Capitolo 59

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Lui si addormenta prima di me, lo intuisco dai respiri profondi e lenti. Ha la testa appoggiata sulla mia pancia e con il braccio mi cinge i fianchi. Gli accarezzo i riccioli morbidi e ribelli con le mani. E mi soffermo a pensare a quanto in fretta siano cambiate le cose tra noi. Fino a pochissimo tempo fa nemmeno potevamo vederci che sfociavamo in un litigio tremendo per poi non rivolgerci più la parola per giorni. Quanto mi ha fatta scervellare questo ragazzo incasinato e misterioso che amo con tutta me stessa. Addirittura, fino a meno di un mese fa mi rifiutavo di ammettere a me stessa di essere innamorata di lui solo per paura di essere ferita, ma per ora mi sta dimostrado che posso fidarmi di lui. Non ho più paura, sono felice di avergli detto quello che provo. L'unico timore che ho, è di fare la cosa sbagliata e vederlo andare via. So che è stupido da pensare ormai . . . Ma è così volubile che bastrebbe una sola parola di troppo per farlo esplodere o per farlo rinchiudere in se stesso come gli ho visto fare tante volte. Tutte le volte che mi ha baciato con un intensità tale da farmi venire le farfalle nello stomaco, o tutte le volte che faceva qualcosa di dolce e carino da mandarmi in tilt il cervello. Erano momenti perfetti . . . Finché non decideva di rovinare tutto urlandomi in faccia che non ero abbastanza per lui. Ora non siamo più in quella fase. Mi fa ancora incazzare a morte, ma preferisco questo Will dolce, amorevole e gentile che si confida con me e dorme tra le mie braccia, piuttosto che uno Will stronzo e crudele che non ci pensa due volte a urlarmi in faccia la prima cattiveria che gli passa per la testa solo per ferirmi. Sposto delicatamente la sua testa da me, con i riccioli che mi solleticano da sopra la maglietta che lui mi ha prestato per dormire. Appena riesco ad alzarmi dal letto lo sento lamentarsi, e per un momento temo di averlo svegliato, ma quando lo guardo vedo che dorme ancora. Apro delicatamente la porta ed esco in corridoio. Improvvisamente mi è venuta sete, spero di non svegliare nessuno se scendo un attimo in cucina a bere un bicchiere d'acqua. Quando arrivo al piano di sotto e entro in cucina trovo la luce accesa e una sagoma seduta al piccolo bancone in mezzo alla stanza. All'inizio sobbalzo sorpresa, ma poi noto che si tratta di Poule e mi rilasso. È seduto con i gomiti appoggiati al bancone di marmi e la testa tra le mani, mi ricorda Will un attimo fa in camera sua, dopo la sfuriata in in salotto. Lui alza la testa e si accorge di me, anche lui pare sorpreso di vedermi.
"Jane, non ti ho sentita scendere. Ti ho svegliata per caso?" domanda allarmato e sorpreso.
"No, non preoccuparti Poule. Sono scesa soltanto per prendere un bicchiere d'acqua se non ti dispiace . . ." dico sorridedogli. So di essere in condizioni veramente pessime, i capelli sono raccolti in una crocchia disordinata e indosso i vesti di Will. Una maglietta bianca a maniche corte che mi arriva a metà coscia e un paio di pantaloni di flanella grigo sbiadito. Eppure lui non commenta il mio look, anzi sembra non farci neppure caso.
"Certo fa pure." sorride. Vado verso la credenza sopra il lavandino e prendo un bucchiere per poi riempirlo con una bottiglia che trovo li accanto. Mentre mi porto il bicchiere alle labbra Poule si volta verso di me e mi osserva per un istante.
"Will sta bene?" mi domanda abbassando lo sguardo. E ora capisco, è preoccupato per lui. Per quello che è successo a cena.
"Si, sta bene. Ora dorme." mi limito a dire.
"Ti ha spiegato perché ha reagito così?" chiede incerto. Io annuisco, imbarazzata.
"Quindi tu lo sai . . ." sospira passandosi una mano sul viso con aria afflitta.
"Sapere cosa?"
"Dei suoi genitori . . . di come sono morti . . ." sussurra. Nell'sentire quelle parole il mio cuore manca un battito e sobbalzo. No . . . Ho capito male. Non può averlo detto davvero . . . Cerco di ricompormi e di non dare a vedere quanto sono sorpresa e addolorata al tempo stesso. Nonostante il groppo in gola e la lacrime che mi bruciano gli occhi riesco finalmente a parlare.
"Non parla mai di loro." dico in tono neutro.
"Già . . . Non parla di loro da quando è successo. Quando era bambino abbiamo provato a portarlo da diversi dottori, ma era testardo e si riufiutava di parlare persino con loro. Gli insegnanti a scuola continuavano a dirci che non voleva saperne di parlare nè con loro o nè tanto meno con i compagni. Tutti ci dicevano la stessa cosa: è soltanto sotto shock, gli passerà col tempo. Ma non gli è mai passato." socchiude gli occhi, come per nascondere un dolore insistente. "È un ragazzo complicato Jane, lo è sempre stato. Si porta un dolore e una rabbia dentro che non riesce a gestire. A volte i suoi sentimenti incontrollabili prendono il sopravvento su di lui. Ma, Jane, da quando ci sei tu nella sua vita . . . Lui è diverso. Erano anni che io e Clare non lo vedevamo sorridere in modo così spontaneo e sincero. Era sempre chiuso, scorbutico e triste. Ora invece è felice. Quando siete nella stessa stanza lui segue i tuoi movimenti con lo sguardo e sorride tra sè appena lo fai anche tu." Sospira con un sorriso. "Scusami, probabilmente ti sto spaventando. Chi è questo vecchio pazzo che parla così alle due di notte? Ti starai chiedendo." ride e vorrei poter sorridere anch'io, ma sono pietrificata. Non so cosa dire, mi limito a guardarlo in silenzio.
"Io e mia moglie siamo felici che ti abbia incontrata. Grazie, Jane."
"Per cosa?" domando sorpresa.
"È una vita che noi cerchiamo di prenderci cura di Will meglio che possiamo, ma a quanto pare a te riesce mille volte meglio di noi . . . E hai solo diciassette anni." Ride. Tento di imitarlo, ma le lacrime per le sue parole di poco fa tentano di sgorgare da un momento all'altro.
"Io non ho fatto nulla per . . ." inizio a dire, ma lui mi interrompe.
"Fai più di quanto immagini."
Si sbaglia, sono l'ultima persona al mondo in grado di prendersi cura di suo nipote. Eppure non mi va di contraddirlo. Gli do la buonanotte e torno di sopra il più in fretta possible. Mi appoggio alla parete del corridoio e mi lascio scivolare a terra portandomi le ginocchia al petto. I suoi genitori . . . Di come sono morti. Tento di fare dei respiri profondi per calmarmi. Sapevo che i suoi genitori non fossero più nella sua vita, e una parte della mia mente  aveva anche sfiorato  al pensiero che fossero morti, ma mi ero rifiutata di pensarci piu di tanto. Ho passato giorni e giorni a pensare a cosa gli fosse accaduto, a cercare un modo per scoprirlo. . . E ora che lo so, preferirei non saperlo. 'È soltanto sotto shock, gli passerà col tempo. Ma non gli è mai passato.' Per questo non vuole mai parlarne . . . Per questo si risfiuta di ricordare. 'Si porta un dolore e una rabbia dentro che non riesce a gestire. A volte i suoi sentimenti incontrollabili prendono il sopravvento su di lui.' Le parole di Poule mi risuonano in testa senza sosta. Non so quanto tempo passo seduta sul pavimento freddo e la testa contro la parete dura. Ma a riscuotermi all'improvviso è un suono che mi fa venire la pelle d'oca e scattare in piedi all'istante. Per un momento penso di essermelo immaginato.
"No!" Inizio a correre a piedi nudi lungo il corridoio e quando raggiungo la stanza di Will le urla sono più forti.
"No! No! Basta! Brucia! Fatelo smettere! Brucia! Noo!" Apro la porta all'istante e mi fiondo dentro. Lo trovo in un griviglio di lenzuola e le mani a pungo contro il materasso, mentre si agita in preda al panico. Mi avvicino e lo scuolo. Lo avevo gia visto in una situazione simile, in montagna, anche in quel momento eravami nello stesso letto. Sembra passata una vita. Continuo a scuoterlo, ma lui non si sveglia.
"Will. Per favore svegliati. Va tutto bene, sono qui." dico. Lui apre gli occhi di scatto e li fa vagare per la stenza in preda a una paura che non riesco a leggere. Quando introntra il mio viso però si rilassa.
"Sei qui . . ." sussura tirandosi su dal letto e passandosi le mani sul viso e tra i capelli con foga.
"Ssh. Si. Sono qui." dico abbracciandolo. Lui ricambia l'abbraccio e dopo di che si stacca per cercare le mie labbra e fiorarle con le sue.
"Dov'eri?" domanda rabbuiandosi per un attimo. "Eri accanto a me, poi . . . Poi non c'eri più." dice e la sua insicurezza mi spiazza.
"Sono scesa a bere un bicchiere d'acqua." rispondo.
"Ah."
"Perchè?"
"Per un momento ho pensato che . . . Che te ne fossi andata . . ." dice e ancora una volta resto sorpresa dalla sua sincerità.
"No, tel ho detto. Sono qui." ripeto. Questa volta io sono appoggiata sopra di lui e lui mi abbraccia.
"Non te ne andare, per favore." sussurra con gli occhi chiusi e la voce impastata dal sonno.
"Non vado da nessuna parte." dico, ma l'unica risposta che ottengo sono i suoi respiri lenti e profondi. Si è riaddormentato.

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