Capitolo 14

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Fuori è già buio, fa freddo e ho paura.

Ho molta paura. . .

Ma non temo il buio, non è mai stato quello a spaventarmi. Ci sono tantissime persone al mondo che odiano restare sole al buio, che stupidaggine, ci sono talmente tante cose di cui avere paura e il buio è così confortante in confronto. Ciò che veramente mi spaventa è la cosa, o meglio, la persona, che vedo arrivare dal buio ogni sera. Perché di fatto se ci si ferma a pensare, non si ha paura del buio, ma dei mostri che vi si celano dentro. Questa finestra è così fredda al tatto, e la luce fioca e inquietante dei lampioni sulla strada, non mi aiuta a tranquillizzarmi. Appoggio la mano sul vetro gelido e appena la tolgo resto a guardare quello spiraglio limpido lasciato dalla mia mano sulla superficie umida, creata dalla condensa del freddo. Normalmente mi sarebbe piaciuto disegnarci qualcosa, ma so che a lui non piacerebbe. . . E non posso rischiare di farlo arrabbiare ancora.

Allora, mi allontano da quella visuale tenebrosa e vado verso il salotto, mia sorella si è addormentata prima del solito questa sera, io è da un po' di tempo che non riesco più a farlo. Mia madre è sul divano, la testa tra le mani tremanti e gli occhi rossi e gonfissimi che stonano con quel visto così grazioso. Che sta male se ne accorgerebbe chiunque, vorrei poter fare qualcosa, ma non riesco a fare niente, non ci riesco mai. Sono una completa nullità per questa famiglia che si sta sgretolando sempre di più.

"Mamma, stai bene?" gli domando sentendola singhiozzare mentre entro in salotto. Lei nel sentire la mia voce si affretta ad asciugarsi le lacrime e tenta di sorridermi.

"Certo, tesoro. E' tutto apposto, non ti preoccupare. Però ora devi andare in camera tua, Jane." dice cercando di mantenere la calma, mentre vedo perfettamente il panico attanagliarla da dentro.

"No, mamma. Questa sera voglio restare io con te. Tanto lui non torna, e se dovesse tornare resterò qui comunque." dico cercando di farmi vedere forte, cosa che non sono affatto. Vorrei poter sopportare questo dolore per entrambe. Ma non credo sia possibile, e poi lei dubito che me lo permetterebbe.

"No! No, Jane, non puoi. Tu devi tornare di sopra, in camera tua e metterti a dormire. Okay?" dice con la voce tremante e gli occhi di nuovo stracolmi di lacrime.

Vorrei risponderle che non l'abbandonerò di nuovo, che resterò con lei per tutto il tempo. Che ci sono io qui, non è sola, io non sono e non sarò mai come lui. Ma non posso, perché proprio in quel momento lo sento. Lo stessa voce lontana, nel vialetto di casa nostra, che canticchia una canzone con parole inventate, senza un briciolo di senso. E non appena lo riconosco mi alzo dal divano e corro alla finestra dove ero prima, guardo fuori cercando bene con gli occhi in mezzo a quell'oscurità, e lo vedo, è proprio lui. E' tornato, speravo che questa fosse una di quelle sere in cui non lo avremmo visto tornare, ma non è così. E' ancora qui, come la maggior parte delle altre sere. Non voglio che succeda di nuovo. Non voglio riviverlo ancora.

Sento il rumore delle chiavi che armeggiano contro la serratura fino a sbloccarla e il suono metallico e stridente della maniglia. Vado verso mia madre che ha lo sguardo colmo di terrore e il corpo percosso da sfrenati brividi. La guardo, impotente, mentre piange a dirotto e soffre, soffre tanto. Perché l'uomo che un tempo riteneva l'amore della sua vita, ora è diventato il suo più grande dolore. Si volta verso di me e mi supplica con lo sguardo di andarmene da lì, di correre in fretta in camera mia, ma non voglio lasciarla qui tutta sola con lui.

"Jane, per favore, va di sopra. Lui non verrà, te lo prometto, ti proteggo io, tesoro." le sue lacrime scendono a dirotto, nonostante lei cerchi di fermarle. E' una donna forte la mamma, ma anche le donne forti a volte hanno bisogno di essere salvate.

"E chi proteggerà te, mamma?" inevitabilmente inizio a piangere anch'io. Non sopporto di dover vedere quella luce nei suoi occhi spegnersi giorno dopo giorno ed essere rimpiazzata dalla paura costante che la tormenta.

E' tutta colpa sua, lui gli ha fatto questo.

Ma la porta si spalanca in quel momento.

"Jane, ti prego " mi supplica lei e io, non posso fare nulla se non fiondarmi di corsa su per le scale, arrivare al piano disopra, entrare in camera mia e nascondermi, come quasi tutte le sere da troppo tempo, in quell'accogliente cabina armadio, che ormai è diventata il mio piccolo rifugio segreto.

Sento le urla dei miei genitori di sotto, si gridano contro tutte le volte che si vedono. Ma non è questo a preoccuparmi, è ciò che avviene dopo il litigio che mi spaventa. E la cosa peggiore è che le mie piccole ed esili mani non bastano per ripararmi le orecchie da tutto ciò che sento. Il più delle volte finisce così la mia serata e resto tutta la notte chiusa in quest'armadio freddo e umido a piangere da sola, senza trovare un modo per sistemare le cose e continuando a sopportare questo schifo.

Ma non sempre, e questa non è una di quelle sere a quanto pare. Sento i tonfi che i suoi stivali provocano sulle scale mentre sale al piano di sopra e so per certo che non impiegherà più di qualche minuto prima di raggiugermi.

"Orami so dove ti nascondi, brutta, piccola, stronzetta che non sei altro!" la sua voce è impastata, e la sento sempre più vicina.

Poi la porta della piccola cabina armadio viene strattonata con forza, e il suo viso distorto da un ghigno che disturba ogni mio pensiero mi osserva come se fosse felice di vedermi, o meglio, come se fosse felice di poter distruggere anche quell'ultimo briciolo di speranza che risiede in me.

"Ti ho trovata!" esulta con la follia che gli esplode dagli occhi. La sua sudicia mano, inevitabilmente, si avvicina velocemente e sempre di più verso di me. E nessun urlo esce dalla mia bocca, sarebbe inutile, nessuno lo sentirebbe.

Mi sveglio di soprassalto. Il respiro affannoso e i brividi che riscuotono ogni centimetro del mio corpo. E' successo di nuovo. Non posso crederci. Quando smetterò di rivivere queste immagini nella mia testa? Ogni notte è la stessa storia. Di giorno cerco di non pensarci, ma durante la notte il mio inconscio mi riporta lì, sempre. Quasi come se riviverla fosse la punizione per la mia costante paura di ricordare, ma come posso ricordare ciò che ha fatto, come potrei mai desiderare di ricordare il dolore che ci ha causato? Voglio che tutto ciò finisca una volta per tutte. E' uscito dalla porta di casa nostra anni fa ormai, ma quand'è che uscirà anche dalla mia testa?

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