5. Girls Talk Boys

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LENA

Dopo essermi ripresa finalmente dal mio malessere post Robert cazzuto Smith, raggiunsi i miei amici e Luke al campo sportivo dietro la scuola. Lo STUDIO98 era munito di un campo sportivo, il quale si potevano praticare i diversi sport presenti nella nostra scuola.
«Bene matricole, scusatemi per il ritardo ma c'è stato un problemino tecnico con dei sentimenti e persone del cazzo, scusate anche l'espressione» si misero a ridere e sospirai. Mi misi sopra ad un tavolo, in modo da farmi vedere da tutti i ragazzini. Luke si sedette alla panca sotto esso.
«Questo campo sportivo è qui da soli tre anni. È suddiviso in cinque aree: quella di calcio, quella da basket, quella da tennis e pallavolo -entrambe perché la rete si può sia alzare che abbassare- e poi abbiamo la piscina, che come vedete è coperta» si sedettero sull'erbetta sintetica. Eravamo nel campo da calcio, era il più grande di tutti. «Domande?»
«Ci sono solo squadre maschili?» il ragazzino di prima, Alex fece la sua quarta domanda. Mi stava simpatico, il suo look mi ricordava molto Spongebob Squarepants.
«Certo che no Alex» decisi di sedermi sul tavolo. Poggiai i piedi sulla panca e Luke si spostò di poco per farmi sistemare.
«Scusa» alzò le spalle e si mise gli occhiali da sole. Un mancamento, un'ambulanza.
«In America hanno Chicago Bulls, Wild Cats, Lakers e tanti altri. Qui cosa abbiamo?» una ragazza, che sembrava essere uscita da un fumetto manga, domandò.
«El sol de Sudamérica»
«Che cazzo di nome è?!» Luke mi fece prendere un colpo. Come si poteva essere più arroganti di così?
«L'ho scelto io, dato che solo l'anno scorso ci siamo inseriti nei tornei scolastici» lo guardai, sia triste che arrabbiata. Mancava solo un litigio con il mio assistente per fare un quadretto completo del giorno.
«Scusa la mia insistenza, ma per un nome di una squadra di calcio o basket, ci vuole la consulenza di un ragazzo o di qualsiasi gene maschile» e il quel momento, mi venne solo da prenderlo a schiaffi. Mi contenni dando un pugno al tavolo e scendendo da esso.
«Come scusa?» pensavo di averlo detto io, ma invece la ragazzina cosplayer intervenne al mio posto. «Pensi veramente che voi ragazzi siate più bravi di noi ragazze? Voi siete solo persi senza di noi. Amore dove sono i miei pantaloni? Amore hai visto le chiavi? Amore cosa c'è per cena? Amore hai visto il fascicolo dove c'è scritto SONO UN EMERITO CAZZONE?» fece un passo verso di lui e lo guardò con sguardo di sfida. La situazione si stava scaldando.
«Senti chi parla! Senza di noi, voi non avreste nessuna ragione di vita» credevo fosse Luke, invece fu una matricola. Se non sbaglio era George. Ragazzo carino, alto e vestito con camicia di jeans e pantaloni neri. «Sono davvero esausta, mi faresti un massaggio? Amore mi fai le coccole? Questo ciclo mi uccide. Amore mi sono scordata di prendere il pane, puoi andarlo a prendere tu?» la sua voce diventò acuta, come se volesse imitare una ragazza. «Ma certo amore, posso andarlo a prendere, magari vuoi altro? Tipo mezza spesa che hai scordato, sai ho avuto una giornata abbastanza pesante a lavoro, e voglio farmela pesare di più, non c'è mica la Champions in tv» e nemmeno due minuti, che si scatenò l'inferno. Ragazzi contro le ragazze. Urla da per tutto e per poco qualcuno non si faceva male. Uccisi Luke con lo sguardo e lui se ne fregò. Nemmeno passato un solo giorno, e già aveva creato una faida tra sessi.
«Che cavolo sta succedendo!» qualcuno urlò e finalmente il caos si placò. Mi girai e lo vidi. Due volte in un solo giorno. Presi un grosso respiro e andai da lui.
«Professore mi dispiace, ma a quanto pare a qualcuno non va giù che una ragazza scelga il nome delle squadre» alzai gli occhi al cielo.
«Oh scusa se non sono stato fine a dirti che fa schifo come fai le cose»
Mi girai verso Luke e lo guardai malissimo.
«Scusa? Ripetilo se ne hai il coraggio».
«Fa schifo come fai le cose. Insomma, chi vuole sentire un noioso discorso di cosa c'è o non c'è in una scuola. Hanno pur fatto un diamine di orientamento questi poveri ragazzi! E poi, scusa eh, ma fa proprio vomitare El sol de Sudamerica o come si chiama lei» rise. Lo guardai ancora, ma non dissi niente. Mi avvicinai soltanto, guardandolo negli occhi con tutto il disprezzo e la rabbia necessaria. E poi gli diedi uno schiaffo. Rimase fermo, non si mosse. La mano mi faceva male e notai di avergli lasciato un piccolo graffio a causa dell'anello che portavo al dito. Ben gli sta.
C'era un tale silenzio attorno a noi che rendeva il tutto molto ansioso. Il biondo rise e scosse la testa, come se fosse divertito. Mi stava veramente urtando.
«Cosa c'è di tanto divertente? Una ragazza che ti dà uno schiaffo? O è troppo da maschio alzare le mani?» lo guardai con aria di sfida, ma rise ancora di più.
«Ti credi la regina di tutto solo perché sei rappresentante da quattro anni di seguito? Credi di avere la benevolezza di tutti quelli che ti stanno intorno? Ti sbagli mia cara, perché al liceo o in qualsiasi scuola tu vada, devi pensare a salvarti il culo da sola non andando dalla rappresentante che poi va dal preside o dai suoi amichetti. Cresci un po' Lena, non siamo in un film ma nella realtà» misi le braccia lungo i fianchi e strinsi i pugni. Se avesse detto altro sarei scoppiata, e gli avrei dato altri venti schiaffi. Ma rimasi ferma, presi un respiro profondo e lo guardai di nuovo.
«Uno: Si dice benevolenza, non benevolezza. Due: Non mi sento superiore a nessuno, tantomeno a un coglione del cazzo come te. Anzi, mi fai proprio pena perché sei un menefreghista de mierda. Tre: Se mi va di fare discorsi lunghi, gli faccio quanto mi pare e piace. Quattro: Se qualcuno ha un problema interno alla scuola, viene dalla sottoscritta per questione di principio. Leggiti il manuale, magari ti acculturi un po'. Cinque: faccio questo da quattro anni, come dici tu, perché mi piace aiutare gli altri ed essere altruista, non come te che stai a criticare le cose che fanno le altre persone per poi ricevere uno schiaffo in faccia» presi un grosso respiro e continuai a guardarlo, mentre tutti i ragazzi si erano fermati a guardare il teatrino che avevamo messo in atto. «Sei: se hai qualche problema di come faccio le cose, beh fattene una ragione perché sarà un anno lungo per te e di certo non mi farò mettere un bastone tra le ruote da un tipo come te. Se non volevi metterti in mezzo a tutto questo» feci un gesto con le mani per indicare quello che avevamo attorno «Potevi anche rimanerti nella tua di scuola a criticare le cose degli altri» conclusi, per poi dargli le spalle e rientrare dentro.

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