Recensione cartaceo 2: "Il bacio dell'angelo caduto" di Becca Fitzpatrick

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Trama:

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Trama:

Malgrado la sua migliore amica voglia trovarle un ragazzo a tutti i costi, Nora non ha mai messo l'amore in cima alle sue priorità. Almeno finché a scuola non arriva Patch. Lui ha un sorriso irresistibile e un inspiegabile talento per leggere ogni suo pensiero. E, malgrado gli sforzi per evitarlo, Nora sente che l'attrazione che prova verso il suo nuovo compagno è destinata a crescere. Anche contro ogni spirito di conservazione. Perché Patch è un angelo caduto e lei non avrebbe mai dovuto innamorarsi di lui. Sapere di trovarsi nel mezzo di un'antica battaglia tra Caduti e Immortali, sapere di dover scegliere da che parte stare potrà costarle la vita. La verità dunque è più inquietante di qualsiasi dubbio, e Nora non può sbagliare.

Recensione:

Finalmente eccomi qui con un'altra recensione, e credetemi, non sono mai stata così felice di poter dire "okay, ho finito il libro... ora posso metterlo in un angolo, dargli fuoco e poi distruggere la sua credibilità pezzo per pezzo".
Davvero... ho esultato quando ho visto la parola "RINGRAZIAMENTI".
Ma dopo questa premessa per nulla positiva possiamo passare alla recensione vera e propria.

Il bacio dell'angelo caduto, in originale Hush, hush, è uno young adult che ho fatto una fatica immensa a digerire. Qui parliamo di angeli caduti, religione, spiritualità, peccati e nephilim. La protagonista è Nora, una sedicenne che vive con la madre in un anonimo paesino a un'ora di distanza da Portland – città che nell'opera ha una certa importanza – e che improvvisamente si ritrova catapultata in mezzo ad avvenimenti che di normale non hanno proprio nulla, tra ali, giuramenti, torture e pazzi schizzati vari.
Nora non ha nulla di speciale, se non il fatto che metà dei personaggi del libro vogliono ammazzarla, tutti loro per le motivazioni più disparate.

La trama non ha nulla di originale o che faccia dire "questo libro è bellissimo". Sì, quando ho iniziato a leggerlo mi sono trovata coinvolta nelle vicende, ma arrivata a un certo punto dell'opera tutta la curiosità che avevo provato si era dissolta come fosse stata neve al sole. Al sole d'agosto, per intenderci.
Sono presenti i cliché più disparati completamente mal trattati e che è chiaro siano stati inseriti solo per il puro volere della scrittrice, che incapace di avere una fantasia propria ha usato gli stereotipi – nel modo sbagliato, devo dire – per far andare le cose in un certo modo. Ma non fraintendetemi, gli stereotipi di cui parlo non sono il bello ma dannato o l'amore nato fra i due protagonisti, quello è trattato ancora bene, io qui parlo di certi avvenimenti che mi hanno lasciata completamente ammutolita. Un esempio può essere il fatto che la protagonista si ritrovi spesso e volentieri Dio solo sa perché in vicoli bui o in posti sinistri da cui ti aspetteresti spuntare un mostro a tre teste uscito direttamente da un libro di Lovecraft, e ovviamente invece di una creatura terrificante intenta a ucciderti spunta il figaccione caduto dal Paradiso che dà vita a discorsi senza senso con Nora e che il lettore cerca di seguire senza comprendere un accidenti di ciò che succedendo. Ma non sono insensati solo i dialoghi, assolutamente no, anche ciò che accade è totalmente campato in aria, come quando Patch e Nora si trovano al locale in cui lui è solito giocare a biliardo e arriva il suo migliore amico Rixon. Rixon e Patch iniziano a picchiarsi senza una motivazione plausibile, facendosi pure male, ma solo per affetto reciproco, e nessuno dei presenti li ferma né viene anche solo data una spiegazione per tutto ciò. Semplicemente Rixon lo scalcia via e Patch dice a Nora: "Vieni, andiamo, ti porto in un posto".
Credetemi, sono sconvolta anche io.

Ma questo non è tutto, credevate davvero che i problemi fossero finiti qui? Ah, siete troppo fiduciosi!
I personaggi sono la rappresentazione precisa dei cosiddetti stereotipi e hanno la stessa profondità intellettuale, emotiva e morale di uno sturalavandini.
Sono rimasta particolarmente allibita dal comportamento di Vee, la migliore amica di Nora. È successo questo: dopo che la nostra carissima protagonista racconta a Vee che Elliott – un ragazzo con cui le due hanno stretto amicizia – è stato accusato di aver ucciso una ragazza alla scuola che aveva frequentato prima di trasferirsi a quella del loro insignificante paesino – rilasciato solo per via di un biglietto trovato in casa della vittima in cui quest'ultima diceva di volersi suicidare dopo che la suddetta casa è stata messa a soqquadro da solo il grande Odino sa chi – e che il cosiddetto Elliott si è presentato a casa di Nora e l'ha sbattuta contro un muro minacciandola se non avesse accettato di andare in campeggio con lui, Vee e Jules – un suo amico che fino ad allora aveva avuto la stessa importanza e utilità di una penna scarica – Vee lo difende, accusando Nora di avere un comportamento insensato e chiedendole di smettere di cercare di accusare il povero adorabile dolcissimo Elliott e preoccuparsi invece di Patch.
Cioè... se la mia migliore amica, colei che considero come una sorella, mi rispondesse così dopo che cerco di metterla in guardia da un potenziale serial killer schizzato... le chiederei il nome dello spacciatore che le ha venduto la roba.
E, come se non bastasse, dopo questo la carissima Vee va pure a una festa con Jules ed Elliott, che prima la mollano lì, in una città che non conosce e in un quartiere malfamato, e poi la portano a scuola a fare un'effrazione... e lei ancora li ritiene persone mentalmente sane! Cioè, io non ho parole.

Ma ovviamente il peggio non è ancora finito.
Ora, cari lettori, vi porrò una domanda: qualcuno mi spiega perché in ogni libro cartaceo in cui vengono riportati i messaggi dal cellulare tra la protagonista e altri personaggi a scelta i suddetti sono pieni di abbreviazioni? Davvero, ogni volta che leggo un "DV 6?!" o un "K FAI??" un mio neurone muore.
Ma i cliché non sono conclusi, perché è inoltre incredibile come in ogni young adult che mi trovo davanti – e non solo quelli – ci sia sempre la stronza psicotica di turno che minaccia la protagonista e le dice: "sta lontana dal mio uomo, lui mi appartiene!" quando i due si sono mollati ancora all'era del Mesozoico.
Cliché, cliché ovunque.

L'opera è scritta con un lessico estremamente semplice che non ha assolutamente nulla di ricercato, pieno zeppo di errori di battitura – cosa ovviamente dovuta alla traduzione, ma confido non ci siano nella versione originale –, di virgole scritte in modo errato e di verbi scorretti, la cui presenza rende sgradevoli le frasi.
Insomma, questo libro è comparabile a "perdita di tempo". E mi sto veramente pentendo di averlo comprato, nonostante l'abbia pagato cinque euro piuttosto che diciassette, e considerando che l'ho preso su internet senza sapere di cosa accidenti trattasse insieme ad altri otto volumi... penso che non  farò mai più una cosa del genere.

Infine, dopo questa lunga recensione, passo alla parte probabilmente più inutile di tutto il capitolo, visto che avrete già capito cosa penso di questa storia.
Lo consiglio? Assolutamente no. Leggetela solo se volete farvi male e spendere soldi a vuoto, e soprattutto se siete disposti a perdere tempo con qualcosa che alla fine della fiera non vi lascerà assolutamente nulla.

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