Capitolo 100

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Lo specchio a figura intera, conferiva a Sigfrid un'immagine di sé che aveva perso da molto tempo mentre si lasciava agghindare elegantemente dai valletti, che si occupavano di chiudere le fibbie metalliche della casacca di velluto nero o di appuntare gli spallacci metallici cui agganciare il lungo mantello di seta verde, che ricadeva dietro la sua schiena come una cascata.

I suoi lunghi capelli verdi erano stati legati in una treccia abbellita da fermagli smaltati e sulla sua testa, fu adagiata la corona. Un cerchio d'oro con sei gigli più grandi che si alternavano ad altrettanti più piccoli e abbelliti da delle pietre di acquamarina dal taglio a goccia.

La sua alta uniforme. Non la indossava da così tanto tempo che guardarsi allo specchio e vedersi vestito in quella maniera, gli sembrava molto strano, a stento si riconosceva. Gli riportava alla memoria i tempi in cui Niflungar era al suo massimo splendore, la capitale ricca di vita e il palazzo perennemente in festa e pieno di colori.

La musica e la poesia accompagnavano le lunghe serate all'insegna di balli e ricevimenti, e al suo fianco c'era la sua amata regina, la sua Meeme. Ora, di quei tempi era rimasto solo il ricordo lontano, un fantasma, un'ombra oscura che aveva ricoperto il suo reame, un tempo prospero.

Molte di quelle persone erano morte, sepolte sotto terra, la sua regina e i suoi figli giacevano in tombe di marmo nella cripta del palazzo e i tempi delle feste si erano fatti così lontani che quei pochi che erano rimasti del suo popolo a stento li ricordavano.

Non indossava più quegli abiti così pregiati poiché non ne aveva mai avuto un motivo, eppure, quella mattina ne aveva uno e non certo quello più lieto. La delegazione di Jotunheim e di Muspelheim stava per giungere nel suo regno.

La sua consigliera, se ancora così poteva definirla, li aveva convocati. Voleva che udisse dalle loro bocche che il piano di cui aveva parlato e che stava mettendo a punto, fosse quasi pronto, probabilmente temeva di finire con la testa tagliata o di essere sbattuta di nuovo in cella. In quel caso, neanche il sesso avrebbe potuto aiutarla, era stato chiaro.

Quando i valletti finirono, si allontanarono da lui e Sigfrid prese un lungo respiro.

Fu allora che qualcuno bussò.

«Avanti!»

La porta si aprì e fu un servo a entrare «Vostra Maestà, le delegazioni sono arrivate».

«L'Incantatrice?»

«Vi attende.»

Annuì e si apprestò a uscire dai suoi appartamenti. Fu lì che trovò la sua consigliera, all'angolo del corridoio. La guardò dalla testa ai piedi, attentamente. Indossava uno degli abiti che le aveva fatto portare, una veste colore verde dai decori dorati, a maniche lunghe e dallo scollo rotondo.

Le calzava perfettamente, aderiva alla sua figura mettendo in risalto la vita stretta e il seno prosperoso. Tuttavia, c'era sempre quel dettaglio. Non indossava alcun mantello ma il suo volto era comunque celato dal cappuccio ricamato che abbelliva il vestito. Vedeva solo le sue labbra e qualche ciocca di capelli rossi che sbucava dalla stoffa.

Provò un certo disappunto, ma non disse niente, almeno non aveva quel ridicolo mantello.

Gli si avvicinò, reggendo la lunga gonna con una mano, sollevandola appena «Allora, sei pronto Sigfrid?»

«Sarà meglio per te che non sia una perdita di tempo, Incantatrice.»

«La delegazione è qui per una ragione. Non ne resterai deluso, udirai dalle loro bocche che cosa stiamo progettando. Helblindi e Surtur ci hanno messo a disposizione le loro risorse per creare questo esercito. Udirai da loro in persona e non dimenticarti che è necessario a questo punto, ora che Asgard sta mettendo in funzione le navi da guerra.»

Swan Ice- L'Anello del NibelungoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora