capitolo 32

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«Mi hai davvero deluso, come ti è saltato in mente di fare quella scenetta in mensa, cosa ci hai guadagnato, eh? La figlia dell'avvocato Johnson fa uno show del genere! Sai come mi sono sentito mentre il preside mi raccontava della tua bravata? No...

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«Mi hai davvero deluso, come ti è saltato in mente di fare quella scenetta in mensa, cosa ci hai guadagnato, eh? La figlia dell'avvocato Johnson fa uno show del genere! Sai come mi sono sentito mentre il preside mi raccontava della tua bravata? No, ovvio che non lo sai perché non rifletti mai sulle conseguenze delle tue azioni. E sai qual è il problema? E che ti abbiamo viziata e dato troppa libertà, per questo mi sono assicurato che il preside ti desse la giusta punizione che ti meriti. E da oggi le cose cambieranno signorina, la carta di credito te la puoi dimenticare insieme alle uscite con le tue amiche la sera. Uscirai solamente per andare a scuola è basta» mi urlò contro mio padre appena varcai la di casa.

Mi aveva sorpreso il fatto di aver trovato entrambi i miei a casa, sapevo che il preside li avrebbe avvertiti ma pensavo di aver almeno il tempo di chiudermi a chiave in camera. Dannato autista lumacone! Se avesse guidato un po' più veloce sarei arrivata prima e mi sarei chiusa in camera, ed invece, ora mi toccava subire le loro urla e le loro facce arrabbiate seduta sul divano.

Non avevo le forze e né la voglia di replicare e francamente, aspettavo in silenzio che finissero di dire quanto io li avessi delusi per potermi barricare in camera e prepararmi per la partita di stasera.

«Ecco cosa succede quando non la metti mai in punizione» disse mia madre, guardandomi severamente. «ed ora fila in camera tua e non uscire fino all'orario di cena, anzi cenerai in camera tua» mia mamma mi indicò la strada da seguire, come se non la conoscessi.

«Stasera ho la partita» le dissi, e mi alzai svogliatamente dal divano. «pensi che mi possa interessare!?» replicò fuoribordo mio padre, mentre mamma cambiò subito umore. «Dylan, è la capo cheerleader, deve essere presente» provò a persuadere mio padre con le sue solite tattiche.

Non rimasi in ascolto, sapevo già che mia madre lo avrebbe convinto a lasciarmi andare, salii in camera mia e mi buttai a peso morto sul letto anche se l'idea era quella di prepararmi. Mi coprii la testa con il cuscino, sperando di soffocare i pensieri che avevo.

Avrei tanto voluto poter mettere in questo momento in modalità silenziosa la mia mente e i miei pensieri, così da non essere indisturbata.

Pensai e ripensai al casino che avevo combinato qualche ora prima in mensa, e più ci pensavo, più mi sentivo uno schifo. Per la prima volta mi sentivo dannatamente in colpa per aver umiliato qualcuno in quel modo, davanti a tutti.

La rabbia in quel momento mi aveva accecata; si era nutrita di me e delle mie emozioni, lasciando solo l'odio e la cattiveria a dominare il cervello e aveva fatto in modo che la mia bocca lavorassi più veloce della mia mente. Aveva fatto sii, che uscisse il peggio di me. E ci era riuscito magnificamente.

Se ci pensavo e riflettevo su un attimo su quel che avevo fatto, mi rendevo conto di quanto me la fossi presa per così poco: snob, viziata, presuntuosa, erano il male minore di ciò che mi avevano detto. Avrei dovuto lasciarmi scivolare tutto addosso come avevo sempre fatto, non doveva scatenare in me quella simile reazione.

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