50. No Control

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LENA

«Era strana» io e Luke, dopo pranzo, avevamo deciso di passare il resto del pomeriggio insieme. Volevo sperimentare con lui la vita da persone normali e, in questo momento, lui spingeva un carrello e io prendevo le cose scritte sulla lista della spesa. Olga cercò in tutti i modi di farmi cambiare idea, ma era quello che serviva a me a Luke per continuare a conoscerci meglio. Stavamo insieme, certo, ma continuare il tragitto della felicità con maggiori informazioni su entrambi non faceva male a nessuno.
«Chi?» presi una cassetta di latte e la misi nel carrello. Prima della spesa io e Luke eravamo passatti da Kayla per vedere le sue condizioni. Domani sarebbe stata rimessa e sarebbe tornata a casa, nel frattempo Gabriel e gli altri erano a casa sua e raccontavano le vicende degli ultimi mesi ai suoi genitori. Con mia sorpresa la madre di Kayla, Kira, mi chiamò. Era in lacrime e non ho mai ricevuto così tanti ringraziamenti da parte di una persona in soli due minuti. Dovevo farmi perdonare da quella famiglia e avevo in mente il regalo perfetto per tutti e tre.
«Kayla mi amor. Era strana» ci fermammo di fronte una fila di persone che aspettavano il proprio turno alla cassa. Guardai lista e carrello, non mancava niente e sospirai soddisfatta. Era la prima volta che andavo in un supermercato ed era anche con Luke. Com'è picolo il mondo.
«Era stanca molto probabilmente. Capiscila, anche lei non è stata bene in questi mesi» mormorò e lo guardai. Annuii e non potevo non negare quello che stava dicendo. In questi due mesi tutti abbiamo sofferto, noi due e Kayla molto più.
«Hai ragione, pensiamo solo ad ora, che è tutto finito» sospirai e lui mi diede un bacio sulla fronte. Avanzammo velocemente nella fila e nel giro di dieci minuti eravamo fuori il supermercato e mettevamo la spesa nella macchina.

Per comodità avevamo preso la mia adorata cinquecento. Era sacra, soprattutto perché la usavo poco e per quando dovevo andare in giro a fare compere con Kayla o Gabriel.
Ora Luke era sul lato del conducente e guidava tranquillamente. Era davvero bello, tanto che li feci una foto di sfuggita e lo menzionai in una mia storia su instagram.
«Sei dipendente dai social, lo sai?» scosse la testa e si passò una mano tra i ricci e si fermò ad un semaforo. Era davvero sexy quando faceva quel gesto.
«E tu sei un copione di outfit» quel giorno non so cosa fosse successo, ma appena uscii dalla cabina armadio mi ritrovai vestita come lui. Avevo optato per un completo nero con pantaloni a sigaretta e blazer, sotto un semplice maglioncino bianco a collo alto. Guardai Luke quella mattina e se non fosse per i colori, sembrava davvero che ci fossimo messi d'accordo e vestiti uguali.
«Sei tu che in quell'armadio hai tutto. Dimmi, hai anche una stanza nascosta dietro lo specchio?» mi prese in giro lui, mentre parcheggiava e spegneva la macchina. Lo guardai e scossi la testa divertita.
«Certo, una stanza dei giochi come quella di Christian Grey» scendemmo dalla macchina e notai che mordeva il labbro mentre mi guardava da capo a piede. Delle volte temevo che lui avesse la vista a raggi X e potesse vedermi nuda. Ma poi mi dicevo che non era Tony Stark, e i miei muscoli si rilassavano.
Vorresti andare a letto con me, vero signorina?
Scacciai via la mia coscienza e andai vicino al mio ragazzo.
«Non mi dispiace legarti al letto o al soffitto. Saresti così eccitante» mormorò, facendomi arrossire su tutto corpo. Aveva sempre la battuta pronta.
«Luke Hemmings, i commenti porno a casa» gli diedi un pizzicotto e iniziai a camminare con lui al mio fianco. Ridacchiò e per pochi minuti ci godemmo quel momento.

Eravamo al Giardino botanico di Buenos Aires e l'aria che si respirava era pura magia. Chiusi gli occhi e mi poggiai con la testa sulla spalla di Luke, ascoltando e percependo ogni singolo dettaglio di questa fantastica giornata.
L'odore dell'erba invase le mie narici e il fruscio delle foglie causato dal vento, era un sottofondo dolcissimo accompagnato dal rumorio della fontana al centro del parco. Aprii gli occhi e tutto mi sembrava non reale, come se avessero preso questo posto in un libro per bambini e lo avessero messo qui. Panchine in legno su un prato verde, che profumava di rugiada del primo mattino e dove alcune persone erano stese sopra dei teli. Dei bambini giocavano con la palla, altri si rincorrevano e altri ancora si divertivano con i propri genitori. Sorrisi a quella scena e seguii Luke che si sedeva sotto l'ombra di un albero e mi fece cenno di sedermi sopra le sue gambe. Non me lo feci ripetere e in due secondi mi ritrovai a cavalcioni sopra di lui.
Il sole filtrava tra le chiome degli alberi e accarezzavano il viso di Luke. Il suo profilo era bellissimo, l'accenno di barba e le sue labbra rosee. I suoi occhi coperti da un paio di rayban e i capelli sfioravano i lati del suo viso. La linea del suo collo era tesa verso dietro, essendo che la sua testa era poggiata sul tronco dietro di lui. I miei occhi scesero giù, sul suo petto e le sue scapole scoperte. Morsi il labbro e portai una mano sulla pelle nuda e iniziai ad accerezzarla. Sentii i brividi percorrere su di essa e sorrisi per l'effetto che facevo a questo ragazzo. Salii con le dita sul suo collo e portai le labbra su di esso. Era troppo invitante ed era come chiedere ad un vampiro di non bere sangue.
«Lena Sosa, sarai la rovina dei miei ormoni» mormorò, portando le sue mani sotto la mia giacca e iniziando ad accarezzarmi la schiena. Il maglione non copriva abbastanza la mia pelle e fui scossa dal piacere su tutta la curva della spina dorsale. Anche lui sarebbe stato la mia rovina. Una dolce e lenta rovina.
«Il sentimento è reciproco, Lucas» mormorai, staccandomi dal suo collo appena finii di succhiarglielo. Una macchia viola aleggiava tra di esso e la spalla. Il ragazzo sotto di me trattenne un mugolio e quando mi sistemai sopra di lui, notai che un problema aleggiava dentro i suoi pantaloni. Morsi il labbro e cercai di non ridere.
«Se non vuoi che gli altri ti vedano nuda, potresti star ferma?» si lamentò, mettendosi gli occhiali in testa e guardandomi. I suoi occhi erano più chiari e notai delle macchioline verdi all'interno di essi. Gli accarezzai i capelli e sfoggiai il sorriso più innocente del mondo.
«Non è colpa mia se Lucas II è sempre in agguato» lo canzonai, lasciandogli un bacio sulle labbra e continuando a sorridere. Mi guardò male e scosse la testa. Amavo esasperarlo.
«Appena torniamo a casa ti faccio vedere io un agguato» strinse le mani sul mio sedere e mi fece andare contro di lui, mugolando. Eravamo in un diamine di parco e lui stava facendo partire anche i miei di ormoni!
«Luke, se non vuoi che dei bambini mi vedano prendere il gelato, potresti star fermo?» si mise a ridere per la pessima battuta. Io non trovavo niente di divertente in tutto ciò, ma la sua risata era il suono più bello che le mie orecchie avessero mai sentito e risi anche io. Abbracciai questo demente e mi strinsi a lui, affondando il viso nel suo collo e accarezzandolo con il naso. Era tutto così prefetto e niente poteva rovinare quel momento intimo tra di noi.

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