capitolo 37

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Io detestavo fumare

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Io detestavo fumare.

La nicotina, oltre ad essere un tentato avvelenamento ai polmoni, creava dipendeva; ed io, che ero una ragazza ossessionata dall'aspetto fisico, non né avevo mai provato una per non rischiare di essere schiava di qualcosa che poteva compromettere la mia salute -l'alcol era un eccezione alla regola, ovviamente-.

L'unica volta che avevo provato a fumarne una ero in una terrazza con Blake, qualche mese fa, ed era finita con me che non la smettevo di tossicare. In quel momento avevo appurato che le sigarette non facevano per me. Perciò mi chiesi e richiesi che diamine stavo facendo in un giardino di una casa che nemmeno conoscevo, sotto un vecchio gazebo con un tipo dai capelli rossi fuoco che rollava una cartina contenente dell'erba dal forte odore, seduto su una panchina di legno. Tutto per dimostrare qualcosa a quello stronzo.

Mi strinsi nella giacca che avevo indossato prima di uscire appena una folata di vento pungente mi sferzò in viso e sulla pelle nuda delle gambe, facendomi rabbrividire di freddo. Rispetto alle notti precedenti, malgrado facesse freddo, questa sera le temperature erano sopportabili.

Lanciai una rapida occhiata sul rosso che non ricordai il nome, scorrere la lingua lungo la cartina della sigaretta e poi la arrotolò con pochi gesti esperti delle dita. Strinsi le braccia al petto e gironzolai con lo sguardo, ripetendomi mentalmente di essere una stupida per la stupidaggine che stavo facendo nel stare sola con un tipo che nemmeno conoscevo, a fumare una sigaretta contente all'interno dell'erba che, chissà come, mi avrebbe fatta sentire.

Cosa provocava la marijuana? Non ne avevo mai provata una, sapevo solo che, in un certo senso, provavi un senso di pace e riuscivi a svuotare la mente dai pensieri pesanti. Ed era quello che volevo: non pensare a nulla. Né a Blake, né ai sentimenti che nutrivo per lui che riuscivano a disorientarmi, né alla notte che avevo passato con lui nella sua auto, a nulla.

Avevo bisogno di svuotare la mente, era quello che mi ci voleva.

«Bevi un po' di birra, tieni» mi voltai verso la voce del rosso che mi ridestò dai pensieri. «non mi va» dissi solamente, ancora abbastanza tesa. In casa avevano alzato la musica, arrivava ovatta in giardino.

«Dai non fare la superdonna, ti riscalderà» insisté porgendomi la bottiglia di vetro.

Sbuffai ed infine mi avvicinai a lui per prendergli la birra dalle mani e mandare giù solo un sorso, storsi il naso in una smorfia disgustata nel sentire un sapore strano e pungente nel liquido che c'era nella bottiglia.

Era così diverso dalla solita birra che bevetti quelle rare volte, aveva un retrogusto amaro. Guardai sospettosa il ragazzo che sorrise divertito davanti alla mia espressione schifata e insospettita.

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