Capitolo 1 (Michael - Presente)

746 19 0
                                    

Il buio fu la prima cosa del mondo reale che percepì ed era così profondo che il cuore cominciò a martellare con forza, quasi volesse frantumargli le costole. Michael si portò una mano sul petto lì dove il dolore era più intenso, certo che stesse per venirgli un infarto.

Con gli occhi ancora chiusi, sorrise immaginando già i titoli dei giornali e la faccia di suo padre, contrariato dalla sua prematura morte.

Muore a ventotto anni il figlio primogenito di Xander Bane, stroncato nel suo letto da un infarto. Quale dei suoi numerosi figli sceglierà l'industriale per sostituire l'erede del suo fiorente impero? La rosa dei candidati è ampia!

Quando le sue palpebre si sollevarono, il cuore finalmente cominciò a calmarsi. Non c'era luce nella stanza, dai vetri oscurati non ne entrava nemmeno un misero spiraglio. Si svegliava sempre immerso nel buio, tanto che a volte, quando ancora l'appannamento del sonno gli gravava sugli occhi e nella testa, pensava di essere ancora intrappolato dentro il suo incubo e che magari quella sarebbe stata la volta in cui non sarebbe riuscito a venirne fuori.

Le lenzuola sotto la schiena nuda erano fredde e umide della sua paura, l'aria nella stanza lo soffocava. Michael schiuse le labbra prendendo profonde boccate di ossigeno, immaginando l'aria che dissipava il pulsante dolore alle tempie, che mozzava i viscidi tentacoli del sogno che si erano insinuati nel mondo reale. Per un terribile momento l'aria invece lo stritolò nella sua morsa. Quella reazione non avrebbe più dovuto sorprenderlo, ormai, eppure ogni volta che si risvegliava da un incubo si ritrovava a lottare contro quella schiacciante sensazione che lo inchiodava al materasso e che gli faceva credere che nel mondo non ci fosse abbastanza ossigeno.

«Non di nuovo!» I denti affondarono nel cuscino, tirando forte la federa. Le lacrime salate andarono a mischiarsi al sudore, il corpo paralizzato che non riusciva a liberarsi dai tremori. Strinse e tirò finché uno schiocco non gli esplose nelle orecchie, l'aria soffocante della stanza si trasformò in panico gelido sulla sua schiena nuda. Scattò come una molla, come se i suoi muscoli avessero subìto una scossa improvvisa e violenta, i piedi assorbirono il gelo del pavimento. Michael si piegò su se stesso, gli occhi chiusi e la bocca spalancata, la vertigine gli stava rimestando lo stomaco.

Crack!

Il passato non torna quasi mai in forma di immagini. Quelle, con il tempo diventano confuse e sbiadiscono, si mescolano, i dettagli si confondono. Quello che trasforma i ricordi in fumo nero strisciante, sono le sensazioni. Voci, colori. Il sentore di qualcosa di viscido che cola tra le mani... un rumore.

In realtà, quel rumore era durato meno del tempo di un respiro, eppure era rimasto lì, incastrato tra le pieghe della sua coscienza, a tormentarlo, insieme a voci e volti.

Il bambino... suo fratello... Samael.

«Charlie.» In quei rari momenti di solitudine e buio, Michael si concedeva di assaporare di nuovo quel nome sulle labbra. Traditrice e masochista, la sua mente evocò il ricordo di due occhi verdi, di una risata e poi di un sospiro spezzato da estasi e meraviglia. Poi, quegli stessi ricordi lo schiaffeggiarono. Il verde degli occhi annegò nelle lacrime, la risata si trasformò in singhiozzi, quel sospiro in affanno trattenuto a stento.

Era stato lui. Era stato lui a provocare il sorriso e poi il pianto, la meraviglia e in fine il dolore e sapeva che se avesse avuto la possibilità di tornare indietro avrebbe fatto esattamente la stessa cosa. Se fosse tornato indietro a quella Notte degli Angeli di dieci anni prima, avrebbe preso tra le mani il cuore di quella ragazzina e l'avrebbe stritolato, se lo sarebbe fatto sanguinare tra le dita e poco importava se così facendo avrebbe condannato il suo stesso cuore. Lui avrebbe continuato a stringere finché lei fosse scappata via da quella spiaggia, finché non fosse salita su quella nave che l'avrebbe portata via da quella dannata isola. Perché un cuore spezzato aveva sempre la possibilità di tornare a battere, per quanto Michael sapesse che il suo aveva perso quella capacità quando aveva rinunciato a lei.

E adesso tra loro c'erano dieci anni e un oceano. Una vita e un mondo. Andava bene così, non c'erano altre soluzioni. Quel monumento di bugie che si sgretolava la notte, quando il volto di lei appariva dentro i suoi incubi e il bisogno fisico di attraversare a nuoto l'oceano, arrivare sfinito dall'altra parte del mondo, crollare tra le sue braccia, rivelarle ogni cosa e implorare il suo perdono, diventava schiacciante.

Normalmente, il giudizio aveva l'abitudine di sorgere insieme al sole e così, seduto stancamente sul bordo del letto come sarebbe stato seduto sul bordo di un baratro, Michael si rendeva conto di quali effetti avrebbe avuto su di loro la verità. Come la verità avrebbe cambiato il modo in cui lei lo guardava.

Come un mostro. Ti guarderebbe come se fossi un mostro.

Un suono acuto e una bolla di luce pallida infransero il vuoto che si era creato intorno. Senza nemmeno guardarlo, Michael afferrò il cellulare e lesse il messaggio.

Raphael: Xander ci ha convocati per colazione. Vuole parlarci.

Niente "papà". A meno che non si rivolgessero direttamente a lui, i fratelli Bane si riferivano al padre chiamandolo per nome. In fondo, perché disturbarsi ad assegnargli un titolo che non si meritava, quando l'unica cosa che aveva fatto per loro era stato dare il suo contributo biologico.

Michael: perché Xander vuole parlare con me e con te?

La risposta ci mise poco ad arrivare.

Raphael: Non vuole parlare solo con me e con te. Vuole parlare con tutti e quattro.

Michael si passò un pugno sugli occhi ancora gonfi e la stanza si riempì del suo sospiro lungo ed esasperato.

Come al solito, Raphael doveva essere sveglio già dalle prime luci dell'alba, tempo sufficiente a permettere al suo lato diplomatico di sostenere una conversazione con il genitore. Considerato che erano da poco passate le otto del mattino e che era reduce da uno dei suoi incubi, lo stesso concetto non era applicabile a lui e, ci metteva la mano sul fuoco, nemmeno ai due fratelli minori.

Le dita si mossero agili sul display.

Michael: Ci vengo solo se la smetti di mettere i punti alla fine delle frasi

Raphael sapeva come essere irritante fino all'esasperazione e Michael, da buon fratello maggiore, sapeva come provocarlo.

Raphael: No, tu ci verrai perché altrimenti verrò a tirarti fuori da quel letto a calci nel culo. Siamo insieme, stronzo! Affonda uno, affondiamo tutti. (PUNTO).

Sulle labbra gli si sarebbe disegnato un ghigno divertito se solo il senso di colpa non lo avesse soffocato a mani nude.

Siamo insieme, stronzo! Affonda uno, affondiamo tutti.

Il legame tra loro era qualcosa di indistruttibile e sacro, un vincolo che li univa da sempre, che li rendeva quasi una cosa sola. I fratelli Bane, gli Angeli di Mistfold. 

Michael amava i suoi fratelli in maniera incondizionata e viscerale ed era proprio per quello che non poteva permettere loro di affondare con lui. Si era già trascinato Samael in quella punizione, non avrebbe tirato giù anche Raphael e Gabriel. Il senso di colpa però non era facile da convincere e la sensazione di tradirli ogni volta che li guardava negli occhi non si era allentata nemmeno dopo tanto tempo.

Il trillo e la spia lampeggiante gli segnalarono l'arrivo di un nuovo messaggio.

Raphael: Affacciati al balcone. C'è qualcosa che dovresti vedere.

Il suo collo scricchiolò come legno vecchio quando alzò la testa al soffitto per godersi gli ultimi istanti di buio, poi, affondando le mani sul materasso si rimise in piedi e raggiunse la parete opposta, spinse sul pulsante e le tapparelle cominciarono a sollevarsi lasciando entrare il sole. Appoggiò la testa contro il vetro freddo della finestra, il suo stesso respiro la offuscò. Come se sapessero già dove guardare, cosa cercare, i suoi occhi individuarono subito ciò che suo fratello voleva che vedesse.

Lui se ne stava lì, fermo sul bordo della scogliera appena fuori la proprietà dei Bane. Il sole freddo di Mistfold gli disegnava attorno un'aura dorata. Il vento che gli sbatteva contro e il mare che si agitava nervoso sotto di lui, sembravano in bilico tra il desiderio di sfidarlo e quello di inchinarsi a lui, a quel piccolo angelo distruttore che, immobile come una statua dai tratti perfetti, sembrava voler sgretolare ogni cosa sotto la punta delle sue dita.

Samael. 

Angel of DeathDove le storie prendono vita. Scoprilo ora