Capitolo 143

54 2 0
                                    

Un terribile dolore alle tempie portava la sua testa a pulsare come se qualcosa ci stesse scavando dentro, gli occhi erano come incollati e aprirli le costò fatica e un fortissimo bruciore che combatté soltanto dopo alcuni secondi. Mise a fuoco e la prima cosa che osservò, fu il verde intenso del baldacchino dai ricami d'oro sopra la sua testa e la luce pallida del mattino che illuminava la stanza, entrando dalla grande vetrata. Anche il dolore alla testa cessò per fortuna e riuscì a sollevarsi dal materasso, doveva essersi addormentata senza rendersene conto dopo il lungo pianto cui si era lasciata andare, doveva essere per questo che sentiva la faccia appiccicata.

Tirò fuori una mano dalle coperte per grattarsi la testa e, guardandola, poté osservare il suo dito privo dell'anello ma con soltanto un tenue rossore nel punto in cui esso si trovava fino a diverse ore prima. Non ci aveva ancora fatto caso quando si era svegliata la prima volta, quando...

Strinse i pugni tirando le coperte di pelliccia, la rabbia riaffiorò di nuovo da dentro il suo corpo e le scatenò una vampata di calore che, come mostrò anche lo specchio alla sua destra, le aveva arrossato il volto come se fosse un pomodoro. Assurdo, una volta pensava che il giorno in cui si sarebbe svegliata senza quel coso al dito, avrebbe gioito fino a saltare sul letto eppure, guardando la sua mano priva di quel pezzo di ferraglia, non provava niente, eccetto un vuoto al centro del suo cuore da cui riaffiorò il racconto di sua madre su di lei e Loki.

Già, Loki.

Che simpatica ironia della sorte e pensare che stesse anche cominciando a volergli bene e a vederlo come un amico.

Una volta pensava che suo padre fosse solo un bastardo, lo poteva perdonare un bastardo, ma questo no. Non poteva, perché era stato al suo fianco per settimane, più di un mese ormai. L'aveva aiutata, anche se controvoglia, le aveva insegnato a usare l'arco, litigavano ma alla fine la accontentava, l'aveva salvata da quelle Ombre e dai quei demoni.

Come poteva perdonarlo dopo questo?

E poi Thor.

Sapeva la verità, tantissime volte ne avevano parlato con sua madre senza fare nome e cognome, senza esporsi più del necessario e aveva sempre pensato che lei gli avesse raccontato qualcosa dopo anni di amicizia e invece no, lui sapeva tutto.

E i regali, le attenzioni. Si era infilato nella sua vita non perché l'aveva salvata da quel grattacielo che le stava per finire addosso, a tanti altri bambini aveva salvato la vita e mai si era interessato a loro, non cercava i suoi fans per le strade di New York, faceva sempre di tutto per non farsi riconoscere. Le aveva sempre detto che lei era speciale, aveva creduto di esserlo perché poteva vantare l'amicizia di Thor. Ora capiva, se non fosse stato per lui, il Dio del Tuono l'avrebbe considerata solamente una dei tanti bambini salvati dai Chitauri durante la Battaglia di New York, sarebbe scomparso nel nulla e lei avrebbe avuto solamente un ricordo sfocato del suo viso.

Forse sarebbe stato meglio, anche lui l'aveva presa in giro.

Si grattò la testa e scostò le coperte per alzarsi da quel letto e mettere i piedi a terra, il capogiro che la colse la costrinse a doversi reggere al legno del comodino per far smettere alla sua vista di girare e poi cominciò a camminare sul pavimento, fino alla vetrata. Il sole era sorto ma il cielo era ricoperto di nuvole bianche che ne oscurava la luce, la giornata non era molto bella, c'era anche vento.

Buffo, si era addormentata che era pomeriggio e si svegliava la mattina del giorno dopo. Beh, a quel punto non la stupiva più niente.

Udì contro la porta dei rumori, sembravano dei raschi contro il legno e si accigliò, avvicinandosi alla porta per aprirla delicatamente e si trovò davanti Fenrir. Sospirò roteando gli occhi al cielo e lo guardò con astio mentre lui si fermò davanti a lei, grande, grosso e pure pietoso, in attesa di qualcosa. Voleva ignorarlo, chiudere la porta e inizialmente ci provò ma lui emise dei piccoli versi e Lise, che fu pronta a cacciarlo, finì soltanto per impietosirsi. La sua coda si muoveva, voleva essere accarezzato come tutte le mattine da quando era lì.

Swan Ice- L'Anello del NibelungoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora