62. Mala mia

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26 Febbraio 2020
Tony, l'amore è strano. Ti consuma a livello fisico e psicologico. Ti prende e risucchia ogni singola particella del tuo corpo.
Quando ami qualcuno, sembra di essere in una continua lotta tra te e chi ami. Sceglieresti mai te stesso al posto della persona che ami? Io non ne sono capace e Luke ne era la prova.

«Mi eri mancato» mormorai, accarezzando il suo petto nudo. Una volta che lo vidi, il mio cuore smise di funzionare. Non sapevo se fosse la mia mente a fare brutti scherzi o qualcuno che gli somigliasse...ma passo dopo passo, i miei occhi mi diedero la certezza. Era lui, in carne ed ossa. Mi passò la voglia di ucciderlo  con le mie stesse mani, e lasciai alle spalle le tre settimane le quali fu assente per correre tra le sue braccia. Lui era lì, di fronte a me.
«Anche tu...» guardai il suo viso, c'era qualcosa che non andava. Sospirai e gli diedi un bacio sulle labbra. In questi giorni doveva essere successo qualcosa di grave o non mi avrebbe ignorato non scrivendomi per giorni. Sembrava di essere tornati a mesi fa, quando non ci vedevamo per un mese per colpa di un bacio.
«Lena... Non voglio nemmeno chiedertelo, ma la mia mente sta giocando con me da tre settimane e sto rischiando di avere un esaurimento nervoso» si mise a sedere sul letto e mi guardò. Gli accarezzai le gambe e lo incitai a parlare.
«È successo qualcosa tra te ed Ashton?» lo guardai e il suo viso era speranzoso e impaurito. Sospirai e, mettendomi sulle sue gambe, lo abbracciai. Se c'era una cosa che avevo imparato su di Luke, era l'insicurezza.
Troppo tempo lontano da me, lo metteva in difficoltà. Sapevo che era fatto così, ecco perché adesso non lo prendo a schiaffi per la domanda indecente e insensata che aveva fatto.
«No Hemmings, il mio cuore appartiene a te» sospirò e annuì, per poi abbracciarmi e stringermi a sé. Mi erano mancate le sue braccia, sbarre di sicurezza e di amore.
Passammo un'altra ora nel suo letto, a parlare e a sfiorarci con le mani. Le nostre labbra giocavano insieme e i nostri corpi erano di nuovo caldi. Luke mi era mancato tantissimo.

Una volta finite le moine amorose, mettemmo i vestiti e andammo in cucina. A piedi scalzi, mi andai a sedere su uno sgabello dell'isola e guardai il mio bellissimo Dio Australiano preparare la cena.
Michael e Crystal erano tornati da poco e, a giudicare dai rumori lontani e nella stanza della mia amica, anche loro si erano mancati. E tanto anche. Scossi la testa divertita e presi il telefono, iniziando a fare zapping su Instagram. Le persone si davano da fare con dolci e pizze, essendo sabato non potevano fare altrimenti.
Ogni tanto partivano video di canzoni e in quel momento mi venne in mente la melodia dell'altro giorno.
Corsi in camera di Luke e, girando nella borsa, presi Tony e la mia amata penna. Tornai in cucina e alla mia postazione. Il povero Tony abbondava di scritte, appunti, foto e post-it. Era multiuso ormai.
Canticchiaii il motivetto e scrissi le parole. Combaciavano perfettamente con le altre e il foglio dove le stavo scrivendo, lentamente, si riempiva. Non c'era nessun titolo ancora e mancava un testo preciso. Per il momento c'erano solo frasi messe qua e là, senza base sotto e uno scopo.
«Cosa stai scrivendo?» Luke mi porta alla realtà e i miei occhi scattarono su di lui. Forse, intenditore di musica e con una madre nel campo, poteva darmi una mano. Avevo il blocco dello scrittore e dovevo consegnare un racconto breve alla professoressa di Letteratura Inglese, per la settimana entrante. Andava tutto secondo i piani, più o meno.
«Sinceramente? Non lo so, ma ogni tanto mi sogno queste parole» risposi, passandogli il foglio e chiudendo Tony. Nessuno sapeva che scrivevo testi depressi sulle giornate che passavano. Luke non sarebbe stato il primo della lista.
Lui guardò il foglio e un sorriso spuntò sulle sue labbra. Poco dopo si mise a canticchiare sotto voce, mentre prendeva i piatti e la nostra cena. Lo guardai sereno, a suo agio e senza pensieri. Le sue labbra mormoravano delle parole, magari quelle di una canzone futura. I suoi ricci erano portati in un codino, e l'accenno di barba lo rendevano così «Sexy». Arrossii, dandomi della stupida. Sembrava non avermi sentito, perciò uscii dalla mia stessa fossa e continuai a guardare Luke che cantava. Aveva una voce stupenda, e dei brividi mi percorsero lungo la schiena. Questo ragazzo aveva troppo effetto su di me.
«Mi piace, posso lavorarci se vuoi» domanda, mettendosi al mio fianco e proporzionando la cena nel nostro piatto. Aveva un profumo delizioso e il mio stomaco stava abbaiando in approvazione.
«Certo, io non ne sono capace» risposi, per poi mangiare un boccone del pollo con le verdure. Avrei sposato un cuoco eccellente.
«Non credo, ho letto il tuo racconto giallo. Sei fantastica» sussurró. Lo guardai e c'era qualcosa che lo turbava. Non gli chiesi nulla, sorrisi e continuai a mangiare la cena con il mio bellissimo ragazzo.

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