Capitolo 39

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In questo capitolo ...

Daisy

Il sole è ancora alto fuori dalla finestra del Bellevue Hospital Center nonostante la sera sia in arrivo. Il cielo è una tavolozza di colori, il rosa e l'arancione si mescolano insieme mentre l'azzurro lentamente sfuma diventando un blu sempre più scuro, intenso. In sintesi, un altro giorno è trascorso pigro ed io mi ritrovo a fissare ancora il mio debole riflesso sui vetri: una figura stanca dalla carnagione più pallida del normale, occhiaie scure e marcate, braccia conserte e serrate -muscoli indolenziti per la forza della stretta, per darmi coraggio giorno dopo giorno-, labbra secche, volto lievemente scavato (sono dimagrita abbastanza ultimamente), sguardo continuamente perso in punti indefiniti, assorbita dai mille pensieri e dalla grande preoccupazione per mio fratello. Ecco ciò che vedo sempre, in ogni superficie riflettente: una Daisy che non è più la stessa da quando una delle persone più importanti della mia vita è sdraiato in un letto d'ospedale, Dio solo sa per quale motivo -tra l'altro.

Era così strano negli ultimi tempi, me ne ero ben resa conto, ma credevo fosse tutto passeggero, nulla di serio ... e invece è successo il peggio. Sono stata superficiale, disattenta. Avrei dovuto preoccuparmi di più. Sono sua sorella -diamine! - e invece che preoccuparmi per il mio dolore avrei dovuto fare attenzione maggiormente a lui, al suo stato d'animo. Avevamo perso entrambi qualcuno di significativo in quel periodo e credevo davvero saremmo riusciti a superare tutto stando insieme e basta, a quanto pare, però, non è servita a molto la semplice vicinanza. Dovevo fare qualcosa di più concreto, forse partire per New York non è stato sufficiente: dovevamo affrontare di petto sia il tradimento di Charlotte che la partenza di Charles.

Non potrò mai dimenticare quel giorno, sarà per sempre scolpito nella mente come una scultura viene incisa perennemente nel marmo. È stato orribile, e mi sento terribilmente in colpa per ciò che la mia famiglia sta attraversando: dolore, preoccupazione, fievole speranza e trepidazione, poi ancora sofferenza.

Se perdessi Harry, una parte di me sparirebbe con lui. Un mondo senza Harold è un mondo vuoto, triste e grigio, ed io mi rifiuto di viverci. Provo a parlargli, a raccontargli cosa succede fuori, come mi sento; rievoco le nostre promesse e i ricordi di quando eravamo bambini, ma gli sforzi sembrano non funzionare.

Il mondo mi è letteralmente crollato addosso; un pezzo della mia anima è stato brutalmente strappato via e la sofferenza stringe il mio cuore sempre più forte giorno dopo giorno.

Calde lacrime scendono piano lungo le guance, arrossendole e bagnandole; stille amare che arrivano alle labbra e sotto il mento, silenziose ed infami. Chiudo gli occhi e respiro profondamente cercando di mettere fine a questa condizione di malessere, imponendomi anche di smettere di piangere. Sono due settimane che vado avanti in questo modo, che tutti andiamo avanti così, e non ne possiamo più: Harry non si sveglia, non vuole farlo, ed ogni volta che il medico viene a visitarlo ripete le stesse cose, ovvero che sta bene ed ora sta a lui riaprire gli occhi. Eppure non lo desidera ed io mi domando perché e cosa gli sia passato per la testa quella dannatissima sera.

«Daisy?» una calda voce, bassa e confortante, molto familiare, chiama il mio nome con tutta la dolcezza che possiede.

Di fretta, dunque, mi asciugo gli occhi cercando di nascondere il momento di tristezza e debolezza appena avuto -voglio che nessuno mi veda così abbattuta, soprattutto i miei genitori. Loro non devono preoccuparsi per un altro figlio. Mi volto, sforzando un sorriso striminzito, tentando di indossare una maschera di tranquillità, ma non appena noto il ragazzo davanti a me, sorriso debole e iridi scure luminose, capelli ordinati e fissati col gel -seppur davvero corti- i propositi di restare calma sfumano velocemente ed un senso di malinconia si impossessa del petto, mischiato alla gioia di vedere un viso amico in questo ambiente asettico, in questa nuova vita in cui mi sono ritrovata e che non ho voluto.

Endless || H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora