37. No Shame

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LENA

«Che piacere averla qui, signorina Sosa»
«Vorrei poter dire lo stesso, Mr Marino» quando ad una persona viene tolta la propria vita, la propria privacy, cerca sempre un modo per riprendersela. E se questo implica a fare il giocattolo sessuale di quest'uomo e di quella grandissima hila de puta di Arzaylea, ben ci sto. Dovevo a tutti i costi proteggere la mia famiglia e le persone le quali bene e, nonostante tutto, anche Luke.
Per quanto mi sforzassi di ricordare i quattro mesi precedenti, non riuscivo a vedere lui in quei giorni. Non riuscivo a immaginare quelle settimane e quei mesi insieme a lui, non capivo il perché ma era come se ci fosse un muro tra me e lui.
Mi ricordo dei ragazzi, di quello che facevamo di giorno in giorno. Mi ricordo soltanto delle continue litigate con Robert, di mio padre che si insinuava nella mia vita e di nient'altro. Di Luke... Ricordo soltanto lo schiaffo che gli diedi il primo giorno di scuola, delle scuse e poi del bacio che andò a scemare nel passato.
Ma non ricordo niente, se non dolore su dolore.
«Su via Lena, diamoci del tu e iniziamo a parlare di affari» mi fece un cenno con la mano e mi sedetti dopo pochi minuti di titubanza. Avrei solo voluto il giorno in cui queste persone sarebbero sparite per sempre nella mia vita e io, insieme alla mia famiglia, finalmente avrei avuto la pace che ci spettava.
Per quanto sottomettermi all'uomo, che settimane fa mi aveva mandato in ospedale, fosse l'idea più stupida che avessi mai avuto, dovevo autoconvincermi che era l'unica soluzione per far calare tutta questa sofferenza.
Avevo capito nel giro di pochi minuti, durante la chiamata di Arzaylea e l'incontro con lei a casa mia, che non bisognava scherzare su queste cose. Quando c'erano di mezzo persone di potere come mio padre o Marino,era meglio non scherzare o ne saremmo rimasti tutti bruciati.
«Mi spieghi soltanto cosa dovrei fare» non volevo che ci girasse intorno così a lungo. Volevo finire questa riunione il prima possibile e ragionare su tutto quello che stavo affrontando, iniziando dall'enigma Robert Smith.
Appena mi vide silenziosa e con gli occhi stanchi, capì subito che c'era qualcosa che non andava. Gli raccontai di quello che la notte prima era successo, dicendoli che sarei dovuta andare anche con o senza il suo consenso. Non mi disse nulla, mi abbracciò soltanto e mi guardò mentre me ne andavo da casa sua distrutta e con, ormai, il viso rigato di lacrime.
«Fretta signorina Sosa? La prego di darmi il tempo giusto per spiegarle alcune cose, in modo da arrivare al nostro accordo» ero stanca di sentir parlare di famiglie ricche e delle loro dinastie. Volevo solo che tutto questo fosse un fottutissimo incubo e svegliarmi nel mio letto per vivere la vita di prima.
«Sua figlia e la mia famiglia mi hanno raccontato già abbastanza di dinastie, problemi e gelosie per la nostra ricchezza. Perciò, può gentilmente dirmi cosa vuole da me in modo tale che tutto finisca e che io possa avere una vita normale?» Scosse la testa divertito e si alzò dal suo posto e mi venne accanto, porgendomi la mano. Non sapevo se prenderla o meno, avevo ancora l'immagine di lui che come un dannato mi faceva del male. Mi alzai dalla poltrona e sospirai, guardando l'uomo che stava per diventare il mio incubo peggiore.

Mi portò in un'altra stanza simile a quella che avevamo a casa, ma al posto di un enorme affresco sulla parete, questa era piena di cornici che ritraevano persone che nemmeno conoscevo. Riconobbi solo la figura di Arzaylea e dell'uomo di fronte a me,doveva essere la dinastia Marino e al posto dei colori sgargianti di casa mia, il nero e le scale di grigio regnavano in questa abitazione. Mi faceva paura tutto questo grigiume, ma avevo la sensazione che il questa casa ci sarei rimasta, e anche per un bel po'.
Ci sedemmo su delle poltrone rosse e mi guardai intorno, impaurita e paonazza notai come le tante librerie presenti in questa sala arrivavano fino al soffito. Sembrava di essere nella scena de La bella e la bestia, e mi sentivo Belle quando tanto sapere e tanta letteratura la circondavano. Mi sentivo al sicuro con la lettura, mi immergevo in un libro e passavo ore e ore a immaginare ogni singola scena descritta dagli autori. Era un mondo magico quello della letteratura, ma ora mi sembrava solo di essere nel castello di Malefica.
Una donna dai capelli rossi e la divisa nera entrò nella stanza, con un vassoio tra le mani. Lo posò sul tavolino di fronte le poltrone, dando ad entrambi una tazza. Non disse nulla, mi rivolse un sorriso e se ne andò via,lasciandomi con Gabriele.
Ora che lo guardavo meglio, notai come i suoi lineamenti sembravano quelli di un giovane e non di un uomo della sua età. Aveva quei capelli ricci che incorniciavano il suo viso magro e due occhi neri che sembravano senza sentimento o emozioni. Aveva quel poco di barba sulla pelle, e due labbra carnose che somigliavano a quelle della figlia. Il corpo slanciato e curato, non lo faceva invecchiare ma lo faceva somigliare ad un uomo dell'età di Robert o persino a un ragazzo come Luke. Quello che mi faceva più paura di lui, oltre il suo potere, era la sua altezza. Mi stava facendo sentire a disagio, piccola e una bambina di tre anni. Avevo letteralmente paura ma non lo davo a vedere: avevo imparato così bene a nascondere certe emozioni che mi facevo paura da sola.
«Allora Lena, cosa ti piace fare?» non mi aspettavo una domanda del genere da una persona come lui. Presi la tazza piena di tè caldo e bevvi un sorso, era buono e sapeva di limone.
«Mi ha tenuta d'occhio per così tanto tempo, credo che lo sappia signore» mormorai, guardando la figura di fronte a me. Apparve un piccolo sorriso malizioso e con un cenno della testa non biasimò la mia risposta.
«Touchè signorina Sosa, ma vorrei capire quale persona stia dando ai miei clienti. Per la qualità non c'è prezzo»
«Clienti? Di cosa sta parlando?»
«Sono contento che mia figlia non le abbia detto nulla, sa non amo quando lei si mette troppo in mezzo agli affari di famiglia. Come quella volta che andò da Luke e gli disse di stare alla larga da lei, subì le peggio punizioni» fermi un secondo. Questo passaggio non lo conoscevo e Luke non aveva mai parlato di un recente incontro con Arzaylea. Non ci feci caso, per ora, e domandai della famiglia. Loro conoscevano me, ma io non sapevo niente di questa cerchia di mafiosi.
«Avrei preferito avere una sua di visita, signore. Arzaylea non mi ha mai detto, durante i pochi incontri, di questo suo particolare. Essendo che lei conosce me, e lo sanno anche i muri di questa casa, io vorrei conoscere l'uomo per cui dovrei lavorare» dovevo giocare le migliori carte che possedevo in mano. La seduzione, per gli uomini come lui, era sempre la miglior arma che una ragazza sapeva usare in certe occasioni.
Vidi i suoi occhi illuminarsi e si drizzò con la schiena. Avevo centrato il punto e sorseggiai l'infuso al limone.
«Ho sempre desiderato una ragazza come lei al mio fianco, signorina Sosa» se non mi sbagliavo e se la mia memoria non mi ingannava, Arzaylea non aveva mai conosciuto la madre: morì dopo la sua nascita.
«Le manca una donna al suo fianco, signore?» mi alzai dal mio posto e convincendomi ad ogni passo, mi andai a sedere accanto a lui sul bracciolo della poltrona dov'era seduto.
«Mi manca la passione carnale Lena» posò un mano sulla mia gamba e dei brividi invasero il mio corpo. Questo suo gesto mi travolse completamente, dandomi fastidio.
Dovevo cercare di sembrare impassibile al dolore che Marino mi aveva provocato e che molto probabilmente, mi avrebbe portato se non lo avessi accontentato.
«E vuole ritrovarla con me?» mormorai, guardando la sua mano che accarezzava lentamente la mia pelle.
Prima di venire nella tana del lupo, tornai a casa. Senza farmi vedere da qualcuno, cosa altamente impossibile dato che ci vivono anche i vicini fra poco, cercai di raggiungere la mia stanza in modo da mettermi qualcosa di più adatto e non andare in giro con una felpa maschile.
«Vorrei che tu soddisfacessi i miei desideri sessuali Lena, ma dovrei dividerti con i clienti che stanno chiedendo della ragazza misteriosa del pub» perciò voleva lasciare che altri uomini toccassero il mio corpo, ma allo stesso tempo il suo desiderio più grande ero proprio io.
«Potremmo trovare un accordo, signore» mi guardò negli occhi, facendomi rabbrividire. Non vidi ancora un briciolo di emozione, un sentimento o per giunta un riflesso di speranza in quegli occhi senza fondo ma pieni di vuoto.
«Cos'hai in mente?»
«Presupponendo che io accetti di andare dai suoi clienti e soddisfarli, potrei anche farlo per lei. Potrei esserle sua amica, sua socia o quello che lei desidera» posai una mano sulla sua e sospirai. Cercavo davvero di convincere me stessa che tutto questo fosse solo per il mio bene e per le persone a me care. Stavo andando incontro ad un autolesionismo mentale, psicologico e sapevo per certo che non avere nessuno al mio fianco mi avrebbe portato alla pazzia.
«Cosa vuoi in cambio? Se io dicessi di si, quale richieste avrò dalla mia ragazza
«Vorrei che Kayla fosse libera, che tornasse dalla sua famiglia e che la lasciarete stare per sempre. Vorrei anche rivederla, se non chiedo troppo signore. Vorrei che, per qualsiasi cosa accadesse tra di noi, lei se la prendresse con la sottoscritta e non con le persone che amo. Vorrei che solo lei avesse il controllo totale della mia vita e dei nostri affari, senza che sua figlia si intromettesse, come è già successo in passato.
«Vorrei poter passare quest'ultimo mese dell'anno a casa mia con tutti coloro che in questo momento si stanno preoccupando per me, e riavere anche la mia vita da normale liceale. Ma desidero tanto riavere la mia privacy...» mormorai le ultime parole. Stavo chiedendo cose impossibili ad un uomo che, se avesse voluto, mi avrebbe riso in faccia e presa a schiaffi. Ma mi stupì dei suoi gesti e delle sue parole: mi prese le mani, le accarezzò e mi lasciò un bacio su di esse. Si alzò poi, e prendendo ancora una volta la mia mano e facendomi alzare mi rispose con un sorriso sulle labbra, facendomi vedere finalmente delle emozioni in quelle pozze nere,mi disse:
«Se è questo che lei desidera mia dolce Lena, lo avrà.»

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