Capitolo 1

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"Jane, forza, alzati! Farai tardi a scuola!" esclama la voce familiare di mia madre, dalla porta della mia camera.

"Mamma, dai, ma che ore sono? Spegni la luce." Sbuffo, tirando su la coperta fino agli zigomi.

La sveglia ha già suonato tre volte. Se non ti sbrighi non farai in tempo a entrare alla prima ora. Aggiunge irritata.

Che cosa?! Tre volte.

Oh mio Dio.

Farò tardi sul serio sta volta! Mi alzo di botto, forse un po troppo velocemente, perché perdo lequilibrio e per poco non sbatto la testa sullo spigolo dellarmadio accanto al letto. Prendo tutto il necessario e corro in bagno a farmi una rapida doccia calda per tranquillizzarmi nonostante sia veramente tardi. Lacqua calda mi scivola addosso e portandosi via ogni traccia di stanchezza e agitazione, permettendomi di rilassarmi per qualche minuto prima di immergermi nel caos del ambiente scolastico che mi attende. Quando esco dal bagno raccolgo i capelli in una coda ben pettinata e mi infilo una camicetta e un paio di jeans chiari, con sopra il mio amato cardigan nero. Scendo velocemente le scale e raggiungendo lingresso dal quale scorgo mia madre in cucina, intenta a preparare la colazione.

"Mamma io vado. Prendo la tua macchina altrimenti a piedi farò tardi. Ci vediamo dopo. Ciao." le dico uscendo di corsa da casa. E mentre mi chiudo la porta alle spalle, la sento borbottare qualcosa che suona come un Buongiorno anche a te, eh.

Per fare il tragitto da casa mia al liceo non impiego molto tempo. Nelle grandi città come Los Angeles per compiere anche il più banale degli spostamenti, si ha bisogno di una macchina. E ovviamente, io, pur avendo compiuto sedici anni la scorsa estate, ancora non ho una macchina mia e sono costretta a farmi accompagnare ovunque da qualcun altro o a guidare quella di mia madre per le emergenze, e questa mattina lo era. Solitamente le persone con situazioni simili alla mia in fatto di mancato passaggio, per andare a scuola usufruiscono del autobus, ma ovviamente sono in ritardo, come quasi tutte le mattine, e lautobus sarà partito almeno quaranta minuti fa. E come se non bastasse appena entro nel parcheggio della scuola lunico posto libero per fermare la macchina è il più lontano possibile dallingresso principale. Fantastico.

Quando finalmente raggiungo lentrata, ad aspettarmi come tutte le altre mattine ormai da sempre, cè Emily, la mia migliore amica. O meglio, dovrei dire, cè solo Emily. Perché probabilmente tutti gli altri saranno già corsi in classe per non fare tardi.

"Buongiorno, splendore! Dormito bene?" cinguetta mentre viene ad abbracciarmi. Io ed Emy ci conosciamo dagli anni dellasilo, siamo praticamente cresciute insieme e siamo sempre state buone amiche. E da allora è sempre rimasta ad aspettarmi allingresso per entrare a scuola insieme. Come si può non invidiare la pazienza che nellaspettare tutti i giorni una ritardataria come me?

"Buongiorno anche a te. rispondo, ricambiando l'abbraccio. Si ho dormito benissimo, stranamente. Non ho neppure sentito la sveglia." dico coprendomi il viso con una mano per mascherare uno sbadiglio.

"Tu che ti rifiuti di alzarti presto la mattina? E chi lo avrebbe mai detto?" domanda prendendomi in giro, con un espressione di sorpresa fin troppo falsa.

"Ah ah, simpatica. Dai entriamo in classe. Sta per suonare la campanella." dico passando attraverso la porta dingresso con Emily dietro di me che sta ancora sghignazzando. Percorriamo il lungo corridoio quasi deserto, ci siamo solo noi e qualche altra persona che si affretta a raggiungere le lezioni in tempo. Entriamo nellaula di matematica e fortunatamente il professore non è ancora arrivato, per cui non dobbiamo giustificare il nostro ritardo di almeno cinque minuti.  Appena io ed Emy ci sediamo ai nostri soliti posti, un ragazzo alto, slanciato, con la corporatura allenata visibile da sotto la maglietta e i capelli color cenere con le punte chiare, lo stesso biondo della ragazza seduta al mio fianco. Fa il suo ingresso in classe con aria spavalda e solare, attirando su di se lo sguardo imbambolato di tutte le ragazze presenti. Senza prestare particolarmente attenzione a tutti quegli occhi puntati addosso, si dirige verso di noi. Prende una sedia dai banchi liberi davanti ai nostri, la gira e si siede insieme a noi, ignorando completamente le occhiate curiose dei nostri compagni.

Hope  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora