Capitolo 41

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Daisy

Dopo una quindicina di minuti, sono ancora seduta sulle scomode poltroncine rosse davanti alla stanza con a destra mia madre (allontanatasi da suo figlio per la visita medica) e a sinistra mio padre. Ho le mani intrecciate a quelle dei miei genitori sperando possano infondermi un po' di coraggio ed ottimismo anche se, dopo aver visto Harold, posso ben dire che adesso gli avvenimenti saranno tutti in discesa, più facili da gestire e meno preoccupazioni a torturarci. Però ho imparato che non tutto è come sembra, ho imparato a non illudermi facilmente. Certo, sono molto più tranquilla rispetto a ore fa, come anche i miei genitori, ma finchè il dottor Soyer non ci garantirà che Harry starà davvero bene, la tensione si ripresenta e scende come un grosso e pesante velo su di noi; l'angoscia e la paura si insinuano ancora, se pur in modo lieve, nelle nostre teste. Tengo lo sguardo basso, rivolto al pavimento immacolato dell'ospedale. Di tanto in tanto piccoli sospiri fuoriescono dalle labbra sottili e screpolate, inumidite dalla lingua che, nervosa, si muove sulla bocca; le dita serrate strette intorno a quelle di mia madre e di mio padre che, lentamente, muove il pollice sulla mia pelle provando ad infondermi calma. Sì, loro sono più sereni di me, almeno è quello che percepisco. Io sono di nuovo un fascio di nervi, una specie di bomba ad orologeria pronta ad esplodere in qualsiasi momento.«Signori Evans.» la voce doppia del medico richiama la nostra attenzione. Prontamente ci alziamo andando in contro all'alto uomo che sorride debolmente. Lo prendo come un segno.Sono sempre stata così preoccupata per Harry - ovviamente - che non ho mai notato quanto Soyer sia un uomo di bell'aspetto nonostante la sua età (credo sulla sessantina), alto, robusto e con occhi di un azzurro stupendo, paragonabile al cielo limpido d'estate, peccato siano piccoli; ha i capelli corti portati ordinatamente all'indietro di un colore scuro, completamente neri ma intervallati da fili d'argento che conferiscono alla sua figura una grande saggezza e un'immensa esperienza. «Come sta nostro figlio?» interviene mio padre prontamente, avvicinandosi a mia madre e poggiandole leggera una mano sulla schiena, accarezzandola lentamente tentando di far sparire il nervosismo.«Sta bene.» risponde il medico allargando di poco il sorriso già comparso sulla faccia. Le sue parole sono come un balsamo per tutti noi. «Si riprenderà molto presto, state tranquilli.» continua a rassicurarci intanto che sfoglia la cartella clinica presa nella stanza di Harold, abbassando di conseguenza gli occhi sul blocchetto di fogli. «Ovviamente, vostro figlio dovrà restare qui ancora per un po'. Dobbiamo sottoporlo a delle visite, fare delle analisi più approfondite per capire il motivo di questo suo stato dormiente di due settimane.» il suo tono torna ad essere serio e professionale. «Per quanto riguarda la sua gamba rotta, toglieremo il gesso tra una settimana cosicchè possa iniziare le terapie e rimettersi in piedi molto presto; le costole credo stiano meglio, naturalmente senza una radiografia non posso esserne certo, così come per la botta presa alla testa.» rialza lo sguardo e fissa i nostri volti ad uno ad uno. «Nonostante ciò, non abbiate paura. Il ragazzo è decisamente forte, ha la pelle dura e in breve tempo si rimetterà e tornerà alla quotidianità.» nella sua voce posso notare una punta di oroglio, quasi fierezza nel comunicarci queste meravigliose notizie. Forse è per la soddisfazione che sente montargli nel petto per il lavoro svolto egregiamente e per essersi fatto beffa della morte, sottraendo mio fratello - nonché suo paziente - dalla morsa gelida e opprimente di quella signora crudele; forse è semplicemente contento per la tenacia che il ragazzo dai capelli ricci ha dimostrato, sebbene le sue condizioni non fossero delle migliori. Sta di fatto che, qualunque sia il sentimento che avvolge il dottor Soyer, lui e la sua équipe hanno salvato la persona che più mi sta a cuore, la persona che più amo in questo dannato mondo e sarò loro eternmente grata per ciò che hanno fatto. In questo momento, vorrei solo correre da Harry, abbracciarlo, accarezzarlo e baciarlo per appurare la sua presenza accanto a me; vorrei accertarmi della concretezza del suo corpo, capacitandomi del fatto che non sia un sogno ma bensì la realtà; vorrei sentire la sua pelle contro la mia, le sue mani sfiorarmi delicatamente il viso e il collo; vorrei poter osservare le fossette ai lati delle sue guance mentre un sorriso si disegna sul suo bel viso, seppur stanco; vorrei perdermi nelle sue pozze smeraldo, così profonde ed intense, senza mai risalire più a galla, affogando in quel verde che tanto adoro; vorrei poter scompigliare i capeli ricci ed arruffati, arrotolando dolcemente ciocche brune - ormai un po' troppo lunghe - intorno alle mie dita sottili facendolo rilassare ad ogni tocco. In sintesi, desidero amarlo più che posso, con tutta me stessa. Sempre e per sempre.«Daisy, tutto ok?» chiede mio padre con un debole sorriso ad inarcargli le labbra sottili, contornate dalle fossette che caratterizzano i due uomini della nostra famiglia. Non mi sono resa conto di essere caduta in un momento di piena apatia e mutismo, non ho nemmeno notato la mancanza di mia madre fuori dalla stanza, evidentemente adesso accanto a suo figlio. Siamo soltanto papà ed io nel bel mezzo del corriodio ora più silenzioso di poco fa, o almeno così sembra: forse perchè i miei pensieri non sono poi così rumorosi come giorni addietro. Sono ferma con le spalle poggiate al muro bianco e candido adiacente alla camera 24 - che odierò per il resto della mia vita! - con lo sguardo perso nel vuoto, fisso in un punto impreciso, e le braccia incrociate al petto, magari come segno di protezione, magari per respingere il dolore che, per un lungo periodo, è stato un fidato compagno di viaggio.«Andiamo da Harold?» continua a parlare l'uomo davanti a me con un'espressione rilassata e un tono dolce e pacato.«Certo.» rispondo, mandando fuori uno sbuffo pieno di emozioni negative provando un certo sollievo alla fine.Insieme a mio padre, uno accanto all'altro, attraverso la soglia dell'austera camera pregna di odore forte di disinfettante che pizzica incessantemente le narici. Mi fermo a pochi passi dal letto coperto da candide lenzuola e materasso morbido su cui è poggiato mio fratello, adesso seduto quasi al centro con lo schienale più alto di poco prima. Il ragazzo ha un sorriso tirato sulla faccia ma davvero sincero, mia madre è accomodata accanto a lui e gli accarezza piano i riccioli ribelli caduti sulla fronte, lo fa con piccoli movimenti gentili e amorevoli, invece mio padre resta in piedi non lontano dalla branda. Guardo tutti loro prendendo l'ennesimo respiro, portando ossigeno fresco e nuovo nei miei polmoni. Abbiamo toccato il fondo, le cose ora possono solo migliorare, andare bene, nulla può tirarci giù. «Come ti senti?» chiede la mamma dolcemente smettendo di sfiorare il figlio sorridendogli caldamente, fissandolo negli occhi con intensità. Credo abbia quasi paura che Harold possa scomparire nell'etere da un momento all'altro, lo scruta con una piccola ansia che scintilla nei suoi grandi occhi azzurri.«Un po' ammaccato ed intontito, infatti ho la testa che scoppia!» ridacchia il ragazzo portandosi una mano al capo massaggiandosi le tempie facendo pressione sulla pelle con le dita affusolate e prive di anelli. Fa uno strano effetto vederlo così, quasi spoglio, nudo. Non ha più il sottile tubicino di plastica attaccato al dorso della mano, ma soltanto un piccolo braccialetto bianco intorno il polso. «Sono qui, quindi ... posso dire che sto alla grande!»La risata profonda di Harry mi risveglia dai pensieri e dal mio stato di confusione e torpore. Mi rendo conto di essere ancora lontana da tutti loro, con la testa tra le nuvole e uno strano senso di stanchezza, come se tutta quell'energia - l'adrenalina - che mi ha animato poco fa fosse scomparsa rendendomi debole.Provo a rianimarmi un po', avanzo verso la mia famiglia sedendomi sul letto, su di un lato, non lontano dalle sue mani, tant'è che lui me ne afferra una per poi sorridermi e strizzare un occhio nella mia direzione. Il mio cuore perde un battito. Mi è dannatamente mancato tutto questo: la sua voce, la sua risata, il suo tocco leggero e il senso di protezione e sicurezza che sento risalire dal braccio per poi espandersi nel petto e in tutto il corpo. Come può una persona trasmettere tanto? Come può ... come può un fratello far provare emozioni così forti? Come posso amarlo incondizionatamente, qualsiasi cosa faccia o gli accada? Come posso essermi innamorata di colui che ha il mio stesso sangue? Questo sentimento come può essere giusto e sbagliato allo stesso tempo? Dio, era così tanto tempo che non arrovellavo il cervello con domande del genere perchè troppo occupata a soffrire per il tradimento del ragazzo di fronte a me. Adesso che gli avvenimenti dolorosi sembrano essersi dissolti (o spostati nel dimenticatoio), ogni dubbio ed incertezza ritorna prorompente a torturarmi la mente. Ma non è il momento questo. Eppure, lui più continua a passare delicatamente il pollice sul dorso della mia mano, più sensazioni ed emozioni si mischiano creando una grande confusione, ridando vita ad un vecchio male.Sono così stufa di tutto. Mi chiedo se smetterò mai di penare.Scuoto la testa impercettibilmente tentando di scacciar via ogni pensiero negativo, ogni dubbio o domanda che si insinua nella testa. «Perdonatemi.» ancora una volta mio fratello riesce a catapultarmi nella realtà con il suo tono triste e un ghigno maliconico sul viso. Non capisco a cosa si stia riferendo e, a giudicare dalla loro espressione perplessa, anche i miei genitori non hanno ben compreso a cosa Harold possa riferirsi. «Non volevo che accadesse tutto questo.» afferma in un debole sussurro. «Non avrei mai voluto che soffriste a causa mia. Scusatemi davvero.»«Non devi scusarti, figliolo. Anche se non saresti dovuto salire sulla moto del tutto arrabbiato, la colpa dell'incidente non è tua.» prova a rassicurarlo nostro padre ancora in piedi alla sinistra del letto. «Non importa chi abbia causato cosa.» ridacchia nervoso mordendosi il labbro inferiore. «So che tu, mamma, hai trascurato te stessa e il tuo lavoro per starmi accanto, preoccupata ogni singolo minuto.» dice convinto alzando lo sguardo sulla donna bionda alla sua destra, inchiodandola quasi sul posto con il suo sguardo profondo, uno sguardo che davvero vale più di mille parole. Harry sta chiedendo scusa con tutto se stesso e posso ben capirlo anch'io, anche se le sue iridi non sono rivolte a me. «E tu, papà ...» il ragazzo si volta dall'altra parte prendendo un grosso respiro e deglutendo rumorosamente, probabilmente prova a mandar giù il peso della colpa che sente in gola, quel grosso groppo che ostruisce le vie respiratorie. «Perdonami per averti deluso, per averti impensierito e ... per aver distrutto la tua amata motocicletta. So bene quanto ci tenevi.» sorride amaramente sull'ultima affermazione.Non ho mai visto mio fratello in questo stato, completamente in imbarazzo e mortificato per qualcosa. Di solito, quando fa una delle sue sciocchezze, ne va quasi fiero giustificando anche le sue azioni con molta verve, ma adesso è diverso. Al momento, però, la vera causa di tutto sono io. L'ho realizzato appena.Un grosso nodo allo stomaco inizia a formarsi e il senso di angoscia ed inquietudine ritorna a farmi male il petto con tutta la violenza e la forza provata tempo fa: quando ho scoperto dell'infedeltà del riccio, quando lui ha avuto lo scatto d'ira per la sua insana gelosia verso Charles, quando ho visto Lottie camminare mezza nuda nella cucina di casa. Ogni cosa successa o provata in questo dannato mese è stato per l'amore che Harry prova per me. Cosa abbiamo combinato? Siamo stati così accecati da noi stessi, dai nostri sentimenti, da non aver capito quanto male avremmo provocato? Cavolo, proprio quello che ho sempre voluto evitare! Lui è qui perchè io non ho capito cosa prova. Lui è qui perchè non sono stata capace di comprendere quanto lui mi amasse, quanto lui stesse soffrendo per la mia indifferenza ed i continui rifiuti. Maldetto il mio orgoglio! Abbasso lo sguardo verso le lenzuola e lascio scivolare la mano dalla presa di mio fratello lentamente, cosicchè non possa comprendere il disagio che monta allo sterno; cerco in tutti i modi di ingoiare la voglia che ho di piangere e mandar via le lacrime che già punzecchiano gli occhi, provo in ogni modo possibile a soffocare i singhiozzi e a calmare il battito accelerato del cuore che quasi fa male nella gabbia toracica: pare che qualcuno lo stia stringendo così forte da poterlo ridurre in frantumi. Mi manca per poco il respiro. «Ma cosa vai dicendo, Harry?» ridacchia papà, divertito dalle parole inverosimili del ragazzo sinceramente costernato. «Non sei assolutamente una delusione e ... per quanto riguarda la moto, cosa mi può importare di un mucchio di ferro? L'unica cosa che conta è che stai bene, al diavolo la motocicletta! Quella possiamo sempre ricomprarla.» Sento la voce di mio padre più alta, forse sta ridendo insieme ad Harold e mia madre, ma io riesco a percepire soltanto vocii lontani ed ovattati a causa delle mie emozioni che fanno fin troppo rumore, che creano ancora più caos nella mente ormai più debole del normale. "Respira, Daisy. Respira, Daisy.", continuo a ripetermi cercando di regolarizzare il fiato.«Daisy.» la serietà del tono di mio fratello, mi fa scattare il capo verso l'alto. Incontro i suoi smeraldi luccicanti che cominciano a scrutarmi curioso, ad andare in profondità per capire quali pensieri mi stiano passando per la testa. «Sei così silenziosa, tesoro.» fa notare la mamma sorridendo contenta. «Non è da te!» ridacchia divertita.«I-io ...» balbetto, tentando di dar loro una spiegazione veloce, ma sono stata presa in contropiede e proprio non so cosa dire.Ciò che faccio, invece, è distaccare lo sguardo da quello di Harold. Brucia, mi stava quasi consumando, ed io non posso permettere che lui capisca i miei tormenti, la colpa che sento gravare sulle mie spalle. «No, Daisy.» dice secco mio fratello, in modo quasi rude, attirando l'attenzione di tutti su di lui. «Assolutamente no.» è categorico, deciso. E' riuscito a decifrare i miei timori ancora una volta. «Harry-»«Non pensarlo nemmeno!» mi interrompe usando un tono che non ammette repliche. Il suo petto tatuato si alza e si abbassa in maniera più veloce di poco fa: prova a mantenere la calma. Non voglio si agiti, non voglio che si senta ancora male e vada via da me. «Non farlo, ti prego.» Calo ancora gli occhi verso il basso mentre un paio di lacrime dal sapore amaro e bollenti mi scendono lungo le guance segnandole per l'ennesima volta. Non avrei dovuto cedere alla malinconia e alla tristezza, non davanti ai miei genitori. Per fortuna, riesco a trattenere i singulti in gola intrappolandoli, mettendoci tutta la forza e la buona volontà per non preoccupare nessuno.«Mamma, papà ... potete lasciarci un attimo soli?» chiede in un sussurro mio fratello sorridendo sinceramente, tentando di far sparire l'aria perplessa e curiosa disegnata sui loro visi. Riesco a guardare tutti i presenti di sottecchi, tenendo ancora gli occhi bassi per nascondere il mio stato d'animo attuale. Già troppi quesiti vorticano nella testa dei miei genitori, se mi vedessero in questo stato non so davvero come potrebbero prenderla. Una delle mie più grandi paure è una semplice domanda pronunciata dalle loro voci, ovvero "Cosa sta succedendo tra voi due?". Non potrei mai rispondere ad una cosa del genere, non potrei mai dir loro che non sento Harry come fratello, sangue del mio sangue; non potrei mai confessar loro che sono veramente, pazzamente, follemente, profondamente innamorata di Harold. Mentire ai miei genitori guardandoli in faccia sarebbe come ricevere mille coltellate nel petto, così preferisco evitare ogni tipo di contatto visivo con loro, in questo momento, restando nella mia posizione e cercando di coprire il viso pallido e segnato dalla debolezza con i capelli arancioni, paragonabili davvero al colore delle carote. «Cosa? Perchè-»«Su James, andiamo.» lo intima mia madre alzandosi dalla sua seduta usando un tono basso ma sicuro allo stesso tempo, bloccando le proteste che stavano per scivolare fuori dalla bocca dell'uomo. Mentre la mamma e il papà attraversano la stanza borbottando tra loro parole incomprensibili, il silenzio scende sulle figure immobili di mio fratello e di me. Non so cosa dire, ma appena la porta viene chiusa con un tonfo, lascio cadere le lacrime in modo più copioso e senza paura di essere beccata. Harold, ormai, ha già capito tutto, ha già compreso il mix di umori che si sono scatenati nel mio petto. «Smettila, Daisy.» sussurra dolcemente il ragazzo afferrando di nuovo la mia mano in modo sicuro, chiudendo forte le sue dita intorno alla mia pelle perenemmente fredda cosicchè io non possa sottrarmi ancora alla presa. Io non voglio più lasciarlo andare, forse questo non gli è chiaro. «No-non posso.» confesso aumentando la presa sulla sua grande mano e stringendo gli occhi, serrandoli, sperando che la voglia di piangere e le milioni di lacrime spariscano in un batter d'occhio, così all'improvviso, solo grazie alla mia volontà. Un singhiozzo riempie la stanza. Capisco che le mie emozioni non smetteranno di farmi sentire così turbata e si sfogheranno soltanto tramite le lacrime, andranno via soltanto tramite le piccole scie di acqua salata, non prima di aver segnato anche la mia pelle con le pene, oltre che l'anima. «Sì che puoi» dice ridacchiando tirandomi piano verso di lui. «Non è colpa tua se sono in ospedale» mi parla dolcemente alzando la mano libera e portando le dita ad intrappolare le lacrime che impiastricciano una delle guance. Delicatamente, mi fa alzare il viso incastrando le nostre iridi insieme, mi accarezza piano la pelle fresca a causa del pianto e mi sorride teneramente, facendo vagare immediatamente lo sguardo su tutta la mia faccia. «La testa di cazzo sono io. Non colpevolizzarti più.» si avvicina di poco lasciandomi subito dopo un bacio sullo zigomo. Il calore delle sue labbra lo avevo quasi dimenticato, come avevo scordato la sensazione allo stomaco che mi provoca ogni volta che mi sorprende così. Sorrido involontariamente.«Se solo io ... se solo avessi preso una decisone ...» balbetto un po' provando a spiegare come mi sento, come questa situazione mi ha fatto dannatamente male. «Se ... non ti avessi urlato contro in quel modo ...»«I "se" e i "ma" non servono, Daisy.» afferma sicuro di sè, ritornando a guardarmi dritto negli occhi, con sguardo serio e determinato. «Sono io che mi sono messo alla guida, che ho deciso di scappare via. Tu non centri niente.» ridacchia nervoso. «Non pensiamo a cosa sarebbe potuto accadere. Pensiamo solo a cosa accadrà da adesso in poi.» bisbiglia l'ultima frase abbozzando un sorriso e mordendosi il labbro inferiore continuando a non staccare le sue mani da me e ad accarezzarmi. «Dobbiamo parlare. Dobbiamo ... risolvere le cose tra noi.» continua a mormorare, come se il nostro discorso sia un segreto incofessabile. Alla fine, ora come ora, non abbiamo detto niente di così compromettente, ma mi piace la sensibilità con cui sta affrontando ciò. E' come se fosse una cosa solo nostra, come se fosse normale ciò che proviamo, lasciandoci tutto alle spalle e il mondo rumoroso fuori dalla nostra bolla personale, intima e silenziosa. Non avrei mai creduto che il ragazzo sicuro di sè e spavaldo potesse nascondere una tenerezza così sconfinata, un romanticismo così genuino. Niente malizia, niente lussuria, solo un sentimento vero e puro nonostante la nostra strana situazione. Anche in questo momento, non molto distante dal suo viso e dal suo corpo, non sento la repulsione che dovrebbe contraddistinguere questo rapporto; non sento la forza negativa che mi spinge ad allontanarmi da lui, il disgusto e la nausa che dovrebbero caratterizzare due consanguinei che tentano di baciarsi o semplicemente toccarsi in modo sentimentale. Siamo un po' come due magneti, ovvero cariche diverse che, inevitabilemte, si attraggono. Ancora una volta mi chiedo come sia possibile tutto ciò. Che ci sia qualcosa di sbagliato in noi due? Siamo così malati e perversi? Non appena guardo i suoi occhi, non appena mi accorgo di cosa ho davanti a me, ogni dubbio scompare e capisco che l'unico posto in cui vorrei essere e dovrei essere è proprio qui, con lui. Con mio fratello.«Lo faremo.» dico tirando su col naso, riuscendo a calmarmi, facendo un sorriso tirato e godendomi a pieno i suoi tocchi leggeri sulla mia pelle. «Chiariremo quando sarai uscito di qui, va bene?» dico dolcemente poggiando la mia mano sulla sua che ancora mi sfiora delicatamente una guancia, facendo aderire di più quest'ultima al suo palmo, tentando di catturare un po' del suo calore e della sua tranquillità.«Vieni qui.» bisbiglia portandomi, con un movimento lento ma risoluto, seduta sul suo grembo facendomi penzolare le gambe da un lato del letto. Harry avvolge le sue braccia muscolose intorno a me riuscendo ad intrappolarmi tutta contro il corpo, con la testa posata sul suo petto bollente. Mi lascia un piccolo bacio sulla testa, tra i capelli, cullandomi dolcemente mentre una mano inizia ad accarezzarmi un fianco con movimenti fiacchi, passando le sue dita sottili e agili sotto la fina maglietta blu che indosso. Sento il suo fiato caldo sul collo mandarmi miliardi di brividi lungo la spina dorsale intanto che chiudo gli occhi beandomi della sua vicinanza. Avendo il capo sullo sterno riesco a percepire il battito del suo cuore, è leggermente accelerato e mi accorgo che quasi va all'unisono con il mio riproducendo una melodia piacevole e dolce, facendomi rilassare sempre di più. Provo cose che sono impossibili da spiegare, emozioni e sensazioni che nemmeno Charles ha mai suscitato in me. Credo sia questo l'amore in fondo. Tra le sue braccia sembra quasi di essere in paradiso.«Non ridurti più così per me, ti prego.» sento sussurrarmi all'orecchio dalla voce roca del ragazzo a cui sono letteralmente aggrappata, con una nota di irritazione mischiata a tristezza. Apro gli occhi senza però alzarli sulla sua faccia, semplicemente provo a nascondermi nell'incavo del suo collo sentendo un forte imbarazzo, vergogna, per ciò che mi ha detto. So che perdere peso e sonno rendendo il corpo e la mente deboli non è stato salutare ma soltanto sconsiderato, però come potevo preoccuparmi per me quando era lui ad essere appeso ad un filo. So bene che non gli va a genio quando mi trascuro in questo modo, so che non vorrebbe mai vedermi soffrire. «Ho avuto troppa paura di perderti per occuparmi di me stessa.» confesso portando le braccia dietro alla sua nuca e stringendolo forte a me, lasciandogli anche un piccolo bacio sulla mascella, senza però scostarmi di un solo centimentro dalla mia posizione.Harry rilascia un pesante sospiro e risponde semplicemente con un lungo bacio sulla fronte per poi spostarsi su tutta la mia faccia, quella parte non nascosta contro di lui. Ridacchio a questa sua ennesima dimostrazione d'affetto e trascino anche lui con me. Vorrei che questo momento non finisca mai, vorrei restare così per tutta la vita. «Non andare più via.» lo prego, affondando sempre più il mio volto contro la sua pelle calda. Tento in tutti i modi di non scoppiare ancora una volta a piangere mentre ricordi dei giorni passati a penare come non ho mai fatto mi inondano la mente.«Resterò qui con te, piccolina mia.» afferma sicuro e serio accarezzandomi le punte dei capelli con la mano libera, facendomi chiudere gli occhi ancora una volta. «Sempre e per sempre.»

Endless || H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora