ꜱᴇᴄᴏɴᴅ ᴀᴄᴛ

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ᴄᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 9

Prima di andare via, chiamo da parte Susan per parlarle dei miei costumi. "Per la scena nell'elefante, ho qualcosa che potrebbe andare bene". Susan mi guarda di sottecchi, soffocando una risata. "Sì, ho una strana fissa per i completi intimi. Non l'ho mai usato. Mi serviranno solo le calze". Susan si appunta tutto. Le chiedo dei consigli, poiché è l'unica ragazza con una conoscenza teatrale a cui posso affidarmi. "Tu hai mai recitato?".

"Sì, ma tanto tempo fa. Ero ancora al college" spiega lei, grattandosi il mento. "L'ho chiesto anche al professore, ma non mi ha convinto al cento per cento. Tu che ne pensi delle scene di nudo?". Per rispondermi, si mette comoda sulla sedia portandosi la cartellina sulle gambe. "Avevo solo diciannove anni quando mi sono mostrata senza vestiti in pubblico. Tutto sta nella prima esperienza sessuale. Quella riesce a farti sentire completa, a tuo agio". Ci penso su. Sono mesi che non ho una relazione stabile e la mia prima volta risale a quando avevo diciassette anni. Appunto le nuove informazioni nella mia mente, prendendo la borsa per poter andare via. Dopo cena, rileggo le mie battute ripassandole ad alta voce. Quando i miei vanno a letto, raggiungo l'ultimo piano per non disturbarli. Mi metto a cantare sulle note di Sparkling Diamonds. So tutte le canzoni a memoria, ma le dovrò rileggere con il tono di voce di Satine. Il weekend trascorre molto lentamente, e per la prima volta non vedo l'ora che arrivi lunedì per poter andare al corso di recitazione.

Al mattino, incontro Harry e Katie a lezione di canto. Ci sediamo vicini, confrontandoci sullo spettacolo. Lui si sporge su di me, sorridendomi. "Ti va di mangiare una pizza insieme dopo il corso?". Alzo gli occhi al cielo. "Perché insisti?". "Perché ci tengo. Io e te saremmo bellissimi insieme. Ti prego, dì di sì. Se dovesse andare male, non ci proverò più" mi ritrovo ad accettare. Cosa mai potrebbe andare storto? Lui non è così male, anzi. È davvero un bel ragazzo e molte mie coetanee gli vanno dietro. Harry sembra uno pieno di sé, ma infondo so che ha un'anima fragile, come tutti gli attori, del resto. Lui, io e Katie ci dirigiamo al teatro insieme prendendo la metro. Tra quei stretti cunicoli su rotaie, incontriamo Ronnie e Kevin. Siamo tutti in fibrillazione e non vediamo l'ora di dare il meglio di noi sul palcoscenico.

Superata la porta d'ingresso, non troviamo il professore al suo solito posto. Susan ci raggiunge al tavolo, lasciandoci i copioni. "Dov'è il professore?" chiedo, afferrando i fogli. "Sta arrivando. Ha avuto un contrattempo a casa". Annuisco, immaginando come potrebbe essere la moglie. Immagino che sia molto bella e anche intelligente, per aver fatto innamorare un uomo talentuoso e affascinante come il professor Dockerty. Mi volto verso la porta, vedendolo avanzare lungo il corridoio con il respiro affannoso. "Perdonatemi, ragazzi".

"Non si preoccupi. Abbiamo potuto ripetere le battute" dichiara Edward, alzando i fogli. Il professore sorride, accennando con il capo. Si sfila la giacca, mettendosi a sedere. "Allora, vorrei domandarvi come avete trascorso il weekend ma rimandiamo i convenevoli a dopo, se ci avanzerà del tempo. Riprendiamo da dove abbiamo lasciato". Noi ragazze torniamo a sederci nelle poltrone e gli uomini si mettono in cerchio sul palco, leggendo le loro battute. Kevin tiene la testa china in avanti, facendo finta di dormire. "The hills are animated with, the euphonious symphony of descant..." Edward inizia a cantare, muovendosi a destra e sinistra. 

"Oh basta! Basta! Basta con questo insopportabile chiasso! Sta soffocando le mie parole! Potremmo limitarci a un discreto accompagnamento ornamentale?" urla il professore, corrugando la fronte. Kevin alza la testa. "Le colline incarnano armoniose melodie!" sviene di nuovo. "Le colline..." inizia a dire Harry sullo sfondo, cercando di attirare l'attenzione dei presenti. "Le colline..." continua, alzando la mano. "The hills are alive with the sound of music". Tutti si voltano a guardarlo con occhi sognanti. Kevin si risveglia, ripetendo le sue parole. "Le colline vivono del suono della musica. Mi piace". Edward recita la parte di Toulouse, consigliando a Audrey e a Christian di scrivere lo spettacolo insieme. Audrey esce di scena. Il professore resta comunque seduto tra i ragazzi, commentando le loro battute e a volte correggendole.

"Mi avrebbero messo il vestito migliore dell'argentino e spacciato per un famoso scrittore inglese. Satine avrebbe ascoltato i miei versi, e ne sarebbe rimasta così impressionata da insistere con Zitler perché io scrivessi Spettacolo spettacolare. Il problema è che ero ossessionato dalla voce di mio padre!" dichiara Harry a memoria. Poi riprende: "Non posso scrivere lo spettacolo per il Moulin Rouge". "Perché no?" domanda Edward, preoccupato. "Non so nemmeno se sono un vero rivoluzionario bohemienne". "Tu credi nella bellezza, verità, libertà?" Edward annuisce. "E nell'amore?". Harry prende tempo, guardando verso di noi. Mi guarda e il professore segue il suo sguardo. "Amore. Io credo soprattutto nell'amore. L'amore è come l'ossigeno, l'amore è una cosa meravigliosa, ci innalza verso il cielo. Tutto quello che ci serve è amore". Ronnie entra in scena, esclamando: "Sono la fata verde" svolazza di qua e di là tra le sedie. "The hills are alive with the sound of music" canticchia con la sua voce melodiosa, volteggiando come una trottola. I suoi lunghi capelli si librano nell'aria. 

Sembra davvero una fata. Il professore balza in piedi, applaudendo. "Grandiosi!". "E per la scena delle ballerine?" Katie lo interroga, raggiungendo il palco. La seguo, camminando a piccoli passetti verso le sedie disposte in cerchio. "Non abbiamo ballerine". "Dovremo improvvisare". Susan viene da noi con i nostri caffè. Ci consegna gli abiti di scena. Guardo il mio corsetto in paillettes per la prima scena. Non credevo di poter amare una cosa simile. Ho sempre detestato le cose vistose. "Io conosco delle ballerine" dichiaro all'improvviso, ottenendo l'attenzione di tutti. "Davvero?" mi domanda il professore. "Sì, sono nel mio corso di canto. Ne conosco un paio ma potrebbero portare delle amiche, e lo farebbero gratis". "Perfetto. Parlaci e facci sapere" accetto, e tra una battuta e l'altra scrivo un messaggio ad una di loro. Mi allontano per una sigaretta, e vengo raggiunta dal professore. "Saputo niente?". Alzo il cellulare, facendo una smorfia. "Sto aspettando una risposta". Resta nell'angolo. "Questa volta mi offri tu una sigaretta?" faccio di sì con la testa, porgendogliela. 

Mi ritrovo a guardarlo dritto negli occhi. "Lei non è americano, vero?". "Perché me lo chiedi?" faccio spallucce. "Ha un accento insolito". Il professore annuisce. "Non credevo fosse ancora udibile. Mia madre è rumena. Ho vissuto dieci anni a Bucarest prima di trasferirmi a Los Angeles". "Sì, si sente ancora". Lui soffoca una risata. "Mia moglie ci ha messo qualche mese ad accorgersene". "Forse sua moglie non l'ha mai ascoltata davvero" non mi pento delle mie parole. Voglio essere brutalmente onesta d'ora in avanti. "Mi sa che hai ragione". È d'accordo con me e mi sorride, facendo lunghi tiri alla sua sigaretta.

𝐔𝐧𝐧𝐚𝐦𝐞𝐝 | 𝐒𝐞𝐛𝐚𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧 𝐒𝐭𝐚𝐧Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora