente assonnata, ma perché so riconoscere il tipo di espressione che ha stampata in viso per ogni situazione in cui lo sorprendo.
So riconoscere quando ha fame, quando è appena uscito da una doccia rigenerante, quando vuole attenzioni, quando quelle attenzioni le riceve ed è soddisfatto.
Mason non si aspettava che fossi io -eppure doveva saperlo quanto potevo essere ostinata e testarda- e nel vedermi, i suoi occhi si spalancano e lui si sveglia di colpo.
<<Mi fai entrare?>> chiedo sbrigativa.
Ci pensa -ci pensa sul serio- e allora appena apre bocca, piuttosto che aspettare la sua risposta, lo spingo di lato ed entro lo stesso.
Mi piazzo al centro della stanza, e lo aspetto con le mani sui fianchi e un'espressione gelida sul viso.
Chissà come, riesco a mantenerla davanti alla sua sempre più distrutta.
Mason mi raggiunge, e tenendosi a debita distanza incrocia le braccia al petto.
È remissivo, fatica a sostenere il mio sguardo, e capisco che si vergogna di ciò che ha fatto.
<<Ti ho svegliato?>> divago, giusto per dargli un momento prima di partire all'attacco.
<<Dormo quando posso ultimamente. La notte faccio fatica, perciò mi addormento negli orari più strani. Non importa comunque>>
<<In effeti no. Abbiamo cose più importanti da risolvere, giusto?>>
<<Io non ho nulla da risolvere con te Avery>> sospira.
<<Un giorno sono "tesoro", un giorno sono solo Avery. Decidi come chiamarmi in base alla camicia da mettere? Decidi allo stesso modo se un giorno mi vuoi e quello dopo non più?>>
Uno sguardo tagliente.
Riconosco anche quello, quello che fa quando sminuisco ciò che prova.
E davvero non serve che aggiunga nulla, i suoi occhi se ne stanno lì a guardarmi e a dirmi "aspetto che tu ti accorga da sola della grande cazzata che hai sputato fuori".
Scuoto la testa, e gli rivolgo un sorriso amaro.
E aspetto. Non so bene cosa.
<<Che ci fai qui?>>
Potrei fare la sostenuta, potrei fare la velenosa, la stronza, la ragazza ferita, quella innamorata.
Faccio la ragazza sincera.
Perché stavolta, con lui, dire la verità è più facile che sostenere una bugia.
<<Ti ho detto che non sarei mai stata capace di lasciarti andare mentre stavi male. E, be', ho appena appurato che non ci riesco davvero. Neanche se mi allontani tu>>
Il suo corpo ha un fremito, le sue mani tremano, i suoi occhi luccicano.
Qualsiasi cosa gli uscirà di bocca, io ho già visto l'effetto che la mia confessione ha avuto davvero.
<<Certo che non ci riesci>> bisbiglia alla fine.
E le sue mani tremano più forte mentre se le passa fra i capelli.
Guarda il pavimento, guarda il divano sfatto, guarda fuori dalla finestra.
E allora io mi avvicino per riempire il suo spazio e costringerlo a non divagare con lo sguardo.
So capirlo meglio quando mi guarda, e ho bisogno di quella connessione solo nostra per mettere da parte l'orgoglio e restargli di fronte.
Lui stringe una mano a pugno, poi la solleva, la riabbassa, la ristringe, e infine incapace di restarsene buona, quella mano finisce prima fra i miei capelli e poi sulla mia guancia.
Ed è lì che deve stare. Ed è questa casa sua.
Io sono casa sua.
Lo vedo come un momento di debolezza, e ne approfitto.
<<Non puoi fare questo e poi allontanarmi. Non puoi costruire una trappola all'improvviso, farmici cadere dentro, e poi lasciarmi lì da sola. Non puoi non darmi almeno delle spiegazioni decenti. Non dopo quello che mi hai detto, non dopo come mi hai stretta e toccata e guardata>>
E lusingata, e braccata, e amata.
<<Era più forte di me Avery. Sei sempre stata più forte di me, e lo sai. Credevo di essere un uomo forte e padrone di me stesso a trentotto anni, e invece con te non resistevo in niente. Quando mai non ho fatto altro che crollare davanti ai tuoi sorrisi? Però non ti ho baciata quella sera, non ho fatto niente con te quella notte sebbene sentissi benissimo quanto lo volevi e quanto ne avessi bisogno. Hai idea di quanta forza nonostante il dolore che stavo attraversando -o forse ancora di più proprio per quello- mi ci sia voluta per non darti quello che il tuo corpo silenziosamente mi chiedeva? Quello che il mio stesso corpo mi implorava di prendermi?>>
<<Quindi, quella sera sapevi già che mi avresti allontanata il giorno dopo?>>
<<Ci stavo pensando, si. Non ti avrei mai portata a letto per poi lasciarti>>
<<Ma mi hai stretta tutta la notte>> gli faccio notare.
<<Eri lì Avery>>
"Eri lì Avery".
E non serve che aggiunga altro neanche stavolta, eh?
Ero lì, ed era come se la potenza di ciò che provavamo distruggesse la nostra ragione, la mettesse fuori gioco per qualche ora.
Ero lì, e avermi lì e starmi lontano era semplicemente impensabile.
Quella sera ero lì, ma c'ero anche adesso.
E mi ci volevano tutta la lucidità e tutti gli sforzi di questo mondo per controllare la fame.
Avevo riavuto qualcosa di lui, ma non ancora tutto.
E quello che non avevamo avuto modo e tempo di riprenderci, aveva lasciato una mancanza che bruciava. Una mancanza che adesso faceva stringere a me i pugni pur di non lasciare vincere il mio corpo.
<<Devi andartene. Ci facciamo solo più male a starcene qui a guardarci, a starcene qui a costringerci a resisterci>>
<<Dimmi la verità, e poi magari me ne vado davvero>>
<<Non puoi obbligarmi>> replica poco convinto.
E a questo punto, esplodo.
<<Mi stai facendo incazzare! Non ti permetto di trattarmi così, come se non avessi valore, come se non me la meritassi neanche la verità. Lo sai cos'è che più di tutto mi ha attratta in te? Tu mi rispettavi, tu non ti sentivi superiore, tu mettevi me anche sopra di te. Ma io non voglio stare né sopra né sotto, io voglio stare al tuo stesso livello. Se non mi dici come stanno le cose, mi manchi di rispetto. E io non ti vedrò mai più allo stesso modo>>
Perciò ti prego, parla Mason, trattami come hai sempre fatto.
Mi hai pregata per mesi di ritornare la stessa di sempre.
E adesso che un po' mi ci sento sul serio-adesso che temo tu, per quanto assurdo, sembri averla vinta davvero la tua battaglia- non puoi portarmi via il Mason che era l'altra metà di questa Avery.
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Finché Respiro (Until I Breathe #1)
ChickLit#1 La Storia Di Jade e Jude "Se fossi una favola, saresti Alice nel Paese delle Meraviglie. Hai la follia del Cappellaio Matto e il sorriso dello Stregatto." * * * Era iniziato tutto come un gioco fra Jade e Jude. L...