Capitolo 72 (Michael - Presente)

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Il tempo ha uno strano modo di giocare con la vita dei mortali.

In una mente messa sotto pressione dalla paura, dal panico e dal dolore, pochi secondi riuscivano a dilatarsi al punto da sembrare una vita intera. Il proiettile era esploso tra la carne e le ossa. Un dolore fisico mai provato prima lo atterrò. Sembrava non avere origine, o fine, veniva urlato da ogni singolo nervo del suo corpo, flash abbaglianti e ondulati come specchi d'acqua gli erano scoppiati dentro gli occhi e per un momento interminabile, Michael non era stato altro che dolore.

La sua mano però stringeva forte una spalla, la pioggia che si insinuava diluendosi con un liquido più denso.

Il dolore non andò via, non diminuì, bruciava come una palla infuocata incastrata nella sua carne, ma la lucidità arrivò attraverso il velo bagnato delle sue ciglia.

Mi ha colpito alla spalla

Abbassò lo sguardo, notando rivoli di sangue colare lungo il braccio. Ma oltre lo scarlatto ipnotico del proprio sangue, la scena che si mise a fuoco davanti ai suoi occhi congelò il dolore facendogli crescere stalattiti appuntite attorno al cuore.

Prima che il proiettile lo tramortisse, era riuscito a vedere la colluttazione tra Charlie e Maxim.

Lei era riuscita spingerlo. Era stato questo a causare la perdita di controllo Maxim sul grilletto.

Come se non avesse intenzione di uccidermi comunque

Nei momenti interminabili in cui il dolore aveva messo in pausa il suo tempo, loro due erano finiti pericolosamente vicini al precipizio.

Charlie era stesa sul bordo, Maxim invece ci si era aggrappato, le mani di lei che gli stringevano i polsi nel tentativo di tirarlo su.

«Charlie!» Il richiamo di Michael uscì arrochito e stanco, appesantito da un dolore che ormai aveva avvolto tutti i muscoli.

Lei non lo sentì, non lo avrebbe sentito nemmeno se ci avesse riprovato. E fanculo il dolore, Michael puntò un palmo e un ginocchio a terra, facendosi forza per rimettersi in piedi.

Non doveva proprio niente a Maxim, adesso che gli aveva sparato ancora meno.

E ha puntato una pistola a Charlie

Tra loro era colato veleno fin dal giorno in cui avevano imparato a riconoscersi. Non c'era affetto, non c'era rispetto. Non c'era niente. E forse fu solo per il modo in cui Charlie artigliava così disperatamente le braccia del fratello, ma Michael scoprì di non poter rimanere a guardare mentre precipitava nella tempesta. Perciò si alzò in piedi, con le ginocchia malferme e le ossa brucianti per un dolore che lo consumava. E poi una cicatrice violacea creò uno strappo nella trama nera del cielo, il volto di Maxim risaltò, pallido e piegato in una smorfia malevola, e il dolore ebbe di nuovo la meglio, mandandolo quasi in ginocchio una seconda volta.

Michael gridò, al di sopra del dolore, del temporale, gridò il nome di Charlie. Perché lo aveva visto prima ancora che accadesse, lo aveva visto disegnato in quel ghigno. La promessa di Maxim che non sarebbero mai stati felici.

Il tempo prese a scorrere liquido e denso, ogni goccia che colava su di lui come una piccola eternità.

Ci fu una colluttazione di braccia, mani e dita, poi una spinta decisa, ed entrambi scomparvero nel nero vuoto sotto di loro.

Ogni cosa divenne nulla. C'era qualcosa che bruciava in fondo alla sua gola. Magari erano le sue urla. C'era qualcosa che bruciava nel suo corpo. Magari era il proiettile. C'era qualcosa che gli percuoteva le costole, crepandole e mandandole in frantumi. Ma non poteva essere il suo cuore. Quello era caduto in un vortice fatto di nulla.

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