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"Mi prometti che una volta arrivata dal dottore mi mandi un messaggio? Ho ancora un'ora di buco prima di andare a Trigoria per la fisioterapia e non voglio mica passarla con l'ansia di te da sola per le strade di Roma" parla a raffica Nicolò dall'altra parte del cellulare.

Sono uscita da casa da neppure dieci minuti, ci siamo salutati in salotto e quando ho girato la chiave per mettere in moto la macchina, il cellulare ha squillato e la sua faccia è apparsa sull'intero schermo.

"Si te lo prometto, proprio come pochi minuti fa, sta tranquillo. Probabilmente non é nulla" dico cercando di convincere più me stessa che lui.

Sono ormai diversi giorni che questi dolori addominali e senso di nausea non mi permettono di restare tranquilla. Man mano le fitte si sono spostate più in basso, tanto che ho pensato mi fosse arrivato il ciclo, ma nulla, non era lui.

"Va bene, non vedo l'ora di vederti stasera, ti amo" confessa sorridendomi. É diventato proprio sdolcinato. Se quando l'ho visto per la prima volta qualcuno mi avesse detto che lui mi avrebbe riempito di parole dolci, non ci avrei mai creduto. Nemmeno sotto tortura. Ma nonostante questo, eccoci qui. Lui non smetterà mai di stupirmi.

"Ti amo anche io, razza di idiota" lo prendo in giro chiudendo la chiamata, senza lasciare che lui mi risponda.

Metto il piede sull'acceleratore e mi immergo nel flusso della circolazione. Le strade di Roma, come mi aspettavo, sono abbastanza affollate e ogni qual volta sulla mia traiettoria c'è un semaforo, questo automaticamente diventa rosso e ci resta così per almeno uno o due ore.

Quando l'entrata dell'ospedale mi si piazza davanti, sono agitata. E se fosse qualcosa di grave? Come lo racconto a tutti? Dovevo accettare la proposta della mamma, doveva accompagnarmici lei e ora non sarei in questa situazione.

Le mamma hanno sempre ragione, devo ricordarlo sempre!

"Signorina, deve entrare?" mi domanda un vecchietto a cui stavo bloccando la strada. Gli sorrido e poi lo lascio passare.

Mi faccio coraggio e raggiungo la sala d'attesa, che sin da piccola mi provoca i brividi. É buia, é spenta. Non dovrebbero essere così gli ospedali, la vita qui dentro é già abbastanza orribile e il colore di queste pareti descrive la sensazione perfettamente.

"Signorina Ambrosio, il dottore la sta aspettando" mi informa un infermiere indicandomi la strada con il suo braccio.

Prima di entrare nella stanza, tiro un sospiro.

"Salve" esordisco aprendo la porta del suo studio.

"Da quanto tempo Sofia, come mai é qui? Va tutto bene?" chiede.

Perché dovrei essere in un ospedale se tutto andasse bene?

"In realtà ho questo forte dolore al basso ventre, sono cinque o forse sei giorni che non mi passa, ho provato qualsiasi ricetta della nonna pur di farmelo alleviare, ma nulla" lo informo gesticolando con le mani e indicando il punto esatto dove mi fa male.

"Va bene, ora si rilassi e si stenda su quel lettino, vediamo un po' cosa può essere"

Faccio come mi dice e tiro su la maglietta affinché lui possa vedere meglio quella parte.

Chiudo gli occhi e cerco di pensare a solo cose belle: Nicolò, la sua famiglia che ormai é diventata anche un pochino la mia, la mia mamma, Carla e Luca che non vedo da un sacco di tempo e i miei amici a Londra.

"Si può rivestire signorina"

Come ha già finito? É un buon segno?

Lo raggiungo vicino la sua scrivania piena di cartacce e lo guardo negli occhi sperando mi dia una buona notizia.

"Non mi guardi cosi. La sua é un infezione allo stomaco. Le ricette dalla nonna sono efficaci ma non in questo caso" mi sorride tornando con lo sguardo sui fogli davanti a lui.

"Quindi con una cura passa, no?"

"Si passa, Sofia. Forse ci vorrà un po' di tempo, visto il suo stato avanzato ma si può curare tranquillamente. Prenda queste pillole due volte al giorno per due settimane poi ci risentiamo" mi consegna la ricetta e dopo aver metabolizzato il tutto, sospiro.

Mi alzo e raggiungo la porta d'ingresso. Saluto il dottore e subito dopo l'infermiere, sorridendo ad entrambi.

Prima di uscire definitivamente dall'edificio, mi fermo e guardo indietro. Dev'essere davvero difficile per quelle persone che abitualmente vengono qui. Io ci ho passato solamente due ore e sono sembrate infinite.

Una volta arrivata in macchina, avviso tutti quanti con una foto e una didascalia. Tutto apposto, due settimane e sono come nuova!

Leggo le risposte subito dopo e metto in moto per tornare a casa.

Nello stesso momento in cui la sbarra per uscire dall'ospedale si alza ricevo la telefonata di Nico.

"Cosa vuol dire due settimane? Che hai?" domanda frettolosamente senza nemmeno salutarmi.

"Ciao amore mio, si anche io tutto bene" scherzo mettendo vivavoce.

"Non prendermi in giro, rispondi alla mia domanda. È tutta la mattina che ci penso, sono preoccupato per te piccolina" sorrido e ringrazio che lui non possa vedermi.

"Il dottore mi ha detto che é un infezione allo stomaco e che é già in uno stato avanzato ma in due settimane con delle medicine che mi ha dato lui stesso dovrebbe passare"

"Dovrebbe?"

"Da quando sei così attento ai tempi dei verbi che uso?" chiedo tenendo lo sguardo fisso avanti.

"Sono sempre attento quando parli solo che in altre occasioni mi perdo a fissarti le labbra quindi il momento giusto per fartelo notare scivola via"

Non dovrei stupirmi, insomma sto parlando con Nicolò, lo stesso che mi ha baciato per la prima volta senza pensarci e soprattutto senza il mio permesso.

"Come sei stupido, in ogni caso tu dove sei? Io sto tornando a casa se vuoi posso passarti a prendere da Trigoria e ci andiamo insieme"

"Ne sarei veramente felice piccola rompipalle, abbiamo appena finito, ti aspetto all'uscita con Pelle" annuisco anche se so che non può vedermi e quando vedo l'uscita dal raccordo la imbocco, chiudendo la chiamata con Nico.

Dopo neanche cinque minuti, lo vedo entrare nella mia macchina, con ancora la fascia sul ginocchio. Sorrido a Lorenzo e poi parto finalmente verso casa.

"Com'è andata? Ti fa troppo male?" domando abbassando il volume della radio, che puntualmente lui ha alzato.

"Non tantissimo"

"Menomale, non alzare troppo il volume quando sei da solo in macchina, la musica alta ti distrae e poi finisce male" lo riprendo quando vedo la sua mano sul pulsante per regolarlo.

"Va bene mamma" dice facendomi una linguaccia seguita da un gesto del capo per farmi tornare con lo sguardo avanti "Se non guardi la strada, anche con la musica bassa, finisce male lo stesso"

Ah. È proprio uno stupido ma lo amo, forse anche più di me stessa!

La luce nell'oscuritàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora