Capitolo 1

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La gente scappava ovunque, riparandosi dai detriti che crollavano o dai raggi sparati dalle astronavi che, veloci, sfrecciavano sulla testa dei poveri malcapitati.

Stark lottava in aria contro qualche alieno, Hulk si lanciava di palazzo a palazzo, distruggendo e spaccando.

Si sentivano gli spari delle pistole e le urla generali.

Una delle grosse astronavi, abbattute, si schiantò contro un grattacielo, spezzandolo alla base e causandone il crollo sui cittadini ancora in fuga. Pezzi di vetro e di metallo si staccarono e alcuni finirono per colpire la testolina bionda di una bambina, che alzò gli occhi azzurri verso l'alto, sull'imminente ombra che la investiva. Urlò terrorizzata, cercando di ripararsi con le braccia e fu allora, dopo un eco simile a un tuono, che due braccia la circondarono e si trovò davanti al viso di un uomo dai capelli biondi e un lungo mantello rosso. 

«Reggiti!»

Lei annuì e la portò via in volo, mentre il grattacielo si schiantava.


Con un sussulto, Lise aprì gli occhi e si ritrovò con il fiato corto a fissare il soffitto bianco della sua stanza, decorato da un lampadario a mongolfiera azzurro che spiccava al suo centro. L'affanno le dava la sensazione di aver corso per chilometri senza fermarsi, era sudata e soprattutto spaventata. Aveva fatto nuovamente quel sogno, aveva rivissuto il ricordo che alle volte le scuoteva la memoria. Il giorno dell'attacco a New York, il momento preciso cui Thor era giunto a salvarla quando era solo una bambina di nove anni, accaduto niente meno che tre anni prima. Si tirò su a sedere, sentendo i muscoli indolenziti. Si passò una mano sulla fronte e poi nella massa di capelli biondi e spettinati che prudevano. Le lenzuola si erano fatte pungenti e le scostò per alzarsi, poggiando i piedi nudi sul pavimento, e avanzò ancora assonnata verso lo specchio.

Dodici anni eppure si sentiva una vecchia piena di acciacchi, con la testa che le girava e due occhiaie nere che spiccavano sotto gli occhi. Probabilmente era sul serio il caso di smetterla con i videogiochi fino alle due del mattino. Sbadigliò sonoramente, stropicciandosi con il dorso della mano gli occhi stanchi per scacciare gli ultimi rimasugli di sonno, cosa che non fu necessaria, poiché ci pensò il raccapricciante scenario, riflesso alle sue spalle, che glieli fece sgranare per poi voltarsi.

La parete sotto la finestra, di fianco al letto, era completamente ghiacciata. Uno spesso strato biancastro che lentamente gocciolava e bagnava le lenzuola.

Si portò le mani davanti alla bocca per non urlare. L'aveva fatto di nuovo, nel sonno aveva perso il conto dei suoi poteri.

«No. No, no, no...». Corse velocemente e saltò sul letto, cercando un modo per riparare il disastro. Se sua madre fosse entrata, avrebbe fatto indubbiamente un gran casino e...

Due tocchi alla porta e la seguente voce femminile che esclamava: «Tesoro, sei sveglia?»

Il suo incubo stava prendendo forma. Sua madre stava per entrare. Fu sveltissima. Afferrò il cuscino e lo poggiò contro la parete, poggiandovi la schiena a sua volta per non farlo cadere, appena in tempo per vedere sua madre comparire dallo stipite con un bel sorriso.

«Tesoro?»

«Ciao, Mamma.»

Sigourney Swan o Sigy, com'era solita farsi chiamare dagli amici, era una donna sulla trentina dai capelli biondi e due occhi castani tendenti al nocciola, dallo sguardo vispo e dolce. Entrò nella stanza da letto e subito si accigliò «Lise, che cos'è successo?».

Tentennò un attimo prima di rispondere ed eseguì il sorriso più finto che conoscesse «Niente, Mammina».

Lei roteò gli occhi al cielo e chiuse la porta alle sue spalle. Poi puntò le mani sui fianchi e la guardò con severità «Ailìs Swan, togli quel cuscino e mostrami che cosa è successo».

Swan Ice- L'Anello del NibelungoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora