Capitolo 38

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Harry

«Andrà tutto bene.»

«Vedrai, ritornerai da me.»

Una sottile voce tremante si insinua nel mio cervello, suona quasi come un sibilo e una strana sensazione si espande nel petto creando un leggero dolore.

Sono completamente avvolto nell'oscurità più totale e mi sento alquanto confuso. Provo a muovermi, ma non riesco a percepire la semplice presenza del mio corpo, come se tutto fosse anestetizzato. Il mondo tace, eppure molti sussurri mi riempiono la testa, e proprio non riesco a capire il perché.

«É tutto nella norma anche oggi. Adesso sta a lui risvegliarsi.»

Riesco a cogliere questa stramba frase, detta da qualcuno che non riesco a riconoscere. Sento un sospiro di frustrazione e una mano stringere la mia con fare affettuoso. Cosa significa "adesso sta a lui risvegliarsi"? Sto per caso dormendo? Cosa mi è successo?

Provo a calmarmi, ma proprio non ci riesco: sento un grande nodo alla gola stringermi senza permettere di respirare e un peso sullo stomaco che mi rende più inquieto di quanto già non fossi pochi minuti fa. A peggiorare la situazione sono ancora le voci e i mormorii confusi dell'ambiente intorno a me.

«Perché non vuole tornare?»

«Devi avere pazienza, nostro figlio starà benone e tornerà a darci grattacapi.»

I suoni mi arrivano deboli, ovattati, come fossi rinchiuso in una bolla gigante dalla quale non posso uscire, dalla quale non riesco a fuggire. Il buio mi riscalda come una di quelle coperte di lana che la nonna ha fatto a mano molto tempo fa, quando ero piccolo; provo un grande tepore familiare che mi porta a decidere di restare. É tutto troppo complicato per me fuori, ma sentire le lacrime di mia madre bagnare il dorso della mia mano, mi fa pensare che forse il mio posto è con loro.

Sto semplicemente rivalutando. Non ho deciso. Ho paura.

Così, trasportato da sensazioni contrastanti, ricado di nuovo nel tunnel buio.

«Mi manchi così tanto.»

Un singhiozzo.

«Non ci siamo mai separati.»

Un altro singhiozzo.

«Torna da me, ti prego. Sto letteralmente impazzendo!»

Un'altra voce mi ridesta facendomi uscire dalla beatitudine in cui mi sono crogiolato per un po'. Nonostante provi ansia e preoccupazione per la mia condizione, sto decisamente bene qui, lontano da tutti i drammi che caratterizzano la mia vita. La testa è completamente vuota e la maggior parte delle cose che mi dicono non riesco a comprenderle: c'è un via vai di gente triste e malinconica, frustata e piangente che continua a parlarmi. Io non so cosa sia successo, non ricordo niente. L'unica cosa certa è che devo essere messo davvero male.

«Ricordi il patto che ci siamo fatti? Tu saresti stato l'unico uomo della mia vita, qualsiasi cosa sarebbe successa; saresti stato l'unico uomo che ci sarebbe sempre stato.» ridacchia nervosa, con voce tremante. «Non hai mantenuto la tua parola: mi hai lasciata sola.»

É una ragazza. É mia sorella. É la mia Daisy.

Ricomincio ad agitarmi, ad oppormi in qualche modo all'oscurità. Ho sempre odiato vederla triste, vedere come le calde e infuocate lacrime le rigassero il viso arrossando le sue guance così morbide e bianche; non ho mai sopportato i suoi occhi diventare lucidi e privi della sua gioia di vivere sfociando in malinconia e infelicità. Amo vederla sorridere e ridere, una risata dolce e calda, tenera; una di quelle risate che ti contagia senza nemmeno che te ne accorga.

Endless || H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora