Sbocciano petali al profumo di rosa dalla bocca di un assassino

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Credo sia passata mezz'ora da quando quella feccia di Victor ci ha fatti spostare nell'enorme salone che ospita questa villa immersa nella natura. Sono seduta sul divano, ai due lati i due energumeni a farmi da balia, mentre Evan si trova con il suo paparino a guardare le registrazioni.
Lo so, sono nei guai fino al collo, ma non ho paura, stranamente.

«Vorrei un bicchiere d'acqua.» sentenzio, guardando il tizio alla mia destra che, a sua volta, lancia uno sguardo di fronte a se, al suo collega scimmione. Aspetto un loro gesto, ma niente, visto che quello alla mia sinistra ha lanciato un segno di diniego. Sospiro, ed è qui che Evan entra in stanza con tutta la sua bellezza, anche se zoppicante, ha sempre fascino, lo devo ammettere.
Viene seguito dal padre migliore di sempre, al solo guardarlo provoca in me un senso di forte malessere. E no, non voglio essere ripetitiva, ma avere dinanzi l'assassino di mio padre, mi provoca un forte senso d'ansia, dolore e rabbia.

Cerco di restare impassibile, non voglio che loro guardino il mio dolore per poi farne solo un dramma adolescenziale. Non l'accetterei e sarebbe come uccidere una seconda volta mio padre.

Inghiottisco a vuoto l'aria fittizia che è diventata irrespirabile e non posso che non notare lo sguardo omicida di Blake addosso. Capisco subito a cosa sia dovuto, avrà visto le registrazioni e ovviamente avrà visto di quando in sua assenza ho chiamato Julian. Spero solo non siano quel tipo di telecamere che registrano anche il suono, perché questo definirebbe la fine del nostro piano. Tra l'altro si dovrebbe attuare tra qualche ora e non ho fatto sapere nulla a Julian.

Sono una spia orribile.

«Figliolo, capisco che siano questioni tue, ma se hai bisogno sai che non mi tirerò indietro.» latra la feccia e questo mi fa capire che lui non ha visto le registrazioni. Mi chiedo perché un diavolo come lui voglia salvare un angelo come me.
Forse, perché ancor prima di me, ha vissuto nel dolore e ha paura che anche io possa precipitare laddove è caduto lui.

Ma che vado a pensare? Davvero Jil?!

Victor siede proprio di fronte a me, gli occhi chiari e gelidi a scandagliare ciò che si gela al mio interno. E in questo momento non può che non notare il disgusto che mi causa.

«Sai piccola Jilian.. mio figlio mi ha riferito che forse hai capito dove il caro Will ha nascosto la cura.» picchietta le mani perfette, prive di qualsiasi segno o ruga che l'abbia indotto a lavori nel corso della sua vita, sulle ginocchia. Infine stampa un sorriso irreprensibile e, «Sai che ti trovi a Port Orchard? Se ci penso e qui che tutto ebbe inizio. La storia con tua madre. Quella di tuo padre  con la mia bellissima Cece. La forte amicizia tra Will e James. Mi viene da ridere, perché quest'ultimo è stato ucciso dalla propria figlia.» infine ride, passandosi una mano sulla barba perfettamente disegnata. Lo guardo per bene e solo ora noto la somiglianza con i suoi due bellissimi figli. Ovviamente quella che risalta di più è la somiglianza con Evan. Gli stessi occhi pieni di furbizia, i modi di fare, perfino la stessa risata e questo non è affatto un bene.

«Qui gli unici stupidi siete voi. Un giorno pagherai per ciò che hai fatto.»

«Tu dici? E con quali prove? E poi, se mai dovessi finire dietro le sbarre, tua madre mi seguirà a ruota.» ridacchia come se ci fosse realmente qualcosa per cui ridere. Io qui ci vedo solo del marcio, che logora pian piano la mia mente.

Evan nel frattempo si siede al mio fianco, distende la gamba, il tessuto del pantalone è più scuro laddove il proiettile l'ha colpito. I nostri sguardi si incrociano, ma in quello di lui trovo solo rabbia, esattamente come prima.

Non il Classico Bad BoyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora