Anche i fiori più sgraziati hanno bisogno di acqua per poter sopravvivere.

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La mattina in cui sono stata dimessa dall’ospedale pioveva un sacco; un classico acquazzone estivo ci ha colti impreparati a me e Caleb mentre aspettavamo Reed che ci venisse a prendere. In realtà dovevamo ritornare a piedi, una camminata ci avrebbe fatto bene, dato che c’era un sole che spaccava le pietre. L'unico ingombro era il borsone che conteneva tutto ciò di cui ho avuto bisogno nei giorni che sono stata ricoverata, ma alla fine non era nemmeno tanto pesante e quindi, non sarebbe stato un vero e proprio ostacolo, come poi lo si è dimostrato in parte l’andare in centrale per l’ennesimo interrogatorio su Victor e Marcus. Di Evan non hanno voluto sapere niente e forse è stato meglio così, perché parlarne mi creava un mix di emozioni alquanto negative e…  credo di aver bisogno di tempo per mandare giù tutto quello che è successo, perché è chiaro che non l’ho digerita.
Ma come potrei dopo così poco tempo? Impossibile. Dovrei avere un cuore come quello di Blake per non provare niente o fare finta che non sia successo niente. Io proprio non riesco e so bene che non dovrei innervosirmi, ma mi riesce davvero difficile in questo momento, specialmente dopo essere stata accerchiata da diversi giornalisti che hanno iniziato a fare domande su domande.

«Si dice che lei voglia aiutare Evan Blake a ridurre la sua condanna. È vero?» mi porto la mano davanti al viso per sfuggire agli scatti dei paparazzi ed è snervante non poter stare tranquilla. Non avevo calcolato che dopo aver sconfitto i Blake avrei avuto queste sanguisughe addosso, ventiquattro ore su ventiquattro.

«Perché non risponde? Forse è la verità? Allora se le cose stanno così, bisogna dar conto alle parole di Blake. È vero che non ha abusato di lei, altrimenti quale pazzo lo aiuterebbe?» ed è qui che mi fermo girandomi come una iena verso il tizio che sul microfono porta la voce Daily Mirror. Se non erro è un famoso tabloid inglese, ma in ogni caso devo pensare a come far tacere questo branco di scemi e con pochissima grazia gli strappo letteralmente il microfono dalle mani.

«Lo dirò soltanto una volta, dato che già sono stata chiara in altre interviste. Io non ho nulla da spartire con Evan Blake! Pertanto non ho alcun interesse nel prendere le sue difese qualora ci sarà un’udienza, merita di scontare la sua pena, che siano dieci oppure cinquant’anni e non mi pento della decisione presa. In questi anni la famiglia Blake ha fatto del male a troppe persone e non solo, ma sapete già queste cose, quindi finitela di rompere con le solite domande.» sono rimasti tutti a bocca aperta per la mia risposta acida, ma in questo momento ho solo bisogno di starmene sola, accettando un po’ alla volta questa storia, dove ho perso tanto.
Ho perso un padre amorevole che avrebbe fatto di tutto per la sua famiglia e cosi è stato.
Ho perso una madre che poi si è rivelata una donna subdola e meschina.
Ho perso Julian in parte. Sì, ci parliamo e sono felice che tra qualche giorno verrà dimesso, ma anche lui finirà in carcere ed è giusto che sia così.
Ho perso la mia anima nel momento in cui ho capito di essermi innamorata di Evan e con essa ho perso lui. Per sempre.

«E lasciatela in pace», urla Reed proteggendomi sempre come solo lui sa fare. Mi afferra da un braccio e mi guida fino alla portiera della sua auto.
«Sarà sempre così?» domando con un fil di voce. Sono stanca. Reed mi guarda comprensivo facendo spallucce.
«Queste cose vanno per le lunghe, specialmente se si tratta di personaggi noti come i Blake.»
«Sì, ma io non ho più niente da dire e tantomeno non mi presenterò in quei programmi televisivi, perché… perché raccontare quello che è successo mi fa male Reed, capisci?» e non importa se ora sto piangendo, non mi importa se Reed deve vedermi così, perché ci sono alcuni momenti in cui inizio a sentirmi sola e quel vuoto che mi ha sempre accompagnata, sembra diventare più grande.
Carson mi tira a sé e solo in quel momento riesco a trovare un po’ di pace. Mi carezza il capo con una mano, lasciando poi dei baci. «Jil ti farebbe bene parlarne con qualcuno.» dice dopo un tempo indefinito. Non rispondo subito, ma capisco a cosa si riferisca e dopo un po’ trovo la forza di staccarmi da lui.
«Hai bisogno d’aiuto. Sono stati mesi difficili, per non parlare del trauma che hai vissuto con la morte di tuo padre. Tua madre ti ha fatto il lavaggio del cervello, cancellando per sempre una parte della tua vita e stessa cosa ha fatto con i tuoi fratelli.»
«È colpa mia, mi faccio coinvolgere troppo da alcune emozioni e mi lascio sopraffare da queste.»
«Non è colpa tua. Sai ci sono dei fiori che per quanto sono belli, sono un po’ più fragili di altri e se non te ne prendi cura, rischiano di appassire velocemente e tu per me sei uno di questi. Tanto bella quanto fragile, ma non permetterò che tu appassisca. Io mi prenderò cura di te come se fossi mia figlia.» e dopo queste parole non ho più nulla da aggiungere, se non ringraziare Reed per tutto.
«Dai signorina andiamo a casa. Stamattina mia moglie ha detto che avrebbe preparato le lasagne. Sai lei ha origini italiane.» sorrido a malapena e gli sono grata per aver sviato subito il discorso, non so davvero come avrei fatto senza di lui.

Non il Classico Bad BoyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora