Capitolo 65

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"Se gli sguardi esprimono qualcosa, anche un idiota si sarebbe reso conto di come fossi innamorato alla follia... Ma io cosa feci? Mi chiusi gelidamente in me stesso, come una chiocciola, ritraendomi e comportandomi a ogni occhiata con piú freddezza. Una tale strana indole mi ha procurato la reputazione di uomo volutamente privo di cuore e quanto si tratti di una immeritata reputazione, io soltanto lo posso dire." Sospiro, rigirando tra le mani il libro di cime tempestose, ormai sgualcito per le troppe volte che è stato letto. Sono giorni che vengo qui subito dopo scuola. L'ospedale è un luogo così freddo e triste. Non mi va di lasciare così tanto tempo mia madre qui tutta sola, ma quale altre possibilità ho? Anche solamente a leggere questi versi mi sento una stupida. I medici sono convinti che lei possa sentirmi, ma come fanno ad esserne certi? D'altronde è lei quella straiata in questo letto, fredda e immobile. Cosa ne sanno loro?
"Chissà se davvero riesci a sentirmi . . ." sussurro scostandogli dal viso una ciocca di capelli ribelli.
"Vorrei che tu fossi qui . . ." sospiro. "Vorrei poterti parlare di Will . . . Si comporta in modo strano ultimamente, e io non so cosa fare." dico prendendomi la testa tra le mani. Sono passati cinque fiorni dalla nostra litigata da Rory's, e da quel giorno Will è tremendamente scostante. Va tutte le sere da Michael, dice che gli va di passare un pó di tempo con i suoi amici. E io . . . Bè, vorrei potergli credere, con tutta me stessa, ma la paranoia mi divora dall'interno ogni giorno di più. E, inoltre, come provo a fargli alcune domande lui si incazza da morire, continua a dirmi che devo fidarmi di lui. E io mi fido. È solo che . . . Ho un brutto presentimento. Torna tardi tutte le sere, mentre io me ne sto a casa da sola a leggere.
Forse ha ragione, sono solo troppo paranoica. E nemmeno a farlo apposta, il mio cellulare vibra, annunciando l'arrivo di un nuovo messaggio.
Sono qui.
Mi alzo dalla piccola e scomoda poltrona che occupo ogni giorno e dopo aver salutato mia madre, raggiungo l'ascensore. In meno di cinque minuti sono già fuori dall'angusto ospedale.
Will è lí, appoggiato alla fiancata della sua jeep nera metallizzata. Con i suoi soliti jeans scuri, una felpa nera e il vento che gli scompiglia i capelli, sembra proprio uscito da una rivista di moda. È bello da togliere il fiato. Quando mi vede un sorriso gli illumina il viso e mi raggiunge, circondandomi la vita con le braccia e regalandomi un casto bacio a stampo.
"Ciao piccola." sorride prima di allontanarsi e andare ad aprirmi lo sportello dalla parte del passeggero. Lo guardo sinceramente sorpresa da quel gesto, poi senza indagare salgo in auto e attendo che lui faccia lo stesso.
"Che programmi hai per oggi?" mi domanda con gli occhi fissi sulla strada.
"Niente di speciale. Tu? A che ora vai da Michael?" chiedo guardando la vasta distesa d'acqua azzurra fuori dal finestrino.
"In realtà, oggi non vado da Michael." dice con un alzata di spalle. Mi volto di scatto, sorpresa da quell'affermazione.
"Come mai?" domando sorpresa.
"Non mi va." dice semplicemente, con un alzata di spalle.
"Oh. Okay."
"Che ne dici se andiamo a fare un giro? Conosco un posto dove si mangia benissimo, potremmo andarci per cena, se ti va." dice girandosi verso di me con un sorriso dolce. Un sorriso che a quanto pare è contagioso visto che mi ritrovo a fare lo stesso.
"Ci sto. Che tipo di posto è?" domando. Lui ridacchia tra sè.
"Lo vedrai."

Venti minuti dopo Will parcheggia a fianco della strada che costeggia il lungomare.
"Siamo arrivati." dice con un mezzo sorriso, poi scende dall'auto e mi fa cenno di seguirlo. Raggiungiamo un piccolo bistró sulla spiaggia. Nonostante il vento fresco di gennaio, il cielo è limpido e la vista è spettacolare. Il sole deve essere tramontaro da poco, lasciando dietro di se una scia di colori tendenti al rosa e all'arancione. È bellissimo. E ormai so che anche Will, come me, ama guardare il tramonto. Il piccolo bistró è illuminato da piccole lucine bianche e lanterne appese qua e là. Voltandomi verso Will noto che ha lo sguardo perso in lontananza, verso l'orizzonte che si fonde in modo magnifico con l'azzurro del mare.
Appena entriamo nel locale un calore piacevole ci accoglie, accompagnato da un forte profumo di arrosto. Il mio stomaco ne risente, emettendo un brontolio impaziente. E Will se ne accorge, perché si volta verso di me con un mezzo sorriso.
"Fame?" domanda e io annuisco.
"Anch'io." risponde. Poi si avvia verso uno dei tavoli liberi infondo al piccolo locale. Lo seguo e mi siedo di fronte a lui. Il bistró è davvero piccolo come appare dall'esterno, ma è molto accogliente e dal profumo anche il cibo promette bene. Quando la cameriera arriva chiedendo se siamo pronti per ordinare io non ho ancora neppure dato uno sguardo al menù, ma Will risponde per entrambi, ordinando delle ali di pollo con patate fritte.
"Fidati, sono ottime." mi dice appena la ragazza si allontana dal nostro tavolo con la nostra ordinazione.
Quando, poco dopo, il nostro ordine arriva devo ammettere che Will aveva proprio ragione. Qui il cibo è buonissimo.
"Com'è andata oggi a scuola?" domando. Non parla quasi mai della sua scuola, che è ben lontana dalla mia. Infatti, da quando vivo dagli zii di Will sono costretta a prendere l'autobus tutte le mattine. Lui si offre ogni giorno di acconagnarmi, ma io rifiuto sempre. Se lo facesse, entrerebbe in ritardo a scuola tutte le mattine per colpa mia.
"Come al solito." risponde con un alzata di spalle. "A te invece? Com'era il saggio di letteratura?" domanda portandosi una forchettata di carne dalla bocca.
Oggi dovevamo consegnare un saggio sul romanzo di Jane Austen, Orgoglio e Pregiudizio. Ho lavorato moltissimo su quel compito, spero vivamente che vada bene. A Will spiego di come il professore è rimasto sorpreso quando gliel'ho consegnato. Gli spiego del dibattito tenuto in classe su quel romanzo e di quanto mi piaccia. Lui mi ascolta attento per tutto il tempo.
"Avrei voluto leggerlo prima della consegna." dice.
"Bè, te l'avrei fatto leggere volentieri, ma tu ieri non c'eri e quando sei tornato eri un po' troppo suscettibile per leggere un saggio." dico tentando di camuffare la delusione con una mezza risata.
"Non ero suscettibile." dice evitando di incrociare il mio sgaurdo.
"Oh, altroché se lo eri. Ma non importa." dico spostando l'attenzione sulla coppia sul tavolo accanto al nostro. Un ragazzo e una ragazza, che si tengono per mano. Lei sta parlando e lui la guarda come se non esistesse nessun altra ragazza al mondo. Chissà se Will ha mai guardato me così . . .
"Jane?" domanda lui riportandomi alla realtà. "Mi stai ascoltando?"
"No, scusami, mi sono distratta. Cosa stavi dicendo?" dico arrossando leggermente.
"Dicevo . . . Che c'è una cosa di cui voglio parlarti." dice passandosi una mano tra i capelli.
"Cosa?" domando improvvisamente preoccupata. E se i miei dubbi fossero, veri?
"Bè, non è niente di che . . . È solo che . . . Si insomma, stavo pensando che magari . . ."
"Cosa?" domando di nuovo.
"Il semestre è ormai finito e stavo pensando . . . Stavo pensando che non sarebbe una cattiva idea se io mi trasferissi nella tua scuola." dice con un mezzo sorriso insicuro.
Ehm . . . Cosa?

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