NON SONO IN GRADO DI PROTEGGERVI TUTTI

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«Non puoi andare da solo. Verrò con te.» Caleb mi segue fino alla porta, prendo le chiavi dal porta oggetti e quando infilo la giacca, gli rivolgo uno sguardo carico di comprensione. «Ne abbiamo già parlato un'ora fa.»

«Sì, ma io voglio vedere con i miei occhi che Jil sia viva.» gli faccio cenno di abbassare la voce, perché ancora non abbiamo detto niente a nessuno. Per il momento è meglio così. Almeno fino a quando non l'ho vista con i miei occhi. «La vedrai, ma non stamattina.»

«Ti ricordo che è grazie a me se ne siamo riusciti a venire a capo!» esordisce, alzando di una nota la voce. In quale altra lingua gli devo far capire che non deve urlare? Opto di non rispondere e questa volta userò la moto per andare fino all'università.

«Sei un bastardo.»

«Lo so!» dico sorridendo a cavallo della moto prima di infilare il casco, mentre lui fa no con il capo ed entra dentro.

Esco dalla mia proprietà e mi immetto sulla strada con mille pensieri. Cosa farò appena incontrerò mio fratello? La prima cosa che mi salta in mente? Picchiarlo come se non ci fosse un domani, scacciando tutto il malessere su di lui. Giro l'acceleratore effettuando un sorpasso azzardato, quando la mia mente cade su cosa sia potuto succedere nell'arco di questo mese tra Jil e Evan.
È chiaro che lei stia bene, altrimenti Blake non avrebbe mai lasciato quel messaggio in codice e, non penso nemmeno che sia stata obbligata a questo punto. Quindi mi chiedo cosa sia successo realmente la notte in cui lei è sparita.
E se loro due... Dio, faccio fatica solo a pensare che se la siano spassata, mentre io mi stavo lasciando mangiare dal rimpianto e seppellire dal dolore. No, è impossibile. Lei non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere... dopotutto lei ama anche me.

Mi sono lasciato trasportare come al solito lontano dalla mia mente, in posti che mi provocano solo afflizione e tormento.

«Ehi‼ Ma dove hai la testa?» strepita una ragazzina che stava attraversando, cade a terra, ma questa volta il torto non è mio dato che il semaforo per i pedoni era rosso. Comunque mi fermo per vedere che non si sia rotta qualcosa.

«Sei un coglione. Guarda qui, il mio jeans nuovo è tutto sgualcito.» si lamenta e allungo una mano per aiutarla e dopo mi levo il casco. «Anche la maglietta si è sporcata.» dice controllandosi. «Scusa, ma hai sbagliato tu. Il semaforo era rosso per i pedoni.» a questo punto lei alza il viso guardandomi finalmente in faccia e, per un attimo sembra che abbia perso l'uso della parola. Cerca di farfugliare qualcosa diventando tutta rossa, ma l'attimo seguente, dopo essersi passata la mano tra i capelli, scoppia in una risata argentina. Dato che vedo che sta bene, decido di salire in sella e ripartire. «Te ne vai così?» domanda, lisciando la giacca lunga color cammello.

«Stai bene, no?» la guardo per bene e ha un non so che di familiare; in ogni caso lei annuisce e mi basta sentire questo per infilare il casco e ripartire.

«Dimmi almeno come ti chiami. Ehi‼» la sento urlare, ma do gas e sfreccio per le strade e in poco tempo arrivo all'università. Prima di entrare mi concedo il lusso di una sigaretta, per prepararmi psicologicamente ad affrontare mio fratello dopo il casino che ha combinato.
Guardo la cicca che pian piano arde tra le mie labbra e quando arrivo all'ultimo tiro, aspiro con decisione per poi gettarla a terra e calpestarla con un piede. Credo sia arrivato il momento di entrare e quando lo faccio chiedo al primo che capita dove potrei trovare Blake. Al momento nessuno sa dirmi nulla, ma tra la folla dei corridoi lo vedo.

Infilo le mani in tasca, precipitandomi da lui. Credo mi abbia visto.

***

Evan Pov's

«Dovevi vedere come tremava. Colin è un pazzo!» esordisce alla fine Scott.

Non il Classico Bad BoyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora