Epilogo parte 1/2

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Ciao mie Bad girl's, mi scuso per avervi fatte aspettare a lungo, sono stati periodi difficili. Poi ci sono state volte in cui quel maledettissimo blocco dello scrittore era così opprimente che non mi lasciava lavorare come volevo. Ad ogni modo sono riuscita a scrivere l'ultimo capitolo, non vi chiederò niente ora, lo farò alla fine della seconda parte dell' epilogo. E sì, questa volta mi sono superata. Ho scritto quasi 30.000 parole! E per non rendervelo troppo pesante, ho pensato bene di suddividerlo. Comunque bando alle ciance, vi auguro una buona lettura.

🌻🌻🌻

Fino a qualche mese fa le uniche aule di tribunale che avevo mai visto, erano quelle all'interno della mia amata serie "Le regole del delitto perfetto", dove Annalise Keating, docente e avvocata più cazzuta di sempre, era pronta a tutto pur di vincere le sue cause.
Ma questa non è una serie TV ed io non sono una tirocinante come quelli di Annalise e tantomeno lei è qui. Questa è la pure realtà di come un capitolo della mia vita si sta svolgendo al termine.
Reed mi sorride di tanto in tanto, mentre aspettiamo l'arrivo del giudice. Ho le mani sudate per via dell'agitazione e nonostante le stia strofinando sul pantalone nero a vita alta, il risultato non cambia.
In realtà oggi non avrei dovuto essere qui, poiché, Evan si è dichiarato colpevole di tutte le accuse. Ma c'è un ma grande come il Grand Canyon a portarmi tra queste aule, dopo esserci stata per Victor, Elizabeth, Evelyn, Erin e Julian. Quest'ultimo se l'è cavata con una condanna di cinque anni in un penitenziario di massima sicurezza e dopo i cinque anni si vedrà.
Per quanto riguarda Evan, beh, a lui hanno dato la pena di morte come tutti i membri della sua famiglia, ma nonostante ciò, oggi siamo qui perché qualcuno ha deciso di conficcare ancor di più il dito nella piaga.
Qualche giorno dopo l'incontro tra me Evan, una ragazza contattò Reed, dicendogli che doveva parlare il prima possibile con me.
Accettai senza pensarci a dire il vero, non pensavo assolutamente che quella ragazza potesse far crollare nuovamente il mio mondo.
Ci incontrammo in una caffetteria, era un mercoledì come tanti altri e mentre aspettavo con Carson, lui stesso ricevette la chiamata che qualcuno aveva altre accuse nei confronti di Evan e che io ero stata chiamata a testimoniare. Quel qualcuno era proprio la ragazza con cui a breve avrei dovuto prendere solo un caffè, ma in quell'istante ero ignara di tutto.
In ogni caso Reed mi avvisò e nello stesso frangente la ragazza entrò nella caffetteria. Bellissima avvolta dalla luce dei suoi lunghi capelli dorati e dai suoi occhi nocciola.
«Ciao Josephine. Agente Reed.» lasciò la presa dalla cinghia della borsa a tracolla per poterci dare la mano.
«Natalie, vero?» lei annuisce per poi sedersi e a quel punto chiamammo la cameriera per prendere i nostri ordini. Tre caffè. Quando la donna prese le nostre ordinazioni andando via, rivolsi un sorriso caloroso alla ragazza chiedendole poi il motivo per cui voleva vedermi.
«Ecco.. è difficile cavolo!! Questa è la seconda volta che ne parlo, nonostante ciò che mi è accaduto ha fatto parlare di me per molto tempo. Sono stata per anni sotto la cura di uno psicologo e poi psichiatra.» mi sorrise, ma il suo sguardo non si fermava a lungo su di me, si spostava in continuazione, in modo molto nervoso. Guardai Reed, ma lui alzò le spalle.
«Mi spiace tanto per qualsiasi cosa ti sia accaduta, ma non capisco cosa possa fare io in merito.» forse è stato quello il momento in cui i suoi occhi si sono fermati più a lungo su di me.
«Una cosa puoi farla a dire il vero. Far marcire per sempre Evan Blake in galera.» il cuore si fermò forse per un istante, mentre Reed tornò ad essere interessato a quello che la ragazza stava per dire, tanto da incitarla a parlare.
«Evan ci ha ripreso mentre...» una lacrima le rigò il viso e istintivamente afferrai la sua mano, forse in segno di sorellanza, non lo so perché lo stavo facendo, ma sapevo che quella ragazza stava dicendo la verità.
«Mi piaceva e non potevo crederci che aveva accettato di frequentarmi. Le cose sembravano andare bene tra noi, così un giorno lo portai nella mia parrocchia dove operava mio padre. Volevo fargli vedere il mio mondo, ma lui iniziò a toccarmi dopo un po'. Gli avevo detto che era presto o perlomeno di andare in un altro posto, ma lui voleva rendermi sua lì. Ero paralizzata, ma lo lasciai fare, fino al momento in cui non vidi il suo telefono riprenderci. Gli chiesi...» si bloccò, mettendo le mani davanti al viso. Guardai nuovamente Reed, forse in segno di aiuto, perché avevo già la bile in gola per quello che le mie orecchie stavano udendo.
«...gli chiesi cosa dovesse farci con quel filmino e lui rispose che era per noi, anzi per me, in caso avessi avuto voglia di guardare il mio ragazzo, così si è definito, mentre mi toccava. Ero spaventata e glielo feci presente, ma lui rispose che l'unica cosa di cui avrei dovuto avere paura era la sua rabbia.» alcune lacrime bagnano il viso della giovane ragazza. Improvvisamente mi trovo con le spalle al muro. Reed si passa una mano su tutto il viso e poi chiede alla ragazza se quello che sta dicendo è la verità.
«Credetemi vorrei che non lo fosse, ma quando tutti vennero in possesso di quel video per me iniziò un vero e proprio calvario. Tutt'ora mio padre non si è ripreso. Ha avuto un ictus qualche mese dopo per via del troppo stress e rabbia. In poche parole Evan Blake ha rovinato la mia vita e, quando ho saputo che era finito dietro le sbarre ho pensato che avrei dovuto raccontare questa storia. Tu puoi aiutarmi Jilian. Deve pagare.» afferro la tazza calda di caffè, ma senza bere nemmeno una goccia. Punto i miei occhi al suo interno e mi chiedo se avrà fatto la stessa cosa ad altre ragazze. Questa è senz'altro violenza ed io non posso starmene con le mani in mano solo perché io sarei stata l'eccezione nella vita di Blake.
«Io...» guardo prima Natalie e poi Reed e con un grande sospiro aggiungo sgomenta che l'aiuterò.
«Oh grazie al cielo! Non so come ringraziarti. Che Dio ti benedica.» afferra le mie mani e vedo la gratitudine dentro i suoi occhi. Le sorrido, ma ho davvero il cuore a pezzi. Come ha potuto fare una cosa del genere? Quante ragazze hanno sofferto per mano sua? E quante sono state al so guinzaglio, brave come cuccioli indifesi, perché terrorizzate da lui?
«Vado un attimo in bagno.»
«Io devo andare via. Ho appuntamento dallo psicologo e non posso tardare. Grazie ancora per avermi ascoltata.» mi stringe una spalla, le sorrido lievemente e mi volto a guardarla quando mi sorpassa per andare via. «Questo non ci voleva proprio.» metto i ciuffi ribelli dietro le orecchie avvilita.
«Già.» risposi e andai in bagno. Avevo bisogno di rinfrescare il mio viso. Più lo lavavo e più lacrime scendevano giù. Quella notizia mi aveva devastata.

Non il Classico Bad BoyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora