Capitolo 41

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Davanti allo specchio della sua stanza, Thor si guardava e stentava a riconoscersi vestito in quel modo. Una tunica colore oro con decori di un giallo più chiaro sotto una casacca smanicata rossa, stretta da una cintura soffocante dai bordi ricamati con pantaloni e stivali neri. Ma ciò che soprattutto osservava, era la corona che gli stringeva la fronte. Un cerchio d'oro intrecciato, tempestato di rubini e ambre.

La corona del re di Asgard.

C'era stato un tempo in cui da bambino era solito fermarsi a guardare quell'oggetto, accuratamente riposto dentro una teca di cristallo, bramando il giorno cui l'avrebbe indossato sulla testa.

Guardandosi conciato in quella maniera, si chiedeva che cosa ne avrebbe pensato Lise se lo avesse visto. Lei sosteneva sempre che non aveva per niente l'aspetto di un principe. A essere onesto, ci vedeva più Loki conciato in quella maniera e immaginò già le sue battute pungenti nel vederlo in quel modo. Alla fine, pensò che l'unica cosa su cui avrebbe ironizzato a modo suo, sarebbe stata la corona che gli gravava sulla testa con il suo ingente peso.

«Maestà.»

Si voltò verso il servito che, in ginocchio, gli porgeva la lancia di Odino. Maestà aveva detto. Gli suonava così strano quell'appellativo alle orecchie e lo era anche ricevere Gungnir. Da bambini, lui e Loki facevano a gara a chi riuscisse a sollevarla, la vedevano come un mezzo per giocare a fare i re a turno sul trono, con Odino a guardarli orgoglioso. Anche quel tempo gli sembrava lontano, quando ancora non capivano il significato del governare e fantasticavano su che genere di re sarebbero stati da adulti, quando erano completamente diversi da ciò che erano diventati adesso.

Sospirò e le mani gli tremavano mentre il gelido oro del bastone sfiorava i polpastrelli e la prese tra le dita, stringendola e sollevandola per guardarla. La luce del sole della prima mattina che filtrava dalle vetrate spalancate, la faceva brillare, i suoi raggi si riflettevano sulla superficie liscia come il suo aspetto diverso, estraneo eppure così familiare.

I servitori aprirono le porte della sua stanza da letto e gli fecero largo per passare. La sua ombra si rifletteva sui muri del corridoio e s'impose di non guardarla. Attraversò le sue stanze e arrivò dinanzi alle porte che lo separavano dal mondo esterno e si sentiva nervoso. Una volta che quei battenti si fossero aperti, sarebbe cominciata la prova più difficile, in fondo doveva pur accadere alla fine, e onestamente sperava di più in un poi. Un tempo sognava il giorno cui, anche per poco tempo, si sarebbe seduto sul trono e avrebbe governato, adesso era spaventato.

Sembrava buffo, il Dio del Tuono, che non temeva niente e nessuno, aveva paura di fare ciò per cui era stato preparato e cresciuto.

Prese un sospiro e aprì le porte per attraversare il corridoio principale e ogni maledetto servitore, ancella o cortigiano presente s'inchinava, fermandosi per lasciare passare lui e la stola di guardie armate che lo seguiva per dargli chissà quale protezione. La verità era che doveva essere a Niflheim per aiutare Hel e i suoi giganti a ristabilire l'ordine dopo la battaglia oppure recarsi aSvartalfheim al posto di Odino stesso e non indossare la corona e avanzare verso l'uscita del palazzo per salutarlo prima che partisse verso il Mondo Oscuro.

Attraversò tutto il palazzo tra inchini e riverenze e scese i gradini che portavano ai piani inferiori, il tintinnio delle armature alle sue spalle era insopportabile, di più della pesantezza che quel cerchio dorato gli causava alla testa, lo avrebbe gettato via se avesse potuto.

Arrivò all'ingresso, metà corte era lì, c'erano anche Frigga e Loki, solo che quest'ultimo non era altro che una proiezione controllata a distanza, ormai aveva imparato a distinguere la differenza. Ovviamente, anche in quella forma non mancò di rivolgergli un bel sorriso sarcastico e derisorio, squadrandolo dalla testa ai piedi. Era consapevole di essere la sua barzelletta preferita e si sforzò di non guardarlo mentre gli si fermava accanto per attendere Odino, non ancora arrivato, e il povero stalliere che cercava di tenere mansueto il destriero del re, un imponente cavallo a otto zampe.

Swan Ice- L'Anello del NibelungoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora