ᴄᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 28.
Come consigliato da Marilyn, ho deciso di prenotare due biglietti per Parigi. Partiamo il venerdì sera per poter arrivare il sabato mattina. Mia madre mi accoglie a braccia aperte, considerata l'improvvisata. Non ho voluto avvisarla del viaggio per non illuderla. Abbraccia anche Marilyn, facendoci entrare. "Come mai questa sorpresa? Non che mi dispiaccia, anzi...".
"Era da un po' che non ci vedevamo. Ora che siamo entrambi più liberi, ho pensato di venirti a trovare". Mia madre sorride. È leggermente invecchiata negli ultimi tempi. Inizio a scorgere delle minuscole rughe ai lati dei suoi occhi azzurri, i capelli biondi ora sono sfibrati e più corti. "Quanto rimarrete?".
"Domani sera abbiamo l'aereo. Lunedì ho lezione" spiego, accettando una tazza di caffè. Mi chiede come sta andando la mia vita, la mia carriera teatrale. "Piuttosto bene. Hai visto i video che ti ho mandato?" annuisce. "Quelli sul musical? Sì, anche se non ci ho capito quasi nulla". Marilyn soffoca una risata, prendendomi la mano sul tavolo. "Ti ho consigliato di vedere il film prima di vedere il mio spettacolo". Mia madre serra le sopracciglia, perplessa. "Lo hai fatto? Non ricordo" scuoto la testa, voltandomi verso mia moglie. La convivenza sta funzionando. Non abbiamo più litigato dopo il suo ritorno, e per me è stato piuttosto difficile concentrarmi una volta tornato a casa dalle lezioni. Marilyn mi chiede ogni sera com'è andata, mettendosi accanto a me per potermi ascoltare. Dopo dieci anni di relazione, sto scoprendo una nuova Marilyn. Più emotiva, più determinata, meno rancorosa. "Non potreste rimanere di più?" chiede mia madre, allontanandomi dai miei pensieri.
"No, non possiamo. Ma torneremo senz'altro. O potresti venire tu a stare da noi". "Te lo scordi. Odio Los Angeles, il caldo, il sole 365 giorni all'anno. No, non voglio. Continuerò a starmene qui". Mi guardo intorno. La sua casa è persino troppo grande per una donna divorziata di sessanta anni. "Ce la fai con le bollette e tutto il resto?" lei annuisce, offrendomi altro caffè. Lo rifiuto, mettendomi a braccia conserte. "Ho una pensione, non dimenticarlo!". "E stai sentendo papà?".
"Non ho divorziato da lui per poterlo sentire di più. Abbiamo due vite separate". Marilyn serra le labbra, poi si allontana per poterci lasciare da soli. Prendo la mano di mia madre nelle mie, guardandola dritto negli occhi. "Mamă, ești bine? Ca să fiu sinceră...". Era da tempo che non parlavo rumeno. Credevo di averlo rimosso, ma le basi della prima lingua imparata sono ancora lì. "Sono stata sincera, sto bene. Invece tu, c'è qualcosa che non mi stai dicendo".
Lei è sempre riuscita a leggermi dentro. È stata la mia migliore amica fin dall'inizio, e quando Marilyn è entrata nella mia vita, le ha ceduto il posto. "Sto bene, sono solo preoccupato per il teatro. Devo pagarlo con il mio sudore, e se non funziona avrò finanziato un sogno per nulla". Mi prende il viso tra le mani, posando le dita avvizzite sulle mie guance.
"So che ce la farai. Credo in te, nei tuoi sogni, nella tua determinazione. Io e tuo padre abbiamo lottato a lungo affinché avessi quello che hai sempre desiderato, ma alla fine lo hai ottenuto da solo...". Le sorrido, ringraziandola. "...e adesso parlami sinceramente. C'è qualcos'altro che ti sta frullando per la testa. Non continuare a mentire. Ho sessanta anni ma non sono del tutto ottenebrata". Mi assicuro che Marilyn sia lontana prima di parlarle dei nostri problemi coniugali, con conseguenti riappacificazioni.
"Sei disposto a lottare per questo matrimonio?". Mia madre mi interroga sulle mie intenzioni. Di certo non posso parlarle di Adele o di qualsiasi altra cosa che mi sta frullando in testa ultimamente. Scuoto la testa, affermando: "Non sono più sicuro di niente". Marilyn torna da noi, quindi mi ricompongo sulla sedia sperando che mia madre non dica niente. Il resto del pomeriggio lo trascorriamo in giro per Parigi, visitando il Museo del Louvre e la torre Eiffel. Arriviamo fino in cima con l'ascensore, godendoci il panorama che dà sul Parc du Champ de Mars. "È la città più romantica al mondo. Sei felice di essere qui con me?" mi domanda mia moglie, prendendomi per mano. "Certo, sono l'uomo più fortunato al mondo" rispondo, baciandola mentre il sole tramonta sulla Senna.
[...]
Lunedì mattina torniamo in città. Lasciamo le valigie sul pavimento, concedendoci una doccia. Marilyn esce a fare shopping mentre io mi dirigo in teatro. Nonostante tutto, mi ci voleva questa mini vacanza. Ho potuto rivedere mia madre, stare un po' con lei. Adesso dovrò andare da mio padre a Budapest e presto, prima che scopra che sono stato a Parigi. Edward e Katie sono i primi a raggiungermi, evidentemente infervorati dallo spettacolo imminente. Sono in netto anticipo, perciò li faccio provare You are the one that I want. Li vedo cantare, e per qualche assurdo motivo immagino me nei panni di Danny, e Adele nei panni di Sandy. Lei volteggia per il palco con i riccioli d'oro, i pantaloni di pelle e la maglia che lascia libera visuale delle sue spalle.
"You better shape up, 'Cause I need a man and my heart is set on you. You better shape up; You better understand to my heart I must be true...". Gli scodinzolo dietro mentre spegne la sigaretta con la punta del tacco. La guardo con occhi sognanti, mentre ancheggia i fianchi. "You're the one that I want.
You, oo, oo, honey. The one that I want".Katie mi richiama, chiedendomi com'è andata. "Molto bene, brava" applaudo, anche se non ho seguito il loro spettacolo. Alle cinque sono tutti seduti intorno a me, eccetto Adele. Katie sussulta sulla sedia, richiamandomi. "Oh, mi dispiace. Avrei dovuto avvertire prima. Adele non verrà oggi, aveva un impegno...". Mi irrigidisco, domandandole che tipo di impegno. "...non lo so. Doveva andare da qualche parte con mio fratello". Ingoio la saliva, nervoso. Susan ci raggiunge con i bicchieri di Starbucks. Colgo l'occasione per allontanarmi. Vado dietro le quinte per riprendere fiato. Vengo assalito dall'isteria, dall'incomprensione, dal dolore e dalla gelosia. Prima di tutto mi domando perché non mi ha avvisato della sua fuga romantica. Spero non lo sia. Non oso immaginare le mani di qualcun altro su di lei.
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𝐔𝐧𝐧𝐚𝐦𝐞𝐝 | 𝐒𝐞𝐛𝐚𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧 𝐒𝐭𝐚𝐧
General FictionUn insegnante di teatro, dedica tutto sé stesso al palcoscenico, tentando di far affiorare nei suoi studenti la stessa passione che ha portato lui fin lì. Ha un sogno nel cassetto: debuttare a Broadway. Nel frattempo, instaura un rapporto con ognuno...