Capitolo 47 (Michael - Presente)

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Michael aveva passato metà della giornata in ufficio, ma in realtà si era mosso per tutto il tempo senza intenzione. 

Compiere le stesse azioni che compiva tutti i giorni gli sembrava naturale e spontaneo, per tanto una buona idea. Ma già quando si era svegliato quella mattina, trovando l'altra metà del letto vuota e fredda, si era reso conto che niente sarebbe stato più come prima. 

Charlie era un marchio impresso sulla sua carne e la sua assenza lo fece sentire vuoto come quel lato del letto. 

Era rimasto a fissare il cuscino su cui aveva dormito per un imbarazzante numero di minuti, prima di decidersi a uscire da quella stanza. Aveva provato a bussare alla porta di Samael e non aveva ricevuto alcuna risposta, così aveva abbassato la maniglia e persino la camera di suo fratello lo accolse con un malinconico e sconfinato vuoto. 

O Samael aveva anticipato il suo rituale mattutino o non voleva parlargli. 

Magari erano vere entrambe le cose. 

Aveva sospirato alla stanza vuota. Sapeva bene di averlo deluso. Samael lo aveva implorato di andarla a riprendere, ma non comprendeva che era impossibile. 

In cucina si era imbattuto in Raphael, intento versarsi il caffè. Lo aveva guardato da sopra la sua tazza e si era limitato ad accoglierlo con il silenzio. Michael si era avvicinato alla caffettiera e si era versato un'abbondante tazza di liquido scuro e forte, ripagando il silenzio di Raphael con il proprio. Ma i silenzi di Raphael non erano veri e propri silenzi, gli servivano a studiare il campo di battaglia. Si potevano vedere i pensieri fluire dentro i suoi occhi di ghiaccio. I silenzi di Raphael erano opprimenti, schiaccianti, ti mettevano all'angolo e pur di mettervi fine saresti stato disposto a fare qualunque cosa, a dire qualunque cosa. 

Michael lo aveva visto e aveva deciso che non sarebbe stato al suo gioco, non quella mattina. Non ne aveva le energie. 

Raphael dovette intuirlo. «La sua nave parte questa sera alle otto.» E poi aveva bevuto un altro sorso di caffè, studiandolo da sopra il bordo bianco con calma irremovibile, come se le sue parole non avessero avuto lo stesso effetto di una fucilata. 

La mano di Michael aveva vacillato attorno alla tazza. Il caffè bollente gli aveva colpito le labbra facendogliele ritirare. 

Attraverso le ciglia e il fumo che saliva dalla sua tazza, Raphael non si era perso una frazione della sua reazione. Sapeva che effetto gli avrebbero fatto quelle parole, ecco perché le aveva scelte con cura: secche, dirette, crude. Voleva fargli male e ci era riuscito. 

Michael aveva soffiato via il calore dalla sua bevanda. Il sapore amaro gli era sceso lungo la gola, entrando in comunione con il suo spirito. «Bene.» aveva risposto nello stesso tono glaciale. 

Una sedia si era spostata sul pavimento, il rumore della tazza appoggiata sul tavolo l'aveva seguita. «Continua a ripetertelo. Forse tra dieci anni ci crederai persino.» 

Era seguito un rumore più forte. Uno schizzo bollente gli aveva scottato il palmo della mano, e solo quando abbassò lo sguardo sulla piccola chiazza rossa, si era reso conto che aveva sbattuto la tazza sul piano. «Quello che fa Charlie non mi riguarda. E quello che io faccio con Charlie non riguarda te, Raphael.» 

Suo fratello si era fermato giusto il tempo di vedere il caffè sciabordare fuori dalla tazza e finire sulla sua mano. Lo sdegno nei suoi occhi lo aveva fatto rabbrividire. «Ma certo, come dici tu, Xander.» E uccidendolo era uscito, lasciandolo solo e sconfortato. 

Una colata di rimpianto e colpa aveva riempito lo spazio vuoto che era stato fino a quel momento. 

Non era riuscito a togliersi quello scontro dalla testa per tutto il giorno. 

Raphael lo aveva chiamato con il nome di suo padre, un uomo che passava come un carro armato su chiunque si mettesse tra lui e i suoi obbiettivi, un uomo che non conosceva amore, che non conosceva famiglia. 

Aveva cercato di essere per i suoi fratelli una figura solida a cui aggrapparsi, aveva cercato di costruire insieme a loro quattro il concetto di famiglia che i genitori gli avevano sempre fatto mancare. Essere paragonato a suo padre equivaleva al suo fallimento. 

Li hai riempiti di bugie. Hai scavato un solco tra voi. Hai creato tu questa situazione

 Le famiglie si costruivano sull'onestà e Michael non era mai stato onesto con i suoi fratelli. Loro non sapevano. Lui non aveva mai avuto il coraggio di offrire loro la verità e non lo aveva nemmeno adesso. Perciò "fallimento" era l'adesivo che si era incollato addosso, perché aveva tentato di proteggerli, ma era riuscito solo a creare un muro di falsità. 

Persino gettarsi nel lavoro non era servito. Portare a termine il progetto da presentare alla fine del mese non gli aveva dato la soddisfazione sperata. 

Che progetti poteva mai fare per il futuro, se tutte le persone che aveva tentato di proteggere, ormai, avevano perso fede in lui? 

Ripassò due volte l'intero progetto e poi risistemò tutto in un faldone che richiuse nel cruscotto dell'auto. 

Il sole era ancora luminoso e la giornata sembrava volerlo tormentare e rimanere lì, in cielo, per più tempo del necessario. Rivolse un occhiata all'orizzonte scorgendo i nuvoloni scuri in avvicinamento. 

Si accasciò contro il cruscotto, premendovi contro la fronte. Sperava che il buio arrivasse presto, che fosse quello della notte o del temporale, poco importava. Non ce la faceva più a sopportare quella luce. Metteva in evidenza troppe cose, gli impediva di nascondersi. 

L'auto si guidò quasi da sola fino a casa. Non lo entusiasmava l'idea, ma non aveva nessun altro posto dove andare. Non che al momento sentisse di poter essere a proprio agio in un luogo specifico. 

Almeno a quell'ora avrebbe potuto trovare Samael. 

Quella mattina non aveva avuto l'opportunità di parlargli e dopo lo scontro con Raphael e il silenzio radio di Gabriel, aveva bisogno di sapere che le cose tra loro erano apposto. Non poteva perdere l'amore dei suoi fratelli. Di lui non sarebbe rimasto niente a quel punto. Già si sentiva un frammento di roccia andato alla deriva nel mare. Perdere anche loro avrebbe significato inabissarsi. 

Attraversò i corridoi di Villa Bane, avvicinandosi alla camera del fratello minore senza nemmeno disturbarsi a chiamarlo. 

Se lo immaginava sul ballatoio della finestra, intento a fumarsi uno spinello e a osservare il temporale incombere su di lui. 

Quando aprì la porta della stanza però, fu certo che il temporale fosse già esploso e che un fulmine si fosse schiantato proprio ai suoi piedi. Al centro della camera da letto di Samael c'era Charlie.

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