ᴄᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 9
Le valigie le abbiamo preparate in precedenza, e quando Adele ha terminato le prove sul set sono passato a prenderla per poterci dirigere all'aeroporto. Un altro deja vu. Non sarà come il giorno in cui siamo tornati da Karpathos. Questa volta evita di leggere un libro. Chiacchieriamo e ci guardiamo, aspettando che chiamino il nostro volo. "Cosa hai intenzione di fare con me?" mi interroga, ammiccando. "Intendi stanotte o in futuro?". Si porta una mano chiusa sul viso, poggiandoci la guancia. "Intendo domani. Avrò modo di vedere i miei genitori?". "Certo. Da quanto non fai loro visita?".
"Sono venuti a trovarmi cinque volte negli ultimi tre anni, ma ora non li vedo dal Natale scorso". "Non preoccuparti. Domani potrai stare con loro". All'altoparlante chiamano il nostro volo. Prendiamo le valigie e ci dirigiamo al gate. Consegniamo i biglietti e camminiamo lungo la passerella che ci porta dritti al nostro aereo. Ci sediamo e ci godiamo le cinque ore di viaggio. Mi metto un cuscino dietro la nuca, provando a dormire. Mi addormento con la mano intrecciata a quella di Adele. Appena riapro gli occhi, ho la sensazione che siano passate delle ore e invece ho dormito per pochi minuti. Lei è pimpante, sveglia. Si è infilata le cuffie e legge un libro. Muovo la mano, richiamandola. Mi sorride, sfilandosi gli auricolari. "Che c'è? Non riesci a prendere sonno?". Scuoto la testa per poi sbadigliare. Adele se la ride. "Questi sedili sono piuttosto scomodi. Se vuoi appoggiati a me" dichiara, indicandomi la sua spalla. Ci poso la guancia, abbassando lo sguardo verso le pagine del libro. "Che cosa stai leggendo?".
"Piccole donne". "Hai visto il film?" Adele soffoca una risata. "Secondo te? Ho visto sia quello del 1994, sia quello dell'anno scorso". "E quale preferisci?". "Anche questa è una domanda da non porre mai". Sollevo lo sguardo, poggiando la fronte alla sua. Poi metto la mano destra dietro al suo orecchio, attirandola a me. La bacio con foga, attirando l'attenzione su di noi. Una signora anziana alle sue spalle ci guarda, quasi commuovendosi. "Che carini che siete" dichiara, arricciando le labbra. Adele arrossisce, ringraziandola. "Io e mio marito eravamo proprio come voi. Ah, quanto tempo è passato. Non sono più giovane come una volta".
"È sempre una bella signora" le dico, facendo il galantuomo. "Oh grazie, ma non mi faccia complimenti altrimenti la sua fidanzata si ingelosisce". Adele stringe ancora la mano nella mia. "Non si preoccupi. Non sono gelosa". La donna ci porge la mano, presentandosi. "Siete di New York?". "No, di Los Angeles. Torniamo a casa per il weekend. Lei invece?".
"Vado a trovare i miei nipoti. Non li vedo da un po'. Sono troppo vecchia per questi viaggi faticosi". Alla fine non riesco più ad addormentarmi. La conversazione risulta troppo piacevole e sincera. A qualche minuto dall'atterraggio, Janet ci pone la domanda più difficile: "State pensando di sposarvi?". Adele mi rivolge uno sguardo fugace. "Ci siamo appena ritrovati dopo tre anni. Ci godiamo il tempo a nostra disposizione, poi chissà" risponde lei, rasserenata. "Io e mio marito siamo rimasti separati per dieci anni, ma nessuno dei due aveva dimenticato l'altro. Entrambi abbiamo avuto altre relazioni e sapevamo che non potevamo rimpiazzare il grande amore. Il giorno che ci siamo rivisti ci è sembrato opera del destino. Così ci siamo sposati, abbiamo messo su famiglia e siamo cresciuti insieme". Una lacrima riga la guancia di Adele. Janet se ne accorge, offrendole un tovagliolo. "Mi dispiace. Non volevo farti piangere".
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𝐔𝐧𝐧𝐚𝐦𝐞𝐝 | 𝐒𝐞𝐛𝐚𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧 𝐒𝐭𝐚𝐧
General FictionUn insegnante di teatro, dedica tutto sé stesso al palcoscenico, tentando di far affiorare nei suoi studenti la stessa passione che ha portato lui fin lì. Ha un sogno nel cassetto: debuttare a Broadway. Nel frattempo, instaura un rapporto con ognuno...