36. Broken Pieces

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LENA

E dopo quello che mi disse, me ne andai. Lasciando Luke con il suo amore verso i miei confronti.
Lasciando tutto quanto alle spalle, insieme a mio fratello, Crystal e Michael. Lasciando tutto lo schifo in quella casa, tutta la mia storia e tutte le cose brutte che le persone al mio fianco avevano fatto e nascosto per il mio bene.
Dicevano che ero la speranza della famiglia, che potevo salvare tutto quanto e dar fine ad una persecuzione infinita... Ma come potevo esserlo o farlo, se prima non salvavo me stessa?
Non avevo la minima idea di quello che stavo facendo in questo momento, ma con il cellulare spento e la testa disconnessa dai pensieri, le mie gambe camminarono da sole portandomi dalla persona che meno mi venne in mente in questi giorni.

Nonostante tutto, nonostante il male che mi aveva fatto undici mesi fa, lui era sempre presente quando stavo male. Quando c'era un problema, la sua presenza mi faceva sentire al sicuro e ora, avevo bisogno delle sue braccia e di sfogarmi con qualcuno che non fosse Luke, che non fosse Edward o Michael. Avevo bisogno di qualcuno che non fosse la mia famiglia, se tale potevo definire, o qualcuno che non fosse Gabriel o Julian o Frederich.
Avevo bisogno di qualcuno, che nonostante tutto quello ho fatto o detto, avrebbe sempre fatto qualcosa per me.
Robert era l'unico che poteva farmi sentire bene, da una parte, in questo momento. Lo avevo trattato male, se lo meritava in fondo, ma come il dolore che mi ha fatto provare tanto tempo fa, avevo la stessa necessità di averlo accanto. Avere qualcuno che mi ascoltasse, che mi facesse da psicologo e chi, se non lui? Mio ex e mio professore di psicologia?

Mi ritrovai di fronte casa sua, con il corpo che tremava e i vestiti completamente bagnati. Mi diedi di nuovo della stupida per non aver preso un cavolo di giubbotto e una sciarpa. Mi maledii da sola per non aver preso nemmeno l'ombrello o non aver chiamato uno stramaledetto taxi: stava piovendo a dirotto e sembravo un cane completamente fradicio.
Suonai più volte al campanello, congelando e imprecando dentro di me. Perché metteva così tanto ad aprire una stupida porta? Stavo perdendo le speranze, girare i tacchi e andarmene quando la sua figura mi apparve di fronte.
«Lena, che ci fa- Ehi, che succede» non lo feci finire di parlare che portai le mie braccia intorno al suo corpo e lo abbracciai per disperazione. Rimase un attimo titubante, ma quando ricambiò l'abbraccio mi strinse a lui e finalmente, dopo quasi tre settimane di smarrimento, mi sentii al sicuro e protetta da tutto e tutti.

Aveva sempre avuto questa capacità di calmarmi, anche se mi faceva agitare come il mare in tempesta, allo stesso tempo mi conosceva così bene tanto da farmi rilassare i nervi e respirare di nuovo.
«Che succede? Perché sei qui, completamente bagnata e con il viso di qualcuno che ha appena...» lo fermai subito, continuando la frase al suo posto.
«Che ha appena scoperto che tutti quelli a cui voglio bene, tutti quelli che tengo accanto mi hanno mentito? Ancora una volta? Hai centrato il punto» mormorai, guardandolo negli occhi e sospirando ancora una volta.
Mi guardò anche lui e per un attimo mi venne in testa l'idea di baciarlo, ma allo stesso tempo la scacciai e divenni completamente rossa. Ero così impegnata a pensare a lui come l'unica persona di cui potevo fidarmi in quel momento, che non mi resi conto del suo aspetto: avevo di fronte il mio professore di psicologia con solo un asciugamo addosso.
Non era la prima volta che lo vedevo così, ma dopo tanto tempo faceva strano e imbarazzante vederlo in quelle condizioni.
Sentii le guance andarmi a fuoco e mi girai di spalle sprofondando nella mia stessa fossa.
«Sei nudo»
«Non dirmi che ti scandalizzi per così poco» me lo ritrovai di nuovo di fronte e mi sentii ancora di più in imbarazzo. Immaginai che ci fosse qualcunaltro al suo posto, tipo un clown o un topo o persino Jabba The Hutt di Star Wars, ma nulla. Robert Smith era troppo guapo, e vederlo a petto nudo e con i capelli bagnati non aiutava per niente.
«Non è quello... Ma mi sento in imbarazzo ora» tolsi lo sguardo da lui e cercai ancora di immaginare Jabba.
Un brivido mi percorse la schiena e mi strinsi nelle mie stesse braccia: come faceva a stare senza niente addosso? Stavo letteralmente congelando in questa casa.
«Dovresti cambiarti e riscaldarti. Puoi farti una doccia, mentre ti preparo qualcosa da mangiare»
In effetti avevo molta fame. Annuii soltanto, e andai verso il bagno degli ospiti mentre i ricordi di quella casa mi vennero a galla.

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