ᴄᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 30.
Ho compreso una cosa nell'ultimo periodo. Ad ogni azione positiva, se ne aggiunge una negativa. Ho trascorso un lunedì pomeriggio meraviglioso assieme a Jeremy. Abbiamo organizzato qualcosa per il compleanno di Katie, per poi andarcene in giro per la città. Mi ha comprato un frullato, mi ha presa per mano. Era da tempo che non mi sentivo così bene, e ne avevo davvero bisogno. La reazione sproporzionata di William mi ha resa cieca dalla rabbia, ma ho voluto evitare di sbraitargli contro la mia disapprovazione nei confronti del suo rinnovato amore per la moglie. Tornata in strada, ho evitato gli sguardi scettici di Kevin e Ronnie, correndo verso la metro. Ho bisogno di liberare la mente, di accogliere i pensieri positivi.
I miei genitori oggi saranno di ritorno da Milano. Mi metto in giardino, con le gambe incrociate per poter meditare. Una tazza di tè e un leggero sottofondo di musica jazz. Il sole tramonta oltre le siepi, e il rumore delle chiavi nella serratura mi distrae dalla meditazione, facendomi sussultare. Vado incontro a mia madre, abbracciandola. "Com'è andato il viaggio?". Papà inizia a raccontare aneddoti sulle sue uggiose riunioni di lavoro, mentre mamma capisce al volo che cosa intendevo.
"Milano è la città perfetta per poter fare shopping. Abbiamo visitato il Duomo, comprato vestiti e scarpe nella Galleria Vittorio Emanuele. Quella città è uno spettacolo". Prende tempo, avvicinandosi ad una valigia. Mi porge una busta, invitandomi ad aprirla. Ci trovo due vinili rari dei Queen, perfettamente sigillati, datati anni settanta.
Li ringrazio entrambi, abbracciandoli. Nel frattempo qualcuno suona alla porta, quindi mi affretto ad andare ad aprire. William è sullo zerbino, occhi tristi, sorriso speranzoso. "Che ci fai qui?" gli domando, restando con la mano sul pomello.
"Volevo parlarti, riguardo oggi pomeriggio..." guarda oltre la mia spalla, sgranando gli occhi alla vista delle valigie sparse sul pavimento. "...sei in partenza?".
"No, i miei genitori sono appena tornati da Milano" prima che lui possa rispondermi, mio padre domanda chi è alla porta. Istintivamente mi sposto, facendolo entrare in casa. "Oh, l'insegnante di teatro. Finalmente la conosciamo!" esclama mia madre, venendoci incontro. Porge la mano a William, presentandosi. "Ha reso nostra figlia una star".
"Già lo era..." risponde lui, guardandomi con la coda dell'occhio "...le ho solo dato modo di far vedere di cosa è capace". "Mia figlia arriverà lontano. Sarà la nuova Grace Kelly!" dichiara mio padre, avvolgendo il braccio attorno a me. William è d'accordo con le sue parole. Mi sento a disagio, indebolita. "Che ci fa in casa nostra?".
"Avevo bisogno di parlare con vostra figlia". Ci lasciano da soli, mentre tento invano di non farli andare via. William riattacca a parlare, gesticolando nervosamente. "Senti, so di aver esagerato a parlarti in quel modo. Katie mi ha detto che non sei venuta a lezione per poter passare il pomeriggio con Jeremy. Secondo te come mi sono sentito?".
"Ed io secondo te come mi sono sentita sapendoti ad Aspen con tua moglie?". Ci guardiamo negli occhi per un tempo indefinito. Non c'è soluzione. Non riusciremo mai ad uscire da questo limbo in cui ci ritroviamo prigionieri. "Hai ragione, e...".
"Forse è meglio che mi prenda una pausa dalle lezioni. Mi portano via troppo tempo e non riesco a seguire il corso di canto e danza all'accademia". "No..." brontola Will, scuotendo la testa "...non puoi lasciare le lezioni così. Abbiamo bisogno di te, io ho bisogno di te". Faccio molta fatica a trattenere le lacrime.
"Mi dispiace. Troverete un'altra per il ruolo di Rizzo. Ci sono molte ragazze nel mio corso di canto. Harry può presentartene qualcuna". William digrigna i denti. "Adele, smettila. Io non voglio nessun'altra. Non lo capisci?".
"Forse è meglio che tu te ne vada. I miei potrebbero insospettirsi". Lo spingo verso la porta, assaporando l'odore del suo profumo. "E non mi mandare più messaggi. Sono stanca di questa situazione, davvero. Non dovrei sentirmi così, e non posso essere alle tue lezioni di teatro. Non reggo". La sua mano sfiora la mia nel tentativo di divincolarsi.
"Non avrei mai dovuto accettare il tuo assegno..." prende qualcosa dalla tasca posteriore dei jeans, porgendomelo "...non l'ho mai incassato. Non era necessario". Agito le mani, porgendoglielo nuovamente. "Non importa. Tienilo lo stesso. Ripara le scenografie, compra nuovi costumi di scena. È il minimo che posso fare". Mi preparo a chiudere la porta, ma lui la blocca con il pugno.
Ci scambiamo un altro sguardo perpetuo, intriso di sensi di colpa, rancore, passione e dispiacere. "Adele..." annuisco. "Lo so, Will. Non preoccuparti". Gli chiudo la porta in faccia, correndo verso le scale per poter raggiungere la mia stanza. Non ceno, non mi spoglio. I miei occhi si riaprono al mattino, trovando il cuscino bagnato e sporco di matita. Vado a lezione di canto, salutando Katie e Harry che immediatamente mi chiedono come sto.
"Bene, grazie per esservi preoccupati per me". Ieri mi hanno immerso di messaggi, ripetendomi fino alla nausea che non sono riusciti a recitare senza di me. Le loro parole confortanti mi hanno sollevato un po' il morale. "Il professore è davvero dispiaciuto. Dovresti perdonarlo". Scuoto la testa. C'è un problema di fondo, che loro non conoscono e che non potranno mai comprendere. È troppo tardi per perdonare quanto è accaduto. Magari la cosa si risolverà con il tempo, però adesso ho bisogno di staccare la spina.
Di pensare di più a me stessa e a quello che voglio. L'insegnante di canto ci chiede di scegliere una canzone da presentare allo showcase di primavera. È una specie di festival stagionale in cui gli studenti del primo anno si confrontano a suon di musica. Quello che riceve più applausi e meriti, ottiene dei crediti e più visibilità da parte dei talent scout. È la mia occasione. Dovrò scegliere la canzone perfetta. Nostalgica, forte, espressiva. Ho già in mente il brano perfetto, adatto soprattutto alla mia attuale situazione. La canzone che racchiude le mie emozioni, la rabbia repressa, l'amore non corrisposto. Nel pomeriggio mi metto immediatamente a lavoro, esercitandomi sul pezzo.
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𝐔𝐧𝐧𝐚𝐦𝐞𝐝 | 𝐒𝐞𝐛𝐚𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧 𝐒𝐭𝐚𝐧
General FictionUn insegnante di teatro, dedica tutto sé stesso al palcoscenico, tentando di far affiorare nei suoi studenti la stessa passione che ha portato lui fin lì. Ha un sogno nel cassetto: debuttare a Broadway. Nel frattempo, instaura un rapporto con ognuno...