ᴄᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 19.
Appena apro gli occhi, scopro che è mattina. Le braccia di William mi avvolgono, mentre mi tiene stretta a sé come se non volesse lasciarmi andare. Siamo ancora nel soggiorno e immediatamente penso che i miei genitori non approverebbero tutto questo. La presenza di un uomo nudo, per lo più sposato, in casa mia. Ricordo la sua situazione e comunque non mi pento di quello che è successo. Non ero ubriaca, ho seguito l'istinto ed era una cosa che volevo fare da troppo tempo. Lo sento brontolare nei miei capelli. Le sue dita si muovono nelle mie. Volgo lo sguardo incontrando i suoi occhi ancora socchiusi. Li apre e mi sorride. "Buongiorno".
"Buongiorno" gli rispondo, tenendo il suo braccio attorno a me. "È successo davvero?". Annuisco, imbarazzata. "Temo proprio di sì". "Dimmi che i tuoi genitori non sono di ritorno". "Non lo sono. Ho casa libera fino a domani sera".
"Bene" bofonchia, liberandomi del plaid. Si mette nuovamente su di me, tornando a baciarmi. "Quindi non sei pentito di essere venuto a letto con me?". Strabuzza gli occhi. "Certo che no, non ero così ubriaco. Perché mi fai questa domanda?". "Lo sai. Per la tua situazione". Lui fa di sì con la testa. "Giusto, hai ragione" lo faccio stendere sotto di me, prendendo il suo posto. Adesso posso poggiarmi sul suo petto e giocare con la sua barba ispida. "Non devi sentirti in colpa. Io avrei dovuto lasciare mia moglie da così tanto tempo".
"La lascerai?". Mi tiene stretta a sé con un braccio. L'altro se lo porta sulla fronte, sospirando. "Non sono mai stato uno che tradisce, e non inizierò a farlo adesso. Quello che è successo tra noi, è successo perché tu mi piaci davvero. Ho lottato per troppo tempo per cercare di soffocare quello che stavo iniziando a provare per te. Marilyn tornerà in città tra tre giorni e le parlerò".
"Le dirai che hai un'altra?" William scuote la testa. "Le dirò che tra noi non funziona da troppo tempo". In quel momento, un cellulare squilla. È il suo. Si sporge sul pavimento, afferrandolo dalla tasca dei suoi pantaloni. "È lei" commenta. All'improvviso mi sento a disagio. Mi metto a sedere, portandomi la coperta al seno. Lo vedo aprire la chiamata. "Ehi, ciao... si, ho deciso di svegliarmi tardi oggi. Me lo merito... no, oggi non vado in teatro... sì, anche tu mi manchi..." in quel momento mi guarda, portandosi una mano nei capelli "...ti richiamo dopo pranzo, buona giornata". Riappende, tornando con gli occhi su di me. "Will, mi sento uno schifo".
"Lo so, e non ti metterò in nessuna situazione scomoda se non lo vuoi". Aggrotto la fronte. "Io lo voglio, ti voglio ma non a queste condizioni". Anche lui si mette a sedere. Mi posa un bacio sulla spalla nuda. "Nemmeno io. Presto sarò di nuovo libero e potremo stare insieme". Soffoco una risata e lui mi domanda il motivo di tale felicità. "Adesso sono come Satine. Sto vivendo una relazione amorosa clandestina. Tua moglie è il duca e tu sei il bellissimo e intelligente scrittore squattrinato". Mi attira a sé mettendomi la mano dietro la nuca. Mi bacia con trasporto quasi volesse divorarmi. "Amo questa metafora. Tra noi non andrà come in Moulin Rouge. Avremo il nostro lieto fine".
"Me lo prometti?". Annuisce, sorridendomi con timidezza. È così bello ed ha un corpo scultoreo, occhi che mi fanno tremare le ginocchia. Mi metto in piedi, per poi porgergli la mano. "Dove vuoi andare?". "In camera mia. Vuoi passare il resto della giornata insieme a me?" non risponde ma in compenso è già accanto a me, pronto a seguirmi. Si porta dietro la camicia e i pantaloni. Appena siamo in camera mia, si guarda intorno. Poster di film sparsi sulle pareti, libri stipati sulle mensole, dvd e cd ovunque. "Incredibile. La tua stanza assomiglia alla mia quando ero al college".
"Non rammentarmi che abbiamo dieci anni di differenza, ti prego". Lui sorride, tenendosi il cuscino all'altezza del cavallo. Quel sottile panno di stoffa bordeaux non riesce ad occultare quasi nulla. Mi ritrovo a fissargli il fondoschiena mentre osserva i poster. "Hai intenzione di venire a letto, o la tua passione per il cinema supera quella per me?" getta il cuscino per terra, tornando finalmente da me. "Sai..." inizia a dire, posando le dita sulla mia pancia "...quando mi hai parlato della tua avversione verso le scene di nudo, non credevo avessi un corpo così bello. Anche se, ora posso dirtelo, me lo sono immaginato quando venivi a lezione con quelle minigonne".
"Ho notato certi sguardi languidi da parte tua. Non avrei mai immaginato che provassi lo stesso. Per me era un'utopia riuscire ad averti". Alza gli occhi su di me, scoccandomi un bacio all'angolo della bocca. "Adesso mi hai, sei contenta? Niente è un'utopia se lo vuoi davvero". "Allora vorrei incontrare Ewan McGregor. Si può fare?" il suo sguardo cambia. È geloso. "Ewan McGregor? E come mai?".
"Attore preferito!". Alza gli occhi al cielo, sorpreso dalla mia onestà. "Il tuo attore preferito, invece?". "Johnny Depp, a mani basse" dichiara. "O Al Pacino. Ce ne sono troppi. Ambisco a diventare un grande attore, o magari regista". Con una fugace capriola finisco di nuovo sopra di lui. "Questi sono di certo degli argomenti interessanti, ma vorresti davvero parlare?". "No, assolutamente no" risponde, facendomi sorridere. "Ecco, bravo".
"Solo che, vorrei conoscerti meglio". È adorabile e dolce, oltre che un dio greco dagli occhi di ghiaccio. "Non a letto. Potremmo parlare una sera a cena". "Stasera, da me" replica. "Mangeremo soltanto, d'accordo?" gli domando, speranzosa. Lui alza un lato della bocca. "Certo" risponde, mostrando un sorriso sardonico che mi fa intuire il contrario.
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𝐔𝐧𝐧𝐚𝐦𝐞𝐝 | 𝐒𝐞𝐛𝐚𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧 𝐒𝐭𝐚𝐧
General FictionUn insegnante di teatro, dedica tutto sé stesso al palcoscenico, tentando di far affiorare nei suoi studenti la stessa passione che ha portato lui fin lì. Ha un sogno nel cassetto: debuttare a Broadway. Nel frattempo, instaura un rapporto con ognuno...