Capitolo 57

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Quando scendiamo al piano di sotto per cena la tavola è apparecchiata alla perfezione. E al centro del tavolo ci sono già alcuni piatti da portata ricoperti di cibo. Clare deve proprio essersi data da fare. Mi viene l'acquolina in bocca, con tutto quello che è successo oggi non mi ero neppure resa conto che stavo morendo di fame. Clare entra in sala da pranzo con un grembiule rosso bordeaux da cucina. E ci sorride calorosamente.
"Ragazzi la cena è pronta sederevi pure. Jane, tu e Will potete sedervi qui." dice educatamente indicandoci i posti sul lato destro del tavolo. Le sorrido e mi siedo, seguita a ruota da Will che sembra leggermente più teso di prima. Ha un espressione pensierosa, il sorriso di pochi istanti fa è sparito rimpiazzato da una maschera imperscrutabile. Lo guardo cercando di decifrarlo, mentre Poule ci raggiunge a tavola sedendosi accanto a sua moglie, ma lui ha lo sguardo perso nel vuoto. Chissà cosa gli passa per la testa. Vorrei tanto saperlo . . .
"Prego ragazzi servitevi pure." dice Clare. Mi faccio avanti e riempio il mio piatto di rosbif e patate arrosto.
"Allora, Jane, Will ti ha detto che se vorrai potrai restare qui da noi per un pó? Almeno finchè tua madre . . ." inizia a dire Clare in tono gentile rabbuiandosi poi lasciando l'ultima frase in sospeso. Lei e mia madre sono sempre state molto amiche, è normale che ci stia male. Non sono l'unica a sperare che mia madre riprenda conoscenza. Poule le prende la mano sopra il tavolo e gliela stringe in segno d'incoraggiamento, sorridendole. Io distolgo lo sguardo da quel gesto d'amore così evidente.
"Si, me l'ha detto. E vi ringrazio di cuore per l'ospitalità." sorrido.
"Figurati, cara, non hai alcun bisogno di ringraziarci, per noi è un vero piacere averti qui." dice Poule senza spostare la mano da quella di Clare. Gli sorrido, perché non so cos'altro aggiungere. E guardo Will con la speranza che sia lui ad aggiungere qualcosa ma non lo fa, e si limita a rimanere in silenzio. Per il resto della cena faccio i complimenti a Clare per il rosbif e lei mi ringrazia spiegandomi che la ricetta glie l'ha insegnato sua nonna quando era bambina. E mentre lei mi racconta cos'altro gli insegnava a cucinare Poule si intromette in continuazione prendendola un pó in giro e dicendomi tutte le volte che ha bruciato qualcosa o che ha sbagliato la ricetta. Rido per tutto il tempo. Ora capisco perché mia madre è sempre stata tanto amica di loro due, sono delle persone fantastiche e riescono a farti sentire a tuo agio in un batter d'occhio.
"Quando vievevamo ancora in inghilterra, mi piaceva un sacco cucinare dolci di ogni tipo e a volte Will mi aiutava con la guarnizione. Si sporcava sempre tutto con la glassa allo zucchero." Ride contagiando anche me. Guardo Will ma continua a non dire niente, ma noto che la linea della mascella è testa.
"Una volta io e Poule lo abbiamo cercato per ore in giro per casa, ero agitatissima perché non riuscivo a trovarlo. Poi lo abbiamo beccato chiuso in uno sgabuzzino a mangiare dei biscotti." Continua a ridere. Sorrido anch'io all'immagine di un bambino riccioluto con le mani piene di biscotti e la faccia ricoperta di zucchero. E Clare sta per aggiungere qualcos'altro ma viene interrotta. Will si alza di scatto e sbatte la mano con forza sul tavolo facendoci sobbalzare.
"Smettetela di raccontare stronzate! Sapete bene quanto me che non è vero un cazzo! Non è così che è andata quel giorno." sbotta. Ci volta le spalle e a grandi passi raggiunge il corridoio sparendo dalla nostra vista. Resto interdetta per un attimo, mentre una lacrime bagna il viso di Clare che si affretta ad asciugarla e Poule ha lo sguardo perso nel vuoto.
"Scusate." mormoro per poi alzarmi da tavola e correre nella stessa direzione in cui è sparito Will un attimo fà. Raggiungo la stranza con il soppalco ma trovo la luce spenta quindi suppongo che lui non sia qui. Quando arrivo davanti alla sua camera, la porta è chiusa a chiave. Busso. Nessuna risposta. Forse non è nemmeno qui. Riprovo piu forte.
"Will, apri, sono io." dico. La serratura dall'altra parte scatta e la porta si apre lasciandomi passare. Mi guarda per un secondo poi si siede sul letto con la testa tra le mani. Dovrei chiedergli il motivo della sua reazione esagerata. Dovrei dirgli che è stato sgarbato e stronzo da parte sua e che dovrebbe tornare a in salotto a chiedere scusa. Eppure una parte di me sa che se lo facessi, uno, scatenerei ancora di più la sua rabbia e due, qualcosa mi dice che non si è comportato cosi totalmente per caso. Una parte di me sa che c'è sotto qualcosa. Ma non indageró se lui non vuole. Mi siedo sul letto accanto a lui.
"Will . . ." dico con un filo di voce.
"No Jane. Non adesso. Non tornerò nell'altra stanza a scusarmi o altro. Quindi lascia perdere." dice.
"Non è quello che stavo per dirti. Volevo solo chiederti se potevo dormire qui questa notte . . ." dico, non trovando una scusa migliore. Lui mi guarda per un momento che sembra interminabile.
"Cosa?" domanda sopreso. Poi sul suo viso prende forma un mezzo sorriso incerto e sincero.
"Posso restare qui?" ripeto con maggior sicurezza.
"Si. Certo che puoi." dice. Si avvicina accarezzandomi la guancia con il palmo caldo e ruvido della sua mano, mi appoggio a lui. E in meno di mezzo secondo avvicina le labbra e mi ritrovo sdraiata sopra di lui con le mani sul suo petto e le sue sui miei sfianchi e sulla schiena.
"Ti amo." sussurro. Perchè so che ha bisogno di sentirselo dire. Mi guarda negli occhi e il sorriso che mi mostra sembra quello di un bambino a cui è appena stata data una busta piena di caramelle. Mi si scalda il cuore. Gli accarezzo il viso con la mano. Traccio piccoli cerchi e linee sottili dallo zigomo, alla mascella, sulle fossette che adoro e sulle labbra carnose. Lui chiude gli occhi sotto il mio tocco e quando li riapre quelle gemme verdi sembrano più accese che mai. Mi fa sdraiare sul materasso sotto di lui e strofina le labbra sul mio collo, dopodiché mi lascia una scia di baci che mi fanno venire i brividi.
"Ti amo." Sussurra accanto al mio orecchio prima di predermi il lobo tra i denti e continuare a baciarmi.
Passiamo la serata cosi, uno sopra l'altro, tra baci e carezze per un tempo indeterminato. Ma vorrei che non finisse mai. Vorrei che durasse per sempre. Io e lui e basta. Perché tra le sue braccia mi sento completa, al sicuro e finalmente felice. Con la testa sul suo petto e il suo braccio che mi circonda le spalle tracciando piccoli cerchi sulla mia schiena, sento che sto per addormentarmi. Ma prima che i miei occhi si chiudano del tutto, lo sento sospirare. Alzo lo sguardo vero di lui.
"Va tutto bene?" domando incerta.
"No." socchiude gli occhi e sospira ancora. "Non voglio che tu pensi che io sia pazzo."
Cosa?  "Cosa? E perché dovrei pensarlo?"
"Perché è così. Non sono mentalmente stabile. Non lo sono mai stato. Non da quando . . ." si bolcca senza finire l'ultima frase. Mi sollevo per gaurdarlo meglio.
"Da quando cosa?" chiedo.
"Niente. Lascia stare."
"Sei stato tu ad iniziare." gli ricordo. Lui mi osserva con aria impassibile, come se pensasse a qualcosa che non vuole dare a vedere.
"Prima, quando ho risposto in quel modo a Clare . . . Non l'ho fatto senza motivo. Continuava a raccontare cose mai accadute. Solo perché ricordare il passato com'è davvero non le piace. Ma questo non vuol dire che debba inventarsi storie da raccontare alla gente." dice. Non capisco . . .perchè Clare dovrebbe raccontare cose non vere? Perché dovrebbe opprimere il passato con un fatto mai avvenuto? Una volta a lezione di psicologia ricordo che il professore aveva accennato a dei comportamenti come questi, non ricordo come li aveva chiamati. Ma ha parlato di persone che pur di accantonare il dolore di un brutto ricordo si auto convincono che quello non sia mai esistito e lo rimpiazzano con un ricordo piu bello frutto della loro fantasia. Tutto solo per evitare di soffrire.
"Non ero un bambino normale, Jane. Tutti quelli della mia età giocavano, volevano andare a scuola, stare tutti insieme e divertirsi. Io no. Si, ci andavo a scuola, ma solo perché ero obbligato a farlo. E se ci andavo stavo sempre da solo, in un angolo lontano da tutti a fissare il vuoto. Quando tornavo a casa ero più tranquillo, ma non andava meglio. Passavo tutto il tempo chiuso nella mia stanza a leggere. I libri erano l'unica cosa che mi permettesse di essere qualcun altro invece che me stesso. Quella sera, quella di cui parlava Clare, non ero chiuso in uno sgabuzzino a mangiare biscotti" ride amaramente. "Mi ha beccato lì dentro, sdraiato sul pavimento, mentre avevo un attacco di panico. Lei e Poule non capivano cosa mi stesse succedendo e io non riuscivo a dirglielo. Tremavo dalla testa ai piedi . . . So che lei ci sta male se ripensa a quella scena. Ma non può pretendere di raccontare cazzate del genere. Cazzate che dicono che ero felice quando invece non lo ero affatto. Hey, non piangere . . ." si interrompe per asciugare una lacrima dalla mia guancia. Non mi ero neppure accorta che stessi piangendo.
"Scusa." sussurro asciugandomi gli occhi. "Continua. . ." dico, in tono dolce, quasi come se lo pregassi di raccontarmi ancora. Lui corruga la fronte rabbuiandosi.
"Cos'altro vuoi sapere?" mi domanda. E per un momento vedo uno spiraglio di possibilità. Forse è finalmente pronto per raccontarmi cosa gli è successo. Forse ha trovato la forza per parlarmi del suo passato.

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Buona sera❤️
Perdonatemi se vi ho fatto attendere un pó prima di aggiornare. Però ero molto insicura su questo capitolo. L'ho letto e riletto all'infinito, e tutt'ora non mi convince del tutto. Spero che voi la penserete diversamente da me. Fatemelo sapere nei commenti, ci tengo.❤️

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