ᴄᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 14
Nonostante gli ultimi giorni di vacanza trascorrono implacabili e fuggevoli, non ho intenzione di tornare a Los Angeles così presto. Ho ancora bisogno del mio spazio, e di passare quanto più tempo possibile con Adele. Malgrado i repentini litigi culminati con lunghi amplessi tra le lenzuola, le cose tra noi sembrano andare meravigliosamente. Il padre la chiama almeno una volta al giorno. Un lunedì, le ha persino chiesto di passargli una sua amica. Ho iniziato a tremare freddo. Ci avrebbero scoperti.
Quel senso di terrore lungo la schiena mi ha rammentato che stiamo vivendo una relazione clandestina. Nessuno sa di noi, almeno a Los Angeles. Qui a Karpathos siamo apprezzati. Il giorno dopo la mia scenata romantica all'Anoi House, un gruppo di persone mi ha fermato in spiaggia dicendomi che sono un esempio e che la mia ragazza è perfetta.
In un primo momento, non ricordavo cosa fosse successo sul palco e Adele non era ubriaca quanto me, quindi mi ha raccontato della serata, facendomi ridere. "Non è da me salire sul palco e dichiarare il mio amore per qualcuno". "Lo so, infatti mi sono sentita in imbarazzo per te".
"È stato ugualmente romantico, no? Dato il modo in cui abbiamo concluso la serata..." le do una lieve gomitata, facendola sorridere. "Sì, è stato romantico ma non farlo più". Come potrò rinunciare a questi momenti con lei una volta che atterreremo a Los Angeles? Tutto tornerà come era qualche mese fa. Messaggiarsi di nascosto, sguardi languidi a lezione, appuntamenti segreti. Per quanto ancora dovremo farlo?
"Non voglio tornare a casa" bofonchio, osservandola sistemare le sue cose in valigia. "Nemmeno io vorrei, credimi. Queste tre settimane sono state bellissime, e intense. Non ne cancellerei nemmeno un secondo. Terrei persino le litigate furiose che abbiamo avuto". Soffoco una risata, mettendomi a sedere sul letto. "Mi dispiace ancora per la faccenda della carta di credito". La vedo scuotere la testa. "Non importa, Will. Ti ho perdonato giorni fa. Ho capito perché lo hai fatto. Devi solamente evitare di tenermi nascosto qualcos'altro in futuro, d'accordo?" alza gli occhi dalla valigia per posarli su di me. Mi limito ad annuire. Ho continuato a scrivere la sceneggiatura, nei momenti in cui ero solo.
Non l'ho detto a lei, voglio che sia una sorpresa. E, soprattutto, non sono del tutto certo di quello che sto scrivendo. Potrebbe rivelarsi un capolavoro, o potrebbe essere il delirio di un trentenne cotto che non sa dove mettere l'amore se non sulla carta, quindi potrebbe diventare un flop. Balzo in piedi, aiutandola a chiudere la valigia. Le mettiamo in terra per poi ordinare la cena in camera. Tra due giorni abbiamo il volo diretto per Los Angeles, perciò dovremmo uscire e goderci gli ultimi giorni di libertà.
È quello che ho consigliato di fare stamattina, e con mia sorpresa Adele mi ha detto: "Preferisco restare in hotel con te". Magari ha compreso che ne ho abbastanza di discoteche e dell'aria di mare. Prima che ci venga servita la cena, lei si mette comoda infilandosi una vestaglia. Scioglie i capelli sulle sue bellissime spalle, sedendosi sul letto. Porta le braccia sulla testa, stiracchiandosi.
"È così bello starsene in stanza senza far niente... anche questa può considerarsi vacanza". Qualcuno bussa alla porta. Mi avvicino, accogliendo il cameriere in stanza. Striscia il carrello all'interno, augurandoci buona cena. Anche questo era incluso nel prezzo e sì, ho speso una fortuna. Devo essere proprio innamorato perso per averlo fatto. "Charlotte mi ha lasciato il suo numero. Dice che verrà a trovarci quando tornerà a Chicago". Mi mostro visibilmente irritato. "Non te la prendere. Non mi sta un granché simpatica". Adele sgrana gli occhi. "Sai che novità. A te nessuno sta simpatico".
"Non è affatto così. Voi del corso mi siete tutti simpatici e, anzi, vi voglio un gran bene". Lei annuisce, prendendo altro souvlaki. Ho deciso di provare un po' di cucina greca, e tra le tante pietanze tipiche del posto, prediligo i gyros e lo spanakopita. "A proposito di questo..." mi interrompo, attirando la sua attenzione "...cosa pensi che accadrà quando torneremo a Los Angeles?". Divora il suo piatto, per poi pulirsi le mani.
"Non lo so. Sarà parecchio diverso da qui. Non potremo più andare al mare insieme, passeggiare mano nella mano, fare l'amore quando ne abbiamo voglia. E tutto questo perché tu hai appena divorziato ed io sono una tua alunna". "Il corso di teatro non fa parte della tua scuola. Non stiamo infrangendo nessuna regola". Lei sospira, guardandomi negli occhi. "Will, la cosa potrebbe sistemarsi facilmente. Siamo noi che la stiamo rendendo difficile".
"Cosa mi stai chiedendo di fare?" le domando, mettendomi a sedere. "Dovresti dire a Marilyn di noi. Con i ragazzi del corso sarà più semplice". "Harry mi odierà". Scuote la testa, posando la mano sul mio ginocchio. "Gli ho detto che sono felice con un altro. Non potrebbe mai odiarti. Lo hai reso famoso. Le ragazze faranno la fila fuori casa sua. Io sono stata una storia passeggera. Io e te siamo una cosa diversa".
Ha ragione. La situazione potrebbe migliorare. Quello che devo fare è molto semplice, devo solo prendere il coraggio necessario e parlare. "E credi che alla fine potremo uscire tra le strade di Los Angeles e prenderci per mano?". Mi sorride, sporgendosi su di me. Mi bacia in modo casto e delicato, lasciandomi un lieve sapore di peperoncino sulle labbra. Poi torna con le mani sui gyros, ammiccando. "Ti aiuterò io con Marilyn, se dovesse dimostrarsi necessario".
"No. È una di quelle cose che devo fare da solo. Di certo non le dirò che io e te siamo stati insieme quando ero ancora sposato...". "Oh, certo" bofonchia, dandomi il suo consenso. "...le dirò solo che mi sono innamorato. Magari mi darà del bastardo, dicendomi che non ho perso tempo a trovarmene un'altra, ma non importa". "Bravo". Quando termina di mangiare, Adele richiede anche il dessert. "Amo le donne che mangiano senza farsi problemi sulla linea, ma non starai esagerando?".
"No, ho perennemente fame. Forse è dovuta al nostro allenamento fisico di tutti i giorni". Alza un lato della bocca, mostrandomi una fossetta. "Può darsi" rispondo, ammiccando. Chiamo nuovamente il servizio in camera, ordinando il dolce. Dieci minuti dopo, abbiamo davanti due piattini con un pezzo di torta ciascuno. Adele infila la forchetta nel dolce, portandosela alla bocca. La gusta con piacere, gemendo. "È davvero ottima. Accidenti, amo i dolci" dichiara con la bocca piena, facendomi ridere. "Sei davvero buffa". Dopo aver mangiato, ci infiliamo sotto le coperte. La attiro a me con il braccio, mentre posa la mano sul mio petto. Accendo la televisione e la guardiamo per la prima volta in tre settimane. Ci siamo totalmente estraniati dal mondo in questo arco di tempo. Io avrei abolito persino i cellulari, ma non potevo dimenticare la mia vita fuori da Karpathos. Devo tornare da mia madre a Parigi, e anche da papà a Budapest. Forse li inviterò da me per un weekend. Mi evito il viaggio, anche perché non ho più risparmi. A proposito di questo mio fastidioso pensiero improvviso, prendo la mano di Adele facendole sollevare gli occhi su di me.
"Non so se riuscirò a mandare avanti il teatro. Dovrei riempirlo per un intero anno per raggiungere la somma necessaria". "Devi solo chiedere, Will". Scuoto la testa, intuendo immediatamente a cosa si riferisce. "No, non ti chiederò dei soldi". "Non devi chiederli. Potrei finanziare il teatro, o potrei chiederlo a mio padre. Mi aiuterebbe volentieri se sapesse dei tuoi problemi. Sa che il teatro è la mia vita".
"No, dovrò farcela con le mie sole forze. Non ho bisogno dell'aiuto di nessuno". Adele poggia i gomiti sul materasso. "Certo che a volte sei così testardo che ti manderei a quel paese". "È una questione di principio. Un uomo di trentasei anni non può contare sul solo aiuto della sua donna. È disonorevole". Mi dà la schiena, voltandosi verso la porta. Si porta le lenzuola sopra la testa, addormentandosi. Un'altra sera in cui andremo a dormire arrabbiati. Non cambierò idea sui miei piani. Se non dovessi riuscire nel mio intento, abbandonerò tutto e mi darò alla vita da impiegato. Starò tutto il giorno seduto dietro ad una scrivania. Che sarà mai.
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𝐔𝐧𝐧𝐚𝐦𝐞𝐝 | 𝐒𝐞𝐛𝐚𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧 𝐒𝐭𝐚𝐧
General FictionUn insegnante di teatro, dedica tutto sé stesso al palcoscenico, tentando di far affiorare nei suoi studenti la stessa passione che ha portato lui fin lì. Ha un sogno nel cassetto: debuttare a Broadway. Nel frattempo, instaura un rapporto con ognuno...