ᴄᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 3
Prima che Harry prenda l'aereo, mi informo se ha già avuto modo di visitare New York. "No, è la mia prima volta. Dovrai farmi da guida". A questo proposito, rosicchio mezzora dalle prove per andare a prenderlo all'aeroporto. Angel mi ha accompagnato, decidendo di farmi anche da babysitter. "Non serviva la tua presenza. conosco Harry da quattro anni ormai". "Nah, non mi fiderò finché non lo vedrò in faccia" faccio roteare gli occhi, snervata da queste attenzioni eccessive. Dalla grande finestra nella sala d'attesa vediamo l'aereo atterrare sulla pista. In pochi minuti raggiungiamo le porte scorrevoli, e con lo sguardo scorgo i volti di ogni passeggero finché non vedo il suo. Occhi grandi e verdi mi sorridono, mentre le sue mani lasciano cadere le valigie sul pavimento per poter venire da me. Mi afferra dai fianchi, sollevandomi in aria. "Dio, mi sei mancata!" dichiara emozionato, sprofondando la testa nel mio collo. "E sei ancora più bella di quanto ricordassi".
"Non esagerare, Harry". Angel tossisce alle mie spalle, quindi faccio le presentazioni. "Wow, hai una guardia del corpo adesso". "Sono il suo agente" bofonchia Angel, aiutandolo con le borse. "Quanto ti fermerai in città?" domando al mio vecchio amico mentre ci dirigiamo al parcheggio. "Non lo so, ancora. Dipende tutto da una cosa che devo fare" resta sul vago, scegliendo di non condividere altri dettagli. "In quale albergo hai prenotato?". La sua bocca si trasforma in una smorfia. "Non l'ho ancora fatto. Non sono bravo con queste cose e avevo paura di ritrovarmi in qualche quartiere malfamato". Lo trovo divertente. "Allora starai da me". Osservo la reazione contrariata di Angel. "Non discuto. Ho abbastanza posto. Se dovessi intrattenerti in città, ti aiuterò a trovare una sistemazione più comoda". Ci dirigiamo a casa mia. Il mio agente lo aiuta di nuovo con le borse, poi lo congedo. "Sei sicura?".
"Sì, te l'ho detto. Siamo amici. Ci sentiamo domani, va bene?". Lo saluto sulla porta, tornando da Harry. "Che bella casa!". "Grazie. È l'appartamento più economico che ho trovato quando mi sono trasferita". Lui sgrana gli occhi. "Ma non eri ricca?".
"Basso profilo" rispondo, facendolo ridere. Gli sistemo le coperte sul divano, poi lo porto a fare un giro della casa. "Ed hai vissuto da sola per tutto il tempo?". Faccio spallucce. "A volte è bello stare da soli con i propri pensieri, ed io ne ho tanti che fanno un assordante rumore nella mia testa". "Del tipo?".
"Oh, ci sono così tante cose che vorrei dirti...". Lui mi invita a seguirlo sul divano. "Ora sono qui, e domani non lavori. Abbiamo tutto il tempo per parlare". Gli offro qualcosa da bere mentre mi preparo una tazza di tè. "Come vanno le lezioni a teatro?". Lui si zittisce, e quando volgo lo sguardo mi rivolge un'occhiatina intensa. "Non lo sai?". "Non so cosa?".
"Il teatro è stato demolito, tre anni fa. Ora ci stanno costruendo un centro commerciale". Strabuzzo gli occhi più volte, sconvolta. "Parli seriamente?". Harry annuisce, portandosi la bottiglia di birra alla bocca. "Abbiamo continuato per qualche mese dopo la tua partenza, ma poi ci sono stati dei problemi e il professore ha dovuto vendere l'attività all'impresa edile".
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𝐔𝐧𝐧𝐚𝐦𝐞𝐝 | 𝐒𝐞𝐛𝐚𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧 𝐒𝐭𝐚𝐧
General FictionUn insegnante di teatro, dedica tutto sé stesso al palcoscenico, tentando di far affiorare nei suoi studenti la stessa passione che ha portato lui fin lì. Ha un sogno nel cassetto: debuttare a Broadway. Nel frattempo, instaura un rapporto con ognuno...