"Amatka" di Karin Tidbeck

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Sinossi:

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Sinossi:

Nel mondo che i Pionieri hanno colonizzato valicando un confine di cui è persa ogni traccia, gli oggetti decadono in una poltiglia tossica se il loro nome non viene scritto e pronunciato con prefissata frequenza. Per evitarne la distruzione, un comitato centrale veglia severamente sulle parole pronunciate dagli abitanti delle colonie, perché la vita in un mondo minacciato dalla disgregazione richiede volontà e disciplina.

Vanja, cittadina di Essre, viene inviata dalla sua comune nella gelida colonia di Amatka e troverà ad attenderla i primi fuochi di una rivoluzione sotterranea giocata sulla potenza del linguaggio. Suo malgrado, Vanja dovrà così affrontare le possibilità che si celano dietro il velo di blanda oppressione che assopisce i pensieri e le parole del popolo di Amatka.

Tag:

#distopia, #parole, #lgbt, #colonia, #mistero, #rivolta, #stranezza

Recensione:

Bentornati, lettori!
Oggi parleremo di un libro molto, molto strano che ho acquistato durante le vacanze, insieme ad altri vari volumi, approfittando dei saldi in libreria. Ammetto di essere andata un po' a caso, nella scelta dei libri da comprare, perché non potevo spendere molti soldi e ho optato per quelli meno costosi e meno in bella vista (io guardo sempre quelli meno in bella vista).
Uno fra questi era Amatka, di Karin Tidbeck.

Definirlo è... complicato. La storia inizia quando Vanja, la protagonista, viene inviata dalla città di Essre a una delle colonie per svolgere una ricerca sul campo che ha a che fare con i prodotti igienici usati nelle altre città. Tutto fila bene, all'inizio, ma già dalla prima parte del libro intendiamo che qualcosa ad Amatka non è come dovrebbe essere.
Per tutto lo svolgimento seguiamo le azioni di Vanja, che più andiamo avanti più si trova invischiata in qualcosa che non riesce a capire, fino ad abbandonare il suo lavoro a Essre e stabilirsi ad Amatka, dove porterà alla luce una rivoluzione sotterranea che cambierà per sempre la colonia.
Mi fermo qui sennò spoilero.

La trama, comunque, è generalmente lineare: inizia con l'arrivo di Vanja e procede senza intoppi fino alla conclusione. Quel che mi ha confuso è stato più che altro tutto ciò che l'attornia: il modo di parlare dei personaggi, le parole usate dai personaggi (per esempio, i giorni non hanno nomi, ma sono giornouno, giornodue, giornotre e così via fino al giornosette. Poi si ricomincia) e lo stile di scrittura della Tidbeck.
Adesso che l'ho finito non ho ancora sinceramente capito cos'ho letto.

Per quanto riguarda l'ambientazione, sono rimasta un po' delusa. Il mondo in cui ci troviamo non è ben spiegato, forse perché persino i personaggi stessi non capiscono cosa sia. Infatti, nell'opera vengono proprio dette le frasi "Non sappiamo dove siamo" e "Il passaggio è chiuso". La storia racconta che i cosiddetti Pionieri sono giunti dall'Antico mondo (forse la Terra?) – dove le cose avevano forma concreta, esistevano gatti e cani e non serviva ripetere il nome degli oggetti per farli restare tali – attraverso un passaggio, definito "tunnel" e accostato a "nero" (buco nero?), simile a quello che nel libro viene visto sopra la colonia sovversiva. Leggendo ci si fa l'idea di trovarci su un altro pianeta o su un mondo diverso raggiunto dalla Terra, a cui non si può tornare, ma non ci vengono date informazioni che ci facciano capire cosa davvero sta accadendo, seppure la chance l'autrice l'abbia avuta.
Una delle maggiori carenze dell'ambientazione, oltre a questa generale confusione, è anche il fatto che non ci viene spiegato perché i Pionieri siano giunti in questo mondo o cosa sia la sostanza che lo pervade, che può assumere qualunque aspetto quando forzata ad assumerlo. A questo si collegano le falle trovate, come ad esempio la ripetizione che questa sostanza sia tossica quando poi viene invece usata dalle fabbriche per creare saponi e prodotti per l'igiene. Non ci viene nemmeno spiegato che aspetto abbia questo mondo, che aspetto abbia il cielo, definito da tutti i personaggi strano o inquietante, come esattamente tutti gli altri ambienti. Non abbiamo neanche un nome con cui definire il mondo in cui ci troviamo.
Penso che da questo punto di vista l'autrice abbia preso un bel palo, perché l'idea era geniale, le prospettive ampissime e veramente interessanti... ma come spesso accade tutti i paletti messi qui e lì non sono stati rispettati e lasciati al caso, come se fosse il lettore a dover immaginare tutto quello che sta leggendo. Ecco, non funziona esattamente così.

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