Ventisette ~ Mi Sto Perdendo

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Mason

Dimostrami che ho torto.
Dimostra a te stessa che sei la stessa di sempre.
Dimostra a Mark che non può cambiarti, nemmeno un grammo di quella che sei, nemmeno una briciola di te.
Di certo, non la tua essenza.
Quella Avery che lei non vuole le ricordi che era, brucia dietro ai suoi occhi mentre guarda la moto.
Lo so che vuoi salirci.
Lo so che vuoi salirci con me.
Un'altra prima volta tesoro?
<<Mi auguro che tu sappia guidarla>> sospira alla fine.
<<Muori dalla voglia di controllare eh?>> la stuzzico.
E lo so che sembra che qualsiasi cosa ottenga per me non sia mai abbastanza, ma quando si tratta di lei... Fatico ad accettare le mezze misure.
E poi, sono abbastanza certo che neppure Avery voglia un Mason che si trattiene, un Mason che non sia il Mason che ha sempre conosciuto lei.
<<Non ti montare la testa>>
<<Se mi guardi così, è un po' difficile>> ribatto sfacciato.
E so di camminare su un terreno sicuro: è lei che ad un certo punto ha cambiato tono e si é fatta più docile, più disposta a giocare al mio gioco.
Adesso, non può aspettarsi niente di meno di me che oso sempre un pizzico di più.
E poi, sbaglio o sta proprio flirtando?
<<Hai le allucinazioni>> borbotta.
<<O io ho le allucinazioni, o tu hai poca consapevolezza di te stessa>>
Oppure semplicemente, stai mentendo.
<<Già, sei così affascinante che perdo lucidità>>
<<Mi fa piacere sapere che le cose non sono cambiate poi molto>>
<<Tranne che per il fatto che ho trovato qualcuno ancora più affascinante di te>>
Ha giusto il tempo di finire quella frase prima di rendersi conto di cos'è che di preciso ha appena detto, e prima di chiedersi se non abbia esagerato.
Immagino che quelle parole dovrebbero farmi male.
Di certo, mi danno fastidio.
Ma se non vanno a segno come avrebbero dovuto, è solo perché non ci leggo neppure un briciolo di verità dentro.
Per tutta risposta, scoppio in una risata esagerata.
E la mia non è poca modestia, e non è neppure arroganza.
Solo, che io li colgo ancora maledettamente bene i segnali che mi mandano i suoi occhi e il suo corpo, e so ancora riconoscere quando è nervosa, quando è emozionata, quando sta provando qualcosa, quando sta mentendo.
<<Sali Avery>>
Mi sistemo sulla moto, e attendo che lei mi imiti.
Mi sorprende ancora quando le sue braccia mi avvolgono il busto, e le sue mani si posano sulla mia pancia creando una sorta di intimo abbraccio.
Il suo gesto è molto più di quanto mi aspettassi, perché si stringe a me -dal seno che preme sulla mia schiena alle cosce che aderiscono alle mie- e mi lascia godere di quel meraviglioso contatto.
Incapace di far finta di nulla mi volto a guardarla, ed Avery mi scocca un sorriso furbo.
<<Questo è per tutte le volte che mi sfidi, per quelle che sconfini, per quelle che non mi lasci in pace, per quelle che mi stuzzichi. Volevi questo? Sentirmi addosso così? Bene, sei stato accontentato Mason. Ma sono certa che il tuo corpo soffrirà da morire quando si accorgerà che non avrà nient'altro dopo>> mi sussurra suadente all'orecchio.
Quella voce. Quel tono di voce.
Quel tono che da quello di una ragazzina si è trasformato in quello di una donna, e che lei sa usare davvero bene.
Ammetto che fatico non poco a costringermi a cercare una risposta piuttosto che lasciarmi andare ai pensieri che minuto dopo minuto Avery scaturisce in me.
Ai pensieri che minuto dopo minuto, si fanno sempre più dolorosi, bisognosi, proibiti. Bellissimi.
<<Puoi anche fingere che quello che sono non ti vada bene, ma l'attrazione che c'è fra noi non la puoi negare. Perciò, nel caso, non sarei solo io quello messo male stasera>>
<<Oh, ma io ho un uomo che mi aspetta a casa che sarà ben disposto a rimediare>> mi soffia sul collo.
Non voleva essere cattiva, lo so per certo perché attraverso la sua voce percepisco che questo è ancora il suo modo di giocare.
Per cui, non si accorge neppure di cosa significhino per me quelle parole.
Ad ogni modo, mi sforzo di non darlo a vedere, e non demordo.
<<Lo vuoi sapere come finirà invece? Gli dirai che hai mal di testa, spegnerai le luci, chiuderai gli occhi, e penserai esattamente a questo momento. Ci ripenserai all'infinito Avery. E il resto, te lo immaginerai tu>>
La mia premonizione al contrario di me sì che era arrogante, ma non me ne importava niente.
<<Forse stai descrivendo la tua serata>> sibila piccata.
<<Si, anche>> ammicco.
Mi becco un pizzicotto sui fianchi, dopodiché lei mi intima di partire.
La accontento, e grazie al suo corpo che si preme sempre di più sul mio quando prendiamo le curve, e alle sue braccia che mi circondano la vita, questo diventa il viaggio migliore di sempre.
È così bello cazzo, che allora invece di riportarla subito a casa faccio il giro lungo della città, e mi prendo almeno ben venti minuti in più.
E non sono comunque abbastanza, non potrebbero mai essere abbastanza.
Non se mi guardo indietro e penso al tempo che abbiamo perso e che non ci restituirà più nessuno, o a quello che abbiamo davanti e che sta per essere sprecato allo stesso modo nonostante tutte le consapevolezze che ci rivestono corpo, cuore e anima.
Quando arriviamo davanti casa sua, mi aspetto una sfuriata.
<<Sai che non sono stupida vero?>> cantilena invece tranquilla.
Oggi fatico a stare al passo con i suoi cambi repentini di umore.
<<Volevo soltanto stare qualche minuto in più con te>> replico con tutta la calma di questo mondo.
Avery sostiene il mio sguardo, sbircia e ruba ogni singola emozione e sensazione che sto provando, e infine alza gli occhi al cielo.
Ma ormai l'ho vista la tua avidità. E so che pensi di non avere più il diritto di sentirti così verso di me, ma quella stessa avidità è forse il tratto che più ci contraddistingue.
L'abbiamo sempre provata: non ci bastavamo mai, volevamo tutto, anche i segreti più nascosti.
E non ci accontentavamo e non ci fermavamo finché non avevamo ceduto all'altro fino all'ultima goccia di energia, di parole, di baci, di verità, di bugie.
<<Grazie del passaggio. Credo che tu debba andare ora>>
Il fatto è tesoro, che andarmene è proprio l'ultima cosa che voglio.
<<Posso restare un altro po'?>>
Sento che lo stesso desiderio di volere che questo pomeriggio non finisca mai, lo sta silenziosamente esprimendo anche lei.
<<E per fare cosa Mason?>> ribatte sardonica.
Oh, avrei così tante idee al riguardo.
Per una volta però, scelgo la strada più semplice.
<<Parliamo>>
<<E di cosa? Del mio matrimonio? Di te che fai... qualsiasi cosa tu faccia rinchiuso nella tua tana?>>
C'è amarezza ora nella sua voce.
<<Davvero non ti importa niente della mia vita di oggi? Non chiedi mai niente di me>>
<<Non è più affar mio>> replica scrollando le spalle.
Poi si allontana, anche se vedo una luce diversa nei suoi occhi e so che le frulla qualcosa per la testa.
Rassegnato, sto per rimettermi il casco quando torna indietro.
<<Esattamente, quanti anni ha Evan?>>
Quell'uscita non mi sorprende. Era ovvio che le sue domande su di me -domande che fingeva di non porsi- riguardassero lui.
<<Sedici>>
Fa una smorfia, mi guarda delusa, e fa di nuovo per allontanarsi. Stavolta sono io che la freno prendendola per un braccio.
<<Vuoi sapere com'è andata? Avanti, chiedimelo. Chiedimelo invece di fare supposizioni!>>
<<D'accordo! Com'è andata Mason? Hai aspettato che uscissi dalla porta e ne hai fatta entrare un'altra? O ce l'avevi già di riserva nell'armadio?>> sputa velenosa.
E giuro che in quella manciata di parole, percepisco tutto il dolore che ha provato fin troppo spesso a nascondere.
Tutto, e identico al mio.
<<Non provare a mettere in dubbio quello che provavo per te. È andata che tu te ne sei andata, che ho saputo da un amico che Jade era nata, che quando ha compiuto un mese, aspettavo da trenta giorni che me la facessi vedere anche se avevi chiarito come sarebbero proseguite le cose. Non ti vedevo da quattro mesi e non sapevo che faccia avesse mia figlia, sapevo solo che da qualche parte c'era un piccolo fagottino rosa che mi apparteneva, ma che non avrei mai avuto. Quella sera sono andata a letto con un'altra, sì. Non ero nemmeno in me. E altri mesi dopo, mi sono trovato un bambino sulla porta e lei che non lo voleva. Quel bambino mi ha salvato. E non so cosa pensi di lui ma è un bravo ragazzo. E io so essere un padre>>
E il mio tono è severo, il mio tono non ammette repliche stavolta.
<<Non penso nulla, non lo conosco. E non eri tu il problema, lo sai bene>>
Ci guardiamo negli occhi, e alla fine annuisco perché sì, so bene qual'era il problema.
Il problema era che ad Avery poteva anche andar bene il posto da dove venivo, ma a questa città no.
E a lei non sarebbe importato di finire sul rogo.
Ma non avrebbe mai lasciato che ci finisse sua figlia.

Finché Respiro (Until I Breathe #1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora