Se non potrai essere mia, non sarai nemmeno sua

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Quando Jil mette sul tavolo il polpettone, sono già seduto con un tovagliolo sulle cosce per evitare di sporcare il costoso jeans di Gucci. Julian se ne sta in silenzio, parla solo se Jil gli pone qualche domanda e ridacchia di tanto in tanto. Mi pare ovvio che sia incazzato e confuso. Ad un certo punto Jil si siede e ci incita a mangiare.

«Spero ti piaccia!» esala lei, allungando una mano verso quella di Julian, dove quest'ultimo istintivamente saetta lo sguardo verso di me e con uno sguardo vendicativo, l'afferra, carezzandola come se fosse la cosa più prezioso dell'universo. Mi fingo estraneo a tutto, stappando  le birre come se nulla fosse. Mio fratello poi, assaggia un pezzetto di polpettone e dopo subito un altro.

«È ottimo. Mi viene quasi da piangere per la sua bontà.» le fa sapere e lei sembra così contenta.

«Sai, quando mamma cucinava stavo sempre attenta, perché pensavo che prima o poi sarebbe capitato a me mettermi ai fornelli.» ci informa con un sorriso nostalgico che sembra diventare poi, un ricordo che forse avrebbe fatto meglio a non rievocare. A questo punto, non so cosa dire, perché non è il mio campo e non saprei che tasti toccare, ma Julian, dopo aver sorseggiato la birra, che sembra avergli dato la giusta carica per mettere insieme un discorso impeccabile, inizia a parlare. «Dovresti non pensarci... sai dicono che il tempo aiuti a risanare alcune cicatrici e, so che alcune sono più profonde di altre, più sanguinanti, ma anche loro guariranno e quando ci penserai resteranno solo brutti graffi. A volte bruceranno, ma non sempre.» guardo il tenero momento tra i due, iniziando a sentirmi di troppo. Anzi, so di essere di troppo e magari dovrei lasciarli soli, ma il pensiero che potrebbero finire a letto insieme, non mi abbandona un attimo.

«Oh, grazie Jul... e dimmi, come stanno i ragazzi?» Lui risponde con un sorriso e poi, le fa sapere che i fratelli non stanno affatto bene e che solo Caleb conosce la verità.
A questo punto, Jil, diventa più cupa e credo si senta terribilmente in colpa per il dolore che ha arrecato ai suoi fratelli. Nel frattempo, prendo un altro pezzo di polpettone e devo ammettere che è davvero squisito, più delle altre volte. Ah, giusto! Quello di oggi è speciale per Julian.

«Evan sei di poche parole.» ad un tratto vengo tirato in causa, proprio quando stavo per mangiare un boccone. «Sto mangiando.» obbietto e in questo istante squilla un telefono.

«È mio. Scusami un attimo.» Dice il ragazzo che ho di fronte per poi alzarsi velocemente e allontanarsi in balcone. Lo osservo mentre gesticola, mentre posa la mano sulla ringhiera che sembra stringerla così forte e...

«La vuoi smettere!» Jil mi lancia addosso il tappo di una delle birre, guardandomi malissimo.

«Ma non ho fatto niente!»

«Lo stai osservando come se stesse facendo qualcosa di male e poi potresti anche parlare.» mi pulisco con il tovagliolo, posandolo alla destra del piatto e bevendo poi un goccio di birra.

«E cosa dovrei dire? A me sembra che non ci sia bisogno che io dica niente, siete così in sintonia.» marco l'ultima parola e lei sembra infastidita da ciò.

«Sei forse geloso? Ti ricordo che sono libera di fare ciò che voglio!»

«E chi ti ha detto niente...» sto per alzarmi dal tavolo, ma lei mi ferma.

«Non rovinare tutto come sempre.» ma sembra pentirsi di ciò che ha detto, credo fosse più un pensiero che doveva tenersi per lei. Ed è vero: io rovino sempre tutto, ma ultimamente sto facendo il possibile affinché lei possa stare bene, ma a quanto pare lei non la pensa così.

«Jil, si può sapere cosa dovrei fare?»

«Se hai intenzione di guardalo così o dire qualcosa che lo faccia sentire attaccato... be', è meglio se te ne vai.» un sorrisetto sghembo spunta sul mio viso e in questo frangente Julian rientra dentro, guardandoci entrambi.

Non il Classico Bad BoyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora