Amore fraterno

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Cercai con tutta me stessa di alzarmi dal letto, l'influenza proprio non ci voleva.
La mattina dovevo occuparmi delle faccende di casa, nel pomeriggio del mio lavoro e la sera da Ben.

Il mio corpo si rifiutò di alzarsi da sotto quel manto di coperte, si stava così bene. Ma la mia mente mi fece scattare in men che non si dica.

Avanzai verso la finestra, feci per aprirla quando vidi una figura incappucciata di nero proprio davanti casa mia. Lo guardai insistentemente, ma andò via.
Senza pensarci poi più di tanto, decisi di fare quello che stavo per fare prima. Una folata di vento gelido mi fece rabbrividire e il mio corpo ne risentii visto gli spasmi che sentivo.

E forse avrei dovuto prendere qualcosa per far sì che l'influenza passasse, ma non trovai nulla.
Ormai spazientita della mia ricerca con scarsi risultati, iniziai a riordinare la stanza dei miei fratelli che non erano in casa.

Magliette sparse qua e là, pantaloni sulle sedie che ormai sembravano essere diventate un armadio tanto della roba che c'era sopra. E ogni giorno era in quel modo, un vero disastro.
Ma non ci misi molto a finire di riordinare e pulire, tant'è vero che alle dodici in punto avevo pulito già tutto.

Decisi di mettermi sul divano, giusto per riposarmi un po'. Sentivo il mio corpo caldo, come quelle giornate estive che ti toglieresti perfino la pelle se fosse possibile. Ma al contrario, avrei voluto strati di coperte a riscaldarmi, dato il freddo pungente che sentivo.

«Jil, siamo a casa!!» sentii la voce di Ray e poi tutto il resto della ciurma. Li vidi sfocati, stropicciai più volte gli occhi, ma niente.

«Ma tu scotti tantissimo.» ed ecco Caleb, era sempre pronto a prendersi cura di me. Forse più degli altri, ma questo non significava che gli altri miei fratelli non mi volessero bene. E solo che ognuno di loro aveva un modo differente per dimostrarlo.

«Come si uccide un orologio?» E quello era il modo di Ed. Un modo per farmi ridere e per farmi stare bene.

«Questa la so, fermi tutti.» E Ray sorrise in modo davvero strano, per poi venire a misurarmi la febbre. Mi scompigliò i capelli poi, ma quel gesto mi fece venire strani dolori alla testa.

«Col-pendolo.» asserì, e poi colpì Ed sulla fronte con un dito. Edward alzò lo sguardo al soffitto mentre io non avevo la forza per ridere, anche se dentro stavo esplodendo di risate.

«Ti ho preparato un brodino.» la voce roca di Nathan, mi fece aprire un occhio e poi il beep del termometro mi fece aprire l'altro.

«Hai 39 di febbre. Oggi ti vieto severamente di uscire.» E non sapevo più chi mi stesse parlando, avevo già gli occhi chiusi. Sentii solo qualcuno rimboccarmi una coperta addosso prima di abbandonarmi completamente a Morfeo.

«Sono Caleb.» aprii improvvisamente gli occhi, appena avevo udito la voce di mio fratello. Lo vidi con il mio telefono che parlava con qualcuno.

«Mia sorella oggi non verrà, sta male.» E poi mise giù. Si voltò verso di me e sorrise.

«Era Blake. Che tipo strano!» emisi un sonoro lamento. Non lo sopportavo. Non sopportavo il modo in cui mi parlava. E tanto meno mi importava perché avesse chiamato.

«Già.... ma quanto ho dormito?» chiesi dopo un lungo sbadiglio, misi gli occhiali che erano poggiati sul piccolo tavolo posto qualche centimetro più avanti dal divano e infilai una felpa che era poggiata su esso.

«Due ore. Gli altri sono in camera e mamma ancora non è tornata. Fai strani versi quando dormi, sei inquietante.» istintivamente la mia mano agguantò un cuscino per ritrovarsi subito dopo su Caleb. Lui rise soltanto e poi portò lo sguardo verso il televisore.

«Papà è uscito?» Chiesi alzandomi dal divano, mi sentivo già meglio e poi scorsi un pacco di medicine sul tavolo in cucina e un biglietto accanto.

"Qual è il gioco preferito dei fantastici 4? Spero indovini sorellina." sorrisi lievemente, e sapevo che era stato Ed a comperarle.

Ne presi una, anche se mi sentivo già meglio.
Mi ero spostata verso la finestra, il cielo era coperto di nuvole, e a me piaceva tanto.
Guardai oltre le case situate di fronte casa mia, scorsi grandi grattacieli e poi nuovamente guardai il cielo, sospirai.

«Jil, papà...» la voce di Caleb limpida e profonda mi fece voltare per guardarlo, ma venne interrotto dal rientro di mamma.

«Sono a casa.» E in me che non si dica, tutti i miei fratelli erano nel piccolo soggiorno. E non persero tempo nel dirle che ero stata male, ma subito le dissi che stavo meglio. Mi chiese se fossi stata a lavoro e ovviamente le dissi di no.

«Mi spiace non andare da Ben. Ieri mi ha regalato la maglietta dei Nirvana.» dissi sprofondando in un bellissimo sorriso. Ben era Ben.
Lo conoscevo da tantissimi anni ormai, e per il mio ventiduesimo compleanno non poteva scegliere regalo migliore.

«Ben, è un grandissimo figlio di buona mamma.» esordì Nathan, loro avevano frequentato la stessa scuola. È grazie a mio fratello se avevo conosciuto Ben.

La passione per la musica ci aveva legato profondamente.
Perfino decise di aprirsi una scuola di canto, ma lui poteva farlo dopo diversi studi approfonditi e per un'ottima posizione economica. Io avevo frequentato solo i corsi a scuola e il mio più grande sogno era la Julliard.

«Lascia stare Ben. E comunque Ed, non so la tua risposta.» proferii dopo essermi messa comoda nuovamente sul divano. La mamma era andata a posare una busta in cucina, e avevo visto il suo viso stanco. Ma la vidi sbucare qualche secondo dopo, tirando fuori un bel sorriso e chiedendo cosa preferivamo per cena.

«Noi mangiamo fuori. E per la cronaca cara Jil, la risposta era forza 4.» scossi la testa ripetutamente, e stavo pensando che avrei dovuto inviare un messaggio a Ben per dirgli che sarei andata il giorno dopo.

«Papà quando rientra? È tardi ormai. E poi sabato già deve andare via, potrebbe passare un po' più di tempo con noi.» sibilai affranta. Scorsi l'espressione dei miei fratelli e quella di mia madre, il silenzio aleggiava improvvisante.

«Jil, lo sai.» E poi Nathan andò via, vedendo un'occhiata di rimprovero verso mio fratello da parte di mia madre. Ray, si sedette al mio fianco scompigliandomi i capelli come suo solito prima di scomparire anche lui.

«Tu cosa preferisci tesoro per cena?» chiese poi mia madre, rivolgendosi a me con il più tenero dei sorrisi.

«È uguale.» dissi per andare verso la mia stanza. Mi sedetti sul letto e mi portai le ginocchia al petto. E poi il suono del telefono a ricordarmi di ritornare alla realtà.

«Pronto.»

«Jil, perdonami. Sto per arrivare.» disse papà dall'altro lato del telefono. Sentivo un gran casino, ma ero felice.
Così mi alzai dal letto e avanzai verso la scrivania.

Quella sera avevo la giusta ispirazione, così navigai in mezzo a parole e melodie nuove. E non so quanto tempo passò, ma appena mi voltai un attimo per stiracchiarmi un po', papà era sullo stipite della porta che mi stava osservando.

Spazio cricetine 😍
Ciao piccole 😍 come state?
Ecco a voi un nuovo capitolo. Cosa ne pensate?
Spero vi piaccia la storia, per me ha un significato davvero importante. ❤🙈
Lasciate un commento e una stellina.😍😍❤❤

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