"L'incontro tra due personalità è come il contatto tra due sostanze chimiche: se c'è una qualche reazione, entrambi ne vengono trasformati."
Brianna Johnson è una diciassettenne superficiale ed egocentrica. Lei è la studentessa più popolare del lice...
Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
Una delle mie tante filosofie della vita era: "se sei giù di morale, consolati con un po' di shopping".
Ed era quello che avevo appena fatto, prima di entrare in classe, ordinando online una nuova borsa di Coco Chanel, e il solo pensiero di averla a cui a poco tra le mie mani mi fece tornare di buon umore. Il mio metodo funzionava.
Misi in borsa il cellulare e finii di sorseggiare il mio adorato milk-shake alle ciliegie che prendevo al Donut Coffee ed entrai in aula.
«Johnson, non si portano bevande in classe» proferì la professoressa con il suo solito tono rigido e lagnoso.
«È vuoto prof» appoggiai il bicchiere sopra la sua cattedra facendola irritare e andai a sedermi al mio posto, fortunatamente lo sfigato di Will non cera quel giorno.
«Ciao Brianna, pos-» ma non mancava mai lo sfigato di Noah. Lo interruppi malamente prima che potesse terminare la frase. «No»
Mi sedetti e accavallai le gambe mentre rovistai in borsa, in cerca del mio amato gloss alle ciliegie e uno specchietto che mi portavo sempre dietro. Avevo una leggera ossessione per le ciliegie.
«Le sembra il modo appropriato di sedersi in classe, Johnson?!» mi richiamò la prof ed io roteai gli occhi verso di lei con pigrizia.
«Non dirmi che io modo appropriato per sedersi è rimanere incurvata come lei, prof, perché così rischio di avere una gobba simile a quella del gobbo di Notre Dame o esattamente come quella che ha lei» la schernii mantenendo un tono formale, guardando con una smorfia disgustata il suo raccapricciante gilet marrone.
Raddrizzò la schiena e si limitò a storcere il viso infastidita, mentre si aggiustò gli occhiali sulla punta del naso. Conoscevo l'influenza che aveva mio padre in questa scuola, quindi, non mi sorprendeva che molti professori incassavano i colpi che assestavo senza proferire parola perché sapevano che, se solo avessi voluto, potevo metterli nei casini, esattamente com'era già successo l'anno scorso con un professore che aveva osato mettermi in punizione perché stavo ripassando il rossetto sbiadito sulle labbra.
Sfoggiai un sorrisetto vittorioso davanti al suo mutismo, e tornai ad applicare il gloss sulle labbra.
«Buongiorno socia» alzai gli occhi al cielo udendo quella voce così allegra e irritante. Avevo cantato vittoria troppo presto.
Will si sedette accanto a me con il suo solito cappello di lana blu e con addosso una delle sue tante orribili camicie a quadri. «Mi ha scritto una ragazza, indovina chi» mi chiese in un sussurro, avvicinandosi più a me. «Non mi interessa quale ragazza ha dei pessimi gusti» replicai pigra. «Amanda Smith» ammise, ignorando quel che avevo detto. Mi voltai verso di lui appena udii il nome della mia amica e lo guardai scettica, non credendogli. «Non ti sto mentendo, perché mai dovrei farlo?» chiarì subito, notando la sfiducia che esprimeva il mio viso. «Cosa ti avrebbe scritto, sentiamo» sbuffai tornando a guardare dinanzi a me, fingendo che la lezione mi interessasse. «dopo scuola ti aspetto in palestra, non mancare» chissà quante volte si era messo a leggere quel messaggio per ricordarselo a memoria. «Abbiamo gli allenamenti in palestra, idiota» lo informai. «Lo so, ma...non so, mi ha detto di vederci lì» il suo sorriso raggiante non si era spento nemmeno un po' da quando si era seduto. Quel giorno la sua felicità spruzzava da ogni suo poro. Probabilmente Amanda avrebbe sfruttato quei soliti dieci, quindici minuti che ci mettevamo per arrivare e prepararci, supposi.