ɴᴀᴋᴇᴅ

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ᴄᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 13

Il mattino seguente torno da Greg, chiedendo ad Angel di aspettarmi in auto. Il fotografo è entusiasta di rivedermi. "Allora, vuoi dirmi cosa vuoi fare?". "Un altro servizio fotografico..." inizio a dire, sfilandomi il giacchetto "...solo che si svolgerà in modo leggermente diverso da quello di ieri". Greg corruga la fronte, guardandomi con scetticismo. "Saresti disposto a lasciarmi da sola nel tuo studio? Vorrei fare qualche scatto, ma non vorrei un pubblico". Lui annuisce, portandosi una mano sul mento. "Oh, ho capito che cosa hai in mente. Vuoi che metta l'autoscatto alla mia macchina fotografica, e che ti lasci lo studio?".

"Esatto". "Un regalino per il fidanzato?". Può darsi. Potrebbe essere un regalo. "Non sono affari tuoi. Dimmi solo se ti va bene?". "Ma certo. Sei tu la star, decidi tu". Sorrido compiaciuta. "Ottimo. Nemmeno tu potrai vedere quelle foto. Una volta che le avrò scattate, me le salverai su un hard disk esterno". Lo afferro dalla borsa, porgendoglielo. "Tutto chiaro?".

"Cristallino". Imposta la macchina fotografica difronte al telo bianco, accende il computer e va via. Quando rimango da sola, mi guardo intorno. Devo farlo, altrimenti non supererò mai la mia paura del nudo integrale. Rammento la scena di Moulin Rouge, i consigli chiesti a Will e a Susan. Sfilo le scarpe, calze, gonna e camicetta. Li getto in terra, restando in reggiseno e mutandine. Inizio a fare degli scatti, prima di prendere confidenza con il mio corpo. Lentamente mi slaccio il reggiseno, facendolo volteggiare in aria con la mano. Sono completamente nuda in pochi secondi. Mi copro in modo artistico. Un braccio sul seno ed uno lungo il fianco. Mi metto di profilo, guardando dritto nella fotocamera. Scrollo le spalle, muovendo i capelli. Mi avvicino ancora di più all'obiettivo, provando degli scatti in bianco e nero. Mi metto di schiena, viso girato verso sinistra. In un paio d'ore termino il mio servizio fotografico. Mi avvicino al computer, guardando le mie foto. Le seleziono, trascinandole nella cartella dell'hard disk esterno. Mi rivesto, richiamando Greg.

"Allora? Qual è l'esito?". "Ho capito che amo farmi fotografare, e spero tu abbia compreso il motivo di questo shooting segreto". Lui annuisce, strabuzzando gli occhi. "L'ho capito. È per questo che sono single. Non devo sorbirmi le lamentele di un partner geloso". Soffoco una risata, ringraziandolo. "Mi prometti che non guarderai le mie foto? Devi cancellarle".

"Te lo prometto, però ti voglio dire una cosa. Devi andare fiera del tuo corpo. Se sono nudi integrali, il tuo corpo diventerebbe un punto di riferimento per le ragazze di oggi". Faccio di sì con la testa, porgendogli la mano. "Ti ringrazio, Greg. Ho il tuo biglietto da visita nel caso il mio fidanzato volesse farsi fotografare. Anche lui è piuttosto bello. Anzi, è anche più bello di me". Greg ride di gusto alla mia affermazione.

"Si vede che sei innamorata". Mi porge la liberatoria e la penna. La firmo, consegnandogliela. Torno da Angel all'ora di pranzo. Mi porta in un pub a Midtown per poter mangiare qualcosa. Appena ci sediamo nei tavoli, tiro su con il naso percependo un forte odore di bacon croccante. "Ho una fame da lupi" commento, portando le braccia sotto al tavolo. "Perché Greg è stato due ore da solo fuori allo studio? Che cosa hai fatto?".

"Beh..." inizio a dire, sporgendomi in avanti "...avevo una cosa in mente, ma nessuno poteva vedermi". Angel sembra comprendere. "Will non avrebbe approvato, dico bene?". Faccio spallucce. "L'importante è che l'ho fatto, e che nessuno mi ha visto. Non potrà essere geloso di una sedia vuota". Mi squilla il cellulare dalla tasca del giubbotto. "Dev'essere lui". Prendo il telefono, apro la chiamata ed esco in strada. "Will?".

"Amore, che fai? Sei a lavoro?". "No, sono a pranzo con Angel. Tu sei a lavoro?". "Sono appena uscito. Sto andando a casa". Non gli parlo del servizio fotografico di oggi. Sarà una sorpresa, che incornicerò e gli consegnerò personalmente. "Cosa hai fatto stamattina?". "In giro. Shopping con Angel".

"Se non mi fosse simpatico, penserei che passi troppo tempo con lui". Chiacchieriamo per una buona mezzora. "Ci sentiamo stasera, Will. Ti amo". "Anche io ti amo" riappendiamo insieme. Quando torno al tavolo, ritrovo il piatto con burger di agnello, patatine fritte e salse. Agguanto il panino, prendendolo tra le mani troppo piccole. "Mmmmh..." lo gusto fino all'ultima briciola, riconoscendo le doti culinarie di alcuni cuochi newyorkesi. "...che bontà!". A Los Angeles non se ne trovano di burger così. Le patatine sono salate al punto giusto. Ne divoro una metà e il resto lo lascio ad Angel. Ne prende una, muovendo gli occhi a destra e sinistra. Si guarda intorno, come farebbe un vero bodyguard. "Che stai cercando?".

"Nulla, continua a mangiare". Sorseggio la Coca Cola. "Non devi essere sempre così furtivo. Ti conosco da due anni e non so nulla di te. Hai una ragazza?". Angel soffoca una risata. "Non avrei il tempo per una ragazza". "Il tempo si trova, se sei davvero interessato. Guarda me e Will. Siamo a quattromila chilometri di distanza, su due coste opposte ma ci amiamo ancora, come se fosse il primo giorno". "Voi siete un'eccezione".

"No, non esistono eccezioni. Ti potrei presentare qualcuno". Angel scuote la testa, finendo la sua scatola di patatine fritte. Aspetta che termini di mangiare, per poi andare via insieme. Mi lascia a casa in pochi minuti. "Domani devi essere sul set alle sette. Hai un po' di cose da recuperare". Faccio di sì con la testa, salutandolo. Mi spoglio e mi infilo nella vasca da bagno, restando immersa nell'acqua finché non mi sento completamente rinvigorita e rilassata. Il telefono suona un'altra volta, vibrando sul marmo del lavabo. Lo prendo, spingendo il tasto verde. "Pronto?". All'altro capo odo la voce di papà. "Se non ti chiamo io...".

"Scusa. Sono stata piuttosto indaffarata negli ultimi giorni. Come stai? Come sta mamma?". "Stiamo bene, tesoro. E tu? Come va con Will?". È la prima volta che mi chiede di lui. Spero che lo approvi. "Va benissimo. Ci sentiamo ogni sera su Skype". "Ah, per lui lo trovi il tempo per chiamare". Digrigno i denti, deglutendo. "Ci sentiamo tardi. Voi a quell'ora siete già a letto". Lui si ammutolisce. Prende tempo e lo sento muoversi. "Quindi la distanza non vi sta dando problemi?".

"Assolutamente. La distanza rovina i rapporti quando il rapporto è già logorato". "Wow, da quando sei così saggia?". Soffoco una risata, scivolando lungo la ceramica bagnata. "Da sempre. Ho preso da te". "Quando pensi di tornare a Los Angeles?". "Tra due settimane, se tutto va bene. La progettazione del film è agli sgoccioli". Continuiamo a chiacchierare, finché non mi risulta una chiamata in attesa. "Papà, posso richiamarti domani?".

"Certo, piccola. Ci vediamo su Skype, così mamma può vederti". "D'accordo. Ciao, papà". Lo saluto, aprendo l'altra chiamata. È Will. "Stavo parlando con mio padre" gli dico, come per convincerlo di qualcosa. "Mi manchi, Ade" dichiara all'improvviso. Dal suo tono di voce mi sembra di capire che è sul punto di esplodere. "Anche tu mi manchi, da morire. Ti ho chiesto due settimane. Cosa sono due settimane, comparate ad una vita?". Will ride.

"Stai citando le mie stesse parole". "Esatto. Non buttarti giù. Quando tornerò da te, ti dimenticherai di questo periodo che abbiamo trascorso separati. Te lo prometto". Mi metto a sedere, posando le dita sulla ceramica fredda. "Che stai facendo?".

"Sono nella vasca da bagno" rispondo, mordendomi il labbro inferiore. "Uh, e non mi hai invitato?". "Se parti adesso, magari riesci a raggiungermi in tempo. Mi sento così sola qui senza di te. Chissà come ho fatto negli ultimi tre anni". Will prende tempo, sospira. "Non dirmi così. Vorrei potermi teletrasportare". "Ed io vorrei essere invisibile". Lo faccio ridere ancora. Per fortuna sono capace di sdrammatizzare. "Mio padre mi ha chiesto di te, se la distanza ci sta separando".

"E tu cosa gli hai risposto?". "Che la distanza rovina i rapporti, quando il rapporto è già deteriorato. Tra noi non potrà mai accadere. Ci siamo chiariti su ogni cosa, no?". "Hai ragione". Si ammutolisce nuovamente. Percepisco un nodo alla gola, dei brividi lungo la schiena. Afferro l'accappatoio, infilandomelo lungo le braccia. "Will?" lo richiamo, preoccupata. "Sì?" "Non ti ho sentito più. Tutto bene?".

"Magnificamente, Ade. Spero che queste due settimane trascorrano in fretta, tutto qui". Parliamo per un po', finché l'acqua non mi si asciuga sulla pelle. Sfilo l'accappatoio, indossando tuta e canottiera. "Vuoi che ci sentiamo su Skype?" gli domando, sperando di poterlo vedere. "Frank sta per raggiungermi. Andiamo a farci un giro in bici, e dopo ci vediamo con dei colleghi". "Va bene, allora ci vediamo domani?". "Va bene" risponde, con un tono di voce debole. 

𝐔𝐧𝐧𝐚𝐦𝐞𝐝 | 𝐒𝐞𝐛𝐚𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧 𝐒𝐭𝐚𝐧Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora