ᴄᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 9
Adele non mi ha parlato molto dopo la conversazione con suo padre. Non approva le sue insinuazioni riguardo ciò che può o non può fare. Lui mi ha chiesto di accompagnarli all'aeroporto ed io ho accettato. Ho usato una delle loro auto, una delle più belle che io abbia mai guidato. Adele e sua madre sono sedute sul sedile di dietro, mentre Chris mi fa compagnia sul sedile del passeggero. Sì, ho iniziato a chiamarlo per nome. È un brav'uomo e parla costantemente di sua figlia, rappresentandola come un gioiello. Raggiungono il gate con mezzora di anticipo e li guardiamo mentre consegnano i biglietti alla hostess. Ci salutano con un cenno della mano prima di attraversare il lungo corridoio. Adele si volta subito di spalle, camminando verso l'uscita.
Appena provo a toccarla, lei si divincola. "La prossima volta evita di dare ragione a mio padre". "Non gli ho dato ragione. Volevo avere la sua fiducia". "Mi hai fatto sembrare una bambina incapace. È già orribile per me pensare che ti ho portato via da tua moglie. Adesso devo anche sentirmi troppo giovane per stare con uno della tua età?". Si ferma a pochi millimetri dalla macchina. Mi guarda, alza gli occhi al cielo e poi apre lo sportello, sedendosi di peso accanto al posto guida. Per tutto il tragitto verso casa sua, sceglie di restare in silenzio. Non mi permetto di infilare il dito nella piaga.
Non penso affatto che sia una bambina. Al contrario. È già una donna, intelligente, talentuosa, che sa cucinare, rammendare. Sa fare tutto ed è anche incredibilmente bella. Forse persino troppo bella per me. Non glielo faccio notare. Mi lascerebbe. Accosto vicino al marciapiede, vedendola liberarsi della cintura per potersene andare. "Aspetta!" le blocco il polso, ricevendo un'occhiata furiosa. Mio padre mi ha sempre insegnato che è meglio evitare di parlare con una donna che ti guarda in un certo modo. E Adele mi sta guardando nello stesso modo che ho temuto per tutta la vita. "Will, o mi lasci o mi metto a urlare".
La lascio andare, guardandola raggiungere lo zerbino e sbattere la porta dietro di sé. Mi ricordo solo ora che ho la sua auto. La lascio parcheggiata, nascondendo le chiavi sotto al vaso nel suo giardino. Infine prendo la linea blu per poter tornare a casa. È quasi la fine del mese, e quando arriva aprile sono contento che sia primavera.
È la mia stagione preferita, e Los Angeles si trasforma in un carosello di turisti. Ragazzi che surfano sulle onde increspate, gruppi di adolescenti che passeggiano e giovani coppie che trascorrono con gioia il loro primo appuntamento. Una domenica mattina, prendo il casco e con la moto mi dirigo a casa di Adele. Non abbiamo goduto dell'assenza dei suoi genitori, per via della sua rabbia sproporzionata.
L'ho vista solo a lezione mentre si comportava come suo solito. È colpa mia. Non dovevo innamorarmi di una adolescente, ma al cuore non si può comandare. Ne ho già pagato il prezzo. Mi schiarisco la gola prima di bussare. Mi apre la porta dopo qualche minuto. Si prepara a chiudermela di nuovo in faccia però la blocco con il piede. "Se non vuoi che ti trattino come una bambina, inizia a comportarti come un'adulta". Lo so che non dovevo dirlo. Ho scelto la via di fuga più semplice.
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𝐔𝐧𝐧𝐚𝐦𝐞𝐝 | 𝐒𝐞𝐛𝐚𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧 𝐒𝐭𝐚𝐧
General FictionUn insegnante di teatro, dedica tutto sé stesso al palcoscenico, tentando di far affiorare nei suoi studenti la stessa passione che ha portato lui fin lì. Ha un sogno nel cassetto: debuttare a Broadway. Nel frattempo, instaura un rapporto con ognuno...